BELLUNO Dopo quella dei Vecellio, di cui abbiamo scritto, ecco un’altra famiglia di artisti bellunesi: i Lacedelli di Ampezzo di Cadore. Il più noto è, per quanto si è potuto accertare anche sulla base delle “presenze” Internet, il capofamiglia, Giuseppe Lacedelli che viene citato nel libro (quarta edizione quello in nostro possesso – ndr.) “Breve storia del Cadore”, curato dallo storico Giovanni Fabbiani e dato alle stampa dalla Magnifica comunità di Cadore per i tipi della bellunese tipografia Piave nel 1977. Fabbiani così sintetizza la figura di Giuseppe Lacedelli: “(Ampezzo di Cadore 1774 – Vienna 1832), studiò a Venezia e a Vienna divenendo un celebre litografo con litografia propria. E’ meglio conosciuto con il cognome Lanzedelli. Disegnò e litografò specialmente scene viennesi. Dipinse in Ampezzo la pala di sant’Antonio della cappella di Chiave e alcuni affreschi nella casa paterna di Lacedel”. Nel luglio di 4 anni fa su “Il notiziario di Cortina” venne pubblicato un articolo (Fonti: Storia d’Ampezzo di Giuseppe Richebuono il docente genovese i cui genitori avevano origini cadorine, ed. La Cooperativa di Cortina, anno 2008) a cura dell’Unione dei Ladini d’Ampezzo, sezione dell’Union generela di ladins dla Dolomites”, in cui fra l’altro si ribadiva il fatto che il nostro “divenne famoso a Vienna per l’arte della litografia a proposito della quale arte ci ricordava che l’invenzione “si deve ad Alois Senefelder, di origine bavarese, nel 1796. Si dice che sia stata una scoperta casuale, ma fu comunque preceduta da diversi studi e prove” e si spiega che “Il principio è estremamente semplice: un particolare tipo di pietra, opportunamente levigata e quindi disegnata con una matita grassa, ha la peculiarità di trattenere nelle parti non disegnate (dette contrografismi) un sottile velo d’acqua, che il segno grasso (detto grafismo) invece respinge. Sulla pietra così trattata si passa l’inchiostro, che viene respinto dalle parti inumidite e trattenuto dalle parti grasse. Al torchio, perciò, il foglio di carta riceve solo l’inchiostro che si deposita sulle parti disegnate e non sulle altre. Con questa tecnica venivano riprodotti quadri d’autore, ritratti ecc. ma anche opere originali”. Torniamo a Lacedelli, che in Wikipedia viene citato come “pittore italiano di cittadinanza austro-ungarica”: nacque a Cortina d’Ampezzo nel 1774 e frequentò l’Accademia di Belle Arti di Venezia. Troviamo le sue prime opere nella casa natale di Meleres. Successivamente continuò gli studi all’Accademia di Vienna e ivi si trasferì definitivamente dove fu conosciuto con il cognome Lanzedelli. Si specializzò nella litografia creando anche molte opere originali: scene di genere, prese dalla vita quotidiana del popolo viennese. Divenne famoso per le litografie a colori, di cui fu un vero pioniere. Molte sue opere sono conservate al Museo Albertina di Vienna. Probabilmente morì povero come era vissuto. In uno scritto del 1833 da Vienna prega il Comune di Cortina di pagare le spese di ospedale per il pittore Giovanni Giuseppe Lacedelli. I figli Giuseppe Junior e Carlo succedettero al padre con altrettanto successo. Ecco (sempre dal libro di Fabbiani – ndr.) i figli: Carlo (Vienna 1806-1865), allievo del padre e bravo quanto lui, disegnò e incise molte tavole con scene varie; molte sono le incisioni di opere d’artisti suoi contemporanei; Giuseppe, fratello di Carlo (Vienna 1807 – …), allievo del padre, alla morte del fratello diresse i lavori della sua famiglia. Disegnò e litografò anche lui particolarmente scene della guerra del nostro Risorgimento, viste da parte austriaca”. Torniamo a Wikipedia perché – ribadito che Giuseppe frequentò l’accademia di Venezia in gioventù, poi tornò in patria, dove decorò la Chiesa di sant’Antonio da Padova in località Chiave, quando essa venne ricostruita nei primi del XIX secolo a seguito dell’incendio che devastò la frazioncina della località montana. In seguito si trasferì a Vienna e studiò all’accademia della capitale austriaca. Qui si specializzò nel campo della litografia, che a quei tempi muoveva i suoi prima passi, e ne fu il più abile artista della sua epoca – ci offre, sia pure sinteticamente la notizia che “la figlia Giuseppina detta Betti, divenne una rinomata cantante lirica, famosa non solo a Vienna ma anche in tutta la Germania. Morì nel 1916 alla veneranda età di 102 anni, all’epoca la persona più anziana dell’intera capitale austriaca”. Concludiamo ricordando che Chiave, cioè il paese Clavis, viene citato per la prima volta nel 1214, uno dei primi della Valle d’Ampezzo e che nel 1791 i suoi abitanti decidono di fondare una confraternita ed edificare una chiesa in onore di Sant’Antonio da Padova. La costruzione si concluse nel 1791 e dovette essere riedificata ai primi dell’Ottocento in conseguenza di un devastante incendio che distrusse l’intero abitato Dedicata ad Antonio da Padova, patrono della frazione che lo celebra solennemente con una festa il 13 giugno, la chiesetta a una sola navata, conserva all’interno due pregevoli busti lignei (il Cristo flagellato e santa Caterina, e un altare ligneo del XVII secolo oltre alla pala di sant’Antonio con Bambino dell’ampezzano Giuseppe Lacedelli.
NELLE FOTO (La chiesetta cortinese di Chiave; la pala d’altare opera di Lacedelli; il logo dell’Unione ladina d’Ampezzo; il prof. Giuseppe Richebuono, autore di “Storia d’Ampezzo”.