Rinunciò ad un prestigioso incarico alla corte papale per occuparsi, (fine ‘500) nella villa di Casteldardo di Trichiana, alla pregevole opera
BELLUNO Il prossimo 30 gennaio ricorre l’anniversario numero 409 della morte, a Belluno dove era nato, di Giorgio Piloni (“è sepolto in Santo Stefano anche se la lapide originaria andò dispersa nel rifacimento degli anni ’20 di questo secolo”), bellunese di origini cadorine (il nonno, Antonio, era di Valle e vale la pena ricordare che fu il primo della famiglia, nel 1506, a far parte stabilmente del Consiglio dei nobili di Belluno). Chi era Giorgio Piloni? Nel libro “90 profili di personaggi poco noti di una provincia da scoprire”, opera di Paolo Conte e Marco Perale che lo hanno stampato nel 1999 per i tipi della “Piave”, editore L’Amico del Popolo, un servizio a lui dedicato è intitolato: “Giorgio Piloni, un grande storico per la Belluno di fine Cinquecento”, e nel sommario si evidenzia che “Nella sua opera fondamentale ‘Historia di Cividal di Belluno’ ha raccolto con sensibilità storica e metodo moderno molti documenti salvandoli dalla dispersione”. Il nostro nacque nel 1539 e per gli studi fu mandato a Padova dove nel 1566 conseguì la laurea in “Utroque iure” (diritto civile e canonico – ndr.) “come si conveniva ai rampolli della nobiltà locale…”. Operò come Vicario, vale a dire segretario generale per i conti di Valmareno e di Cesana e in alcune città della terraferma. Mantenne a Belluno per vari mandati l’incarico di “sindico” del Capitolo e risulta essere stato l’unico dei tre componenti a rinunciare al compenso. Fu nominato varie volte oratore presso il Doge. Nel 1586 rifiutò il trasferimento a Roma alla corte papale dove sarebbe stato Auditore di Rota. Aveva infatti scoperto una grande passione: la storia cittadina che Conte-Perale ritengono fosse “maturata probabilmente nella villa di famiglia a Casteldardo dove il padre Odorico aveva raccolto – oltre ad una wunderkammer (camera delle meraviglie o gabinetto delle curiosità o delle meraviglie – ndr.) ricca naturalmente di monete romane, armi antiche e mirabilia – anche una straordinaria biblioteca con i libri dipinti nel taglio da Cesare Vecellio (dispersi alla fine dell’800, ne compare ogni tanto qualcuno sul mercato antiquario).Nel 1587 aveva ricevuto dal Consiglio dei Nobili l’incarico di stendere una “informazione delle cose più notabili” della storia di Belluno in quanto Giovanni Bonifacio, lo storico di Treviso, aveva richiesto qualche notizia su Belluno per l’opera che stava scrivendo”. Molto opportunamente, i due autori ricordano che “Piloni iniziò un lavoro che lo portò a stendere quella che ancor oggi rimane la fonte principale della storia cittadina: straordinaria nel metodo, con la citazione continua (e corretta) di fonti antiche che spesso sono poi scomparse, ma anche notevole nella frequente riproduzione fedele di documenti anche minuti, tutti importantissimi oggi per cogliere le sfumature di vicende lontane”. Una curiosità, infine: la “Historia di Cividal di Belluno” pubblicata a sua insaputa nel 1607 a Venezia dal Rampazzetto, si vide censurare il capitolo relativo alle vicende cambraiche, quindi la ristampa si limitò ai primi sette libri dei nove che aveva scritto. Il manoscritto con gli ultimi due venne rubato nell’invasione del 1917,ma fortunatamente era stato copiato e poté essere utilizzato per la ristampa curata nel 1929 da Luigi Alpago Novello, Alessandro da Borso e Rodolfo Protti, che fu praticamente “la pietra miliare su cui nello stesso anno nacque anche l’Archivio storico di Belluno Feltre e Cadore, rivista che ancora esce trimestralmente”.
NELLE FOTO (Renato Bona; riproduzioni dal libro di Conte-Perale e da quello “La Provincia di Belluno” dello storico Giuseppe Fontana, Historiarchive.org): Giorgio Piloni; il padre Odorico; la villa Piloni a Casteldardo di Trichiana; la copertina della “Historia”; scorci di Piazzale Piloni a Belluno; la targa con l’intitolazione decisa dal Comune.