BELLUNO La CGIL Belluno fa il punto sulla distribuzione dei dati e sulle case di riposo con un documento firmato dal segretario Mauro De Carli (foto News In Quota)
La questione dei dati è essenziale! Da quando è partita l’emergenza da Corona Virus assistiamo, quasi ad una sorta di rito quotidiano irrinunciabile, alle teleconferenze del presidente del Veneto Zaia con la speranza di sentirci dire che il peggio è passato e lo possiamo sapere, anzi certificare, dalle notizie che lui ci fa sapere, dai fogli che ci fa vedere con scritti il numero dei morti, dei ricoverati. Con quei dati il popolo veneto viene di volta in volta rassicurato, e quindi trova logica la riapertura produttiva anticipata caldeggiata dal governatore, oppure rattristato per dover ancora rispettare ad oltranza le restrizioni perché l’epidemia sarà ancora lunga. I dati sono quindi patrimonio politico di chi li ha, e li gestisce come vuole; nel nostro piccolo a Belluno siamo nella stessa identica situazione perché da sempre chiediamo di conoscere cosa sta realmente succedendo dentro le case di riposo. Da sempre ci è stato risposto che non si vuole far sapere queste cose, che messe in pasto alla stampa possono generare strumentalizzazioni e creare sconcerto ed eccessiva preoccupazione nell’opinione pubblica. Tenere tutto nascosto invece cosa sta producendo? Qualcosa comunque traspare, di volta in volta si vengono a conoscere le situazioni di crisi, e la gente comune trasale di spavento quando scopre che un proprio famigliare è ospite di una RSA colpita in modo forte dai contagi, qualche altro, con i parenti in altre strutture, si domanda quanto tempo manca prima che il contagio arrivi anche li e soprattutto se sono state messe in atto tutte le mosse per evitare il propagare del Corona Virus. Allora ci servirebbe sapere se le morti di questi giorni, nelle strutture per anziani di Mel e Pedavena (probabili?), sono causate da dinamiche organizzative non ottimali di 10/12 giorni addietro, quando ogni RSA in provincia si rinchiudeva attorno ai soli propri direttori per cercare di gestire “in casa” i protocolli di emergenza. Siamo ora quindi al picco dell’emergenza dentro le case di riposo? Oppure ci sono stati dei particolari indirizzi che, anche volendo, non si potevano rispettare? Nella nostra lettera i mezzi di stampa della provincia e direttamente alla direzione ULSS Dolomiti il 10 aprile (un giorno prima alle stesse RSA) abbiamo chiesto un coordinamento, quasi una supervisione della stessa ULSS, proprio per verificare l’appropriatezza dei singoli piani d’emergenza da COVID 19, la loro concreta fattibilità, oltre a supporto per i DPI, per l’eventuale carenza di personale di fronte all’aumento del contagio tra i dipendenti. Ci hanno rassicurato, rispondendoci inoltre che entro Pasquetta (ieri) si concludeva la mappatura sierologica di ospiti e lavoratrici/ori entro le Case di riposo, a cui seguiva l’individuazione precisa dei casi positivi con un successivo tampone; a quel punto le garanzie per gestire i casi di isolamento o di quarantena erano le migliori possibili e le rassicurazioni per tutti le massime prevedibili. Ora siamo a porre due domande e chiedere due dati: su circa 2300 prelievi fatti quanti sono casi che presentano anticorpi COVID 19? Tutte le strutture, anche quelle non infette, avranno casi di isolamento e soprattutto tutte avranno copertura nei turni con il solo personale non in quarantena? Se avessimo i dati, passo dopo passo, potremmo quindi conoscere e effettivamente tranquillizzare anche noi tutti quanti; non solo, ma avendo a parallelo la metodologia che si utilizza per dare soluzione ai problemi sull’antinfortunistica, in cui si analizzano congiuntamente i casi di infortunio o di pericolosità per trovare poi la soluzione e eliminare il rischio per un futuro, anche qui sembrerebbe importante utilizzare lo stesso metodo. Se non si permette di sapere, anzi in alcuni casi si oscura, i numeri e le dinamiche che hanno generato il contagio, se vi sono stati errori o superficialità, allora nascono due pensieri; il primo, si fa trasparire la titubanza delle direzioni RSA nel voler discutere sul proprio operato e il secondo non si permette quell’analisi tecnica che potrebbe risolvere analoghe situazioni che si dovessero presentare in altre case di riposo del territorio. E il sindacato rivendica il diritto di discutere su questioni che tutelano le/i lavoratrici/ori e alla pari gli ospiti delle strutture degli anziani. E i casi che le FP CGIL ha posto all’evidenza della stampa in questi giorni hanno sempre avuto questo prioritario scopo: costruire una maggiore sicurezza da contagio, dalla conoscenza e dalle dinamiche dei casi stessi.