di Renato Bona
L’annuncio del Corriere delle Alpi che sabato 25 a partire dalle 18 la sala della Magnifica Comunità del Cadore, a Pieve, ospiterà la presentazione della ristampa di “Il campo rosso. Cronaca di una estate 1946” dedicato dallo storico Giuseppe Mendicino ad Alma Bevilacqua, più nota come Giovanna Zangrandi, partigiana, giornalista e scrittrice, mi offre il destro per proporne la figura sulla base del capitolo che la bellunese trapiantata a Roma, Milena Caldart, le ha dedicato nel libro “Donne in prima linea” (Alessandro Tarantola editore Belluno, stampa maggio 2014 tipografia Sommavilla) in cui si parla delle “Testimoni dell’identità femminile veneta. Bellunesi, Vicentine e Trevigiane dall’annessione al ventennio”. Bolognese di Galliera dove era nata nel 1910, Alma Bevilacqua-Giovanna Zangrandi si trasferì in Cadore all’età di 13 anni, alla morte del padre. 10 anni dopo si laurea in scienze matematiche, fisiche e naturali e l’anno seguente ottiene l’abilitazione alla professione di chimico ed il diploma in farmacia. Nel 1937 – ricorda la Caldart – dopo la scomparsa della madre “spezza ogni legame con la famiglia ed il passato a Bologna e si trasferisce a Cortina “divenendo per sempre la cadorina Giovanna Zangrandi”. E’ insegnante di scienze naturali all’ “Antonelli” di Cortina e a Pieve di Cadore; in breve tempo diviene esperta in molti sport legati all’ambiente e nel tempo libero allena la squadra femminile di sci dell’Istituto. Ancora: “Si cimenta anche in sport estremi scalando pareti di quinto grado o lanciandosi in discese spericolate con gli sci, al limite delle sue potenzialità. Sarà anche guida alpina. Nelle serate cortinesi, nella sua casa si dedica alla scrittura “oer la quale manifesta una grande passione”. Collabora con vari giornali locali della Repubblica sociale e dopo l’8 settembre “abbraccia la causa partigiana e diviene staffetta partigiana combattente della brigata “Pier Fortunato Calvi” con il nome “Anna” che le resterà anche in seguito. Il 15 giugno 1945 lascia l’insegnamento e fonda e dirige la rivista “Val Boite”, che peraltro fallisce dopo un anno e quindi decider di dedicarsi ad attività manuali divenendo – lo confermava lei stessa – bracconiera!, sarta, cuoca, guida turistica, affittacamere, venditrice ambulante oltre che partecipare al recupero di materiale bellico in montagna. E’ del 1946, ormai insofferente all’ambiente del centro ampezzano, la decisione di trasferirsi in montagna col proposito di realizzare e gestire un rifugio nella Sella di Pradonegho sotto l’Antelao: “un sogno nato durante la resistenza condiviso con Severino Rizzardi il comandante di cui si era innamorata, morto pochi giorni prima della Liberazione” . La Caldart aggiunge: “Si impegnò in prima persona, con tutte le sue forze mentali e fisiche, nei lavori di costruzione, dirigendo la squadra di muratori. Nell’estate del 1946 inizia, la nuova vita del rifugio che chiama ‘Antelao”; non riuscendo tuttavia a ricavare un utile adeguato, nel 1951 cede l’attività al Cai di Treviso che nel 2005 le dedicherà una targa. Segue, primi anni Cinquanta, il ritorno a Cortina dove “inizia una intensa attività creativa” e nel 1951 pubblica la sua prima opera: ‘Leggende delle Dolomiti’ dove traspare il profondo amore per la nuova terra, le sue tradizioni e per la cultura ladina”. E’ del 1952 il volume di racconti “Il cucciolo del vallone” mentre nel 1954 ottiene il “Premio Deledda” per il romanzo “I Brusaz” edito da Mondadori. Ancora Milena Caldar ad evidenziare che “Il 1954 è l’anno del suo definitivo ingresso nel mondo letterario italiano; ormai ha acquistato notorietà e ottiene collaborazioni con quotidiani e settimanali nazionali. Nel 1957 realizza il romanzo “Orsola nelle stagioni”, due anni dopo “Il campo rosso” (col quale racconta la sua esperienza nella costruzione del rifugio) ed ottiene il Premio Bagutta”. La situazione dell’Italia intanto evolve e le condizioni economiche migliorano anche nel Veneto tanto che la nostra decide nel 1955 di acquistare una Fiat 600 e poi un terreno a Borca di Cadore dove costruisce, al limitare del bosco, prima una piccola casa in legno, poi un fabbricato dove vivrà fino alla morte (20 gennaio 1986, assistita dall’amico Arturo Fornasier, conosciuto durante un rastrellamento nazista) con il suo inseparabile compagno: il cane Attila. Aveva comunque proseguito l’attività letteraria e se negli anni Sessanta aveva pubblicato le sue opere migliori (“I giorni neri”, “Anni con Attila”, “La sahariana”, nel decennio successivo aveva scritto “Il diario di Chiara ed “Gente alla Palua”, è degli anni Ottanta “Racconti partigiani e no”.
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro “Donne in prima linea” di Milena Caldart): la cadorina per scelta, Giovanna Zangrandi (museogalvani-eu); fascicolo della studentessa Alma Bevilacqua; appassionata dello sci… e delle escursioni in montagna (comune.galliera.bo.it); il rifugio Antelao nel 1950; la targa dedicata alla realizzatrice dell’impianto; la copertina di uno dei suoi libri (Sapienza-Università di Roma, Carocci); Giovanna-Alma con il suo cane Attila (provincia-bologna.it).