Prima a destra di via Luigi Alpago Novello, verso il Piave, sino a congiungersi con la Angelo Maier. E’ la via che il Comune di Belluno ha dedicato, accanto alla chiersa di Don Bosco, a Giuseppe Zanardelli ((Brescia, 26 ottobre 1826 – Toscolano Maderno, 26 dicembre 1903; il padre, Giovanni, era un ingegnere, scomparso prematuramente nel 1853 lasciando la moglie, Margherita Caminada, e dieci figli, di cui dovette occuparsi, facendo i salti mortali, il primogenito, proprio Giuseppe) che fu a Belluno nel 1866 quale commissario del Re. Il libretto “Toponomastica di Belluno” (edito nel settembre 1990 – e verosimilmente da aggiornare – da Grafiche Antiga di Cornuda per conto del Comune) ricorda in estrema sintesi che Zanardelli fu più volte ministro e nel 1901 presidente del consiglio, aggiungendo inoltre che “Fu un grande del Foro italiano. Il sito sias.archivi.beniculturali.it a proposito del Commissario regio di specifica che “I regi commissari furono organi eccezionali del governo istituiti con regio decreto del 18 luglio 1866 per reggere temporaneamente le provincie venete annesse al Regno d’Italia in attesa dell’insediamento dei rispettivi Prefetti”. A Belluno, il governo interno venne retto inizialmente dalla Municipalità, dal momento che il delegato provinciale Girolamo Alesani, fuggito dalla città il 12 luglio, aveva trasferito i propri poteri al podestà Francesco Piloni, che si preoccupò immediatamente di costituire una guardia municipale e successivamente di coinvolgere anche il podestà di Feltre Antonio Carniello per costituire una giunta provvisoria che assumesse il governo della città secondo quanto disposto dal regio decreto del 18 luglio.Tuttavia, appena un mese dopo, con il regio decreto n. 3157 dell’11 agosto 1866, il deputato Giuseppe Zanardelli venne nominato Commissario regio per la provincia di Belluno. Per ristabilire un clima di sicurezza – si può leggere – il Commissario si occupò prima di tutto del riconoscimento giuridico delle Bande armate venete- Sezione di Cadore, responsabili di sanguinosi scontri contro i tedeschi; successivamente si dedicò alla conferma, o alla eventuale rimozione e sostituzione, del personale amministrativo e politico insediato dal governo austriaco nei vari livelli della burocrazia locale. Lo storico bellunese Giovanni Fabbiani nella sua pregevole “Breve storia del Cadore, nel capitolo dedicato alla “Battaglia dei Treponti. La liberazione” pubblica una immagine con la dicitura “Gli ufficiali delle Bande armate cadorine del 1866, in piedi da sinistra; Tivaroni, Montereale, Buffoni, seduti: Galeazzi e Guarnieri, a terra: Vittorelli” e quindi la riproduzione del manifesto con “Il saluto della Sottogiunta cadorina all’on. Zanardelli”. Torniamo sulle sostituzioni del personale insediato dal governo austriaco perché il sito risorgimento.it richiama il fatto che: “… Zanardelli aveva sciolto la congregazione provinciale, residuato quest’ultima dell’amministrazione austriaca, poiché era costituita da elementi retrivi e compromessi con il vecchio regime; i nuovi deputati nominati dal commissario regio, cioè Luigi Agosti quale rappresentante di Belluno, Giovanni Battista Bellati, Giorgio Mezzan, Antonio Pagani Cesa, Bartolomeo Talamini, tutti in rappresentanza degli altri distretti della provincia, non suscitavano dubbi di sorta quanto a patriottismo e godevano in generale di buona reputazione nella popolazione”. Questa operazione aveva un’importanza fondamentale per i rapporti tra l’autorità governativa e la società civile locale. L’adempimento di questo incarico “presentava particolari difficoltà perché non si poteva non tenere conto della serietà e dell’efficienza tradizionalmente proprie della burocrazia austriaca, e d’altro canto biso¬gnava soddisfare le aspettative della popolazione che richiedeva giustizia nei confronti di quegli individui che si erano sempre prodigati a favore delle I.R. autorità”. E veniamo al sito lanostrastoria.corriere che sottolinea il fatto che “Il politico bresciano è stato uno dei rari esempi di coerenza liberale: avversario del trasformismo, fautore del bipolarismo, uomo di princìpi solidi, stimato anche dagli avversari, per due volte presidente della Camera. Per non parlare delle realizzazioni di uno statista che aprì con il suo governo illuminato (1901-1903) l’età giolittiana: la riforma elettorale dell’82, quella del codice civile nell’89, il viaggio in Basilicata nel 1902 da cui scaturirono le prime leggi speciali per il Mezzogiorno, oggi ritenute ‘famigerate’ ma allora sintomo di lungimiranza e sensibilità sociale. O meglio, di ‘spirito nazionale’. Dallo stesso sito, una curiosità su quello che resta un grande personaggio, anche se abbastanza trascurato e quasi dimenticato: “… da un maquillage compiuto in una delle stanze della sua villa a Maderno, sul lago di Garda, Zanardelli, massone, scapolo impenitente, con alcuni figli illegittimi accertati, tra cui un bambino che sarebbe diventato prete, aveva fatto dipingere le allegorie dell’amor sacro e dell’amor profano. Passata la villa a un’associazione religiosa, il primo è rimasto, il secondo è stato cancellato”. Concludiamo soffermandoci sull’attività politico-amministrativa: delegato di Cavour a Napoli con l’incarico di suscitare una sollevazione popolare prima dell’arrivo di Garibaldi, dal 1860 Zanardelli venne eletto ininterrottamente al parlamento nazionale sino alla morte… Nel 1876: entrò nel primo gabinetto Depretis come ministro dei Lavori pubblici, carica dalla quale si dimise anche perché contrario alla linea imposta dal capo del governo sul riscatto della linea ferroviaria nazionale, che favoriva un ristretta oligarchia finanziaria. In realtà era contrario soprattutto alla pratica del trasformismo. Un mandato breve fu anche quello da ministro degli Interni nel primo gabinetto Cairoli: assunse l’incarico nel marzo 1878 e lasciò in dicembre, travolto dalle polemiche successive all’attentato a Umberto I compiuto dal lucano Giovanni Passannante. Tornato ministro di Grazia e Giustizia nel maggio 1881 con il quarto governo Depretis, il politico bresciano varò nel 1882 una riforma elettorale che allargava il numero dei votanti da seicentomila a 2,5 milioni. Il criterio del censo veniva mantenuto, ma molto abbassato, inoltre si dava la possibilità di votare a chi aveva almeno la seconda elementare. Il suo capolavoro fu tuttavia la riforma del codice penale approvata nell’89, che unificava gli ordinamenti dell’Italia preunitaria e aboliva la pena di morte. L’ultimo atto politico di questo liberale coerente, che tentò senza successo di introdurre il divorzio (Giolitti ironizzava: soltanto due scapoli si occupano del divorzio in Italia, Zanardelli e il Papa), si svolse al Sud. Con quel viaggio in Basilicata, compiuto nel successivo governo Giolitti. I lucani gliene sono ancora oggi grati. governo in vacanza sulla Costiera amalfitana, che gli ricordava tanto le rive del suo Garda.
NELLE FOTO (Wikipedia, Corriere, comuniitaliani.it, riproduzioni dal libro di Fabbiani, Renato Bona): Giuseppe Zanardelli; il monumento che gli ha dedicato la città natale, Brescia; la via che porta il suo nome a Belluno; ufficiali delle Bande armate cadorine; il saluto della Sottogiunta cadorina a Zanardelli all’allora Commissario del re; l’ “auto blu” del famoso viaggio in Basilicata