di Renato Bona
L’impegnativa, di notevole qualità, ed apprezzata pluriennale attività editoriale del caro amico Bepi Pellegrinon ci ha regalato pubblicazioni sempre di grande interesse, sulle quali è un autentico grande piacere soffermarsi. Per scoprire, apprendere, meditare su persone, luoghi e fatti in particolare della sua terra d’origine ma non solo. Con queste premesse, abbiamo già riferito in due occasioni, di “Quando a Falcade la meridiana segnava il tempo”, album d’immagini edito nel 1982 dal Comune di Falcade (sindaco dell’epoca Girolamo Serafini) col concorso di quella che all’epoca era la Cassa di Risparmio di Verona, Vicenza e Belluno, in occasione della mostra fotografica “Falcade com’era – Estate 1982 e stampato dalla trevigiana litografia Antiga di Crocetta del Montello e dedicato dall’autore “alla mia gente” (con fotografie di Arturo Andreoletti, De Marchi, Eugenio Ganz, l’Ispettore delle Poste di Vicenza e Belluno nel 1890 non meglio identificato, Giovanni Luciani, Giuseppe Pietrobelli, Vincenzo Piatti, Antonio Sanmarchi, Giovanni Battista Unterweger ed altri rimasti sconosciuti).
Torniamo ora su questo libro per riferire, sempre con Pellegrinon, di un autentico personaggio “Con Garibaldi nel cuore” (titolo del capitolo). Si tratta del garibaldino Giuseppe Dozzo che – lo spiega la didascalia che affianca la prima foto che è stata selezionata, e datata 1918 – “Dall’alto del suo ‘monumento vivente’ saluta le truppe italiane che liberano la Valle del Biois. Originario di Canizzano, un rione di Treviso, ove era nato nel 1841, aveva seguito l’Eroe de i due mondi, partecipando, nel 1866, alla Battaglia di Monte Suello e alla presa del Forte dei Gligenti a Bezzecca”.
La seconda immagine proposta è così commentata: “1908. A Falcade, Dozzo era venuto come finanziere; si era trovato bene ed aveva deciso di stabilirvisi. Tipo curioso ed originale, il garibaldino suonava la fisarmonica, teneva spesso un gallo ammaestrato sulla spalla e girava con un sorcio imbalsamato sul berretto. Per questo era l’idolo dei ragazzi che volentieri lo seguivano, soprattutto nella ricorrenza del 20 settembre quando per festeggiare l’anniversario della presa di Porta Pia, saliva a S. Bastian dove, davanti alla Chiesa ed alla canonica cantava a squarciagola motivi della rivoluzione garibaldina”.
Ed eccoci alla terza fotografia: “1914. Il garibaldino Dozzo in divisa con la moglie Uliana. Dapprima abitavano nella ‘ciasa dei Terli’ presso il Tabià dei Sandri, poi Dozzo acquistò un’abitazione poco sopra Col de Rif. Geniale e capace esercitava il mestiere di scalpellino-tagliapietra: molte delle lapidi del vecchio Cimitero di Falcade Alto sono opera sua. Quella dedicata alla moglie reca in altorilievo una porta socchiusa con la filosofica frase ‘oggi a me, domani a te’”.
Così la didascalia della quarta immagine: “”1916: Giuseppe Dozzo davanti al Tabià da Staol con il Comandante del Settore di S. Pellegrino Col. Peppino Garibaldi, nipote dell’Eroe. Durante tutta la guerra fu concesso al garibaldino di usufruire gratuitamente del rancio militare”.
L’ultima foto delle cinque è accompagnata da questa dicitura: “1918-112 novembre. La Liberazione. Ragazzi di Falcade, guidati dal garibaldino Giuseppe Dozzo, recatisi alla Mora incontro alle truppe italiane. Si riconoscono: Annetta Serafini Pòtola, Gelinda Ganz Rónz, Maria Girardi, Natalina Girardi, Caterina Murer Muss, Assunta Murer Muss, Sisto Serafini Duca, Lucia Serafini Schiràt, Scola Girolamo Lima, Elvira Ganz Vila, Albino Micheluzzi, Clara Micheluzzi Minèla, Ernesto Strim Zègol, Arturo Serafini Comeliàn, Giulia Ganz dei Ceschi, Carmela Ganz dei Ceschi, Romolo Serafini Puza, il garibaldino Giuseppe Dozzo, Carmela Marcolin, Angelina Sechi Belòta, Lucia Ganz Brochéta, Graziosa Murer dei Grandi, Bortolo Murer Colèt, Giuseppe Murer Colèt, Enrico Murer, Luigia Valt Mirola, Fritz Mattei, Giacometo Secchi Belòt, Giacomo Serafini, Vittorio Strim Zègol. Sulla finestra Ernesto Scola e Giulio Ganz”.
Vogliamo ricordare in chiusura che nella sua introduzione, Pellegrinon aveva concluso sostenendo che: “… rivedere i luoghi, rivedere la gente, rivedere l’ambiente, rivedere le situazioni che si sono verificate nel tempo addietro, non solo è utile, ma porta a considerare con conforto che Falcade è una terra giovane, è una terra all’inizio, è una terra che potrà certamente dimostrare la capacità ed il valore della propria gente e del proprio destino”. E non a caso, dunque,”Quando a Falcade la meridiana segnava il tempo” lo ha, come detto, dedicato “alla mia gente”!
Resta da dire, succintamente, che Bepi Pellegrinon, alpinista accademico del Cai e storico dell’alpinismo dolomitico, viene considerato – per dirla col sito zam.it/biografia – una sorta di memoria storica delle Dolomiti, cui ha dedicato tutta la sua produzione letteraria”. Si rammenta che ha fondato una piccola casa editrice, la Nuovi Sentieri, che si occupa di pubblicare opere soprattutto dedicate alle Dolomiti. Il nostro è autore di opere letterarie che gli sono valse prestigiosi riconoscimenti.