Verso la fine dell’estate scorsa mi venne fra le mani un libro che illustrava le chiese gotiche cadorine, ed in fondo al libro c’era un riferimento anche alla chiesa di Rocca Pietore, credo per la sua importanza anche se non è cadorina, dove era scritto che la chiesa era assai antica, ampliata nel 1442 e nel 1871, come riportato da Ottone Brentari nel libro GUIDA STORICO-ALPINA DI BELLUNO, FELTRE, PRIMIERO, AGORDO, ZOLDO – anno 1877 . Pensai di fare una ricerca per sapere se questo libro fosse disponibile e trovandolo, lo acquistai, come ristampa dell’anno 2013 (col patrocinio del CAI ). Il prof. Ottone Brentari era originario di Strigno, Valsugana trentina, una persona poliedrica ed irredentista, figlio di un ufficiale giudiziario. Compì gli studi letterari con indirizzo storico e geografico nelle università di Innsbruck, di Vienna e di Padova dove ottenne il dottorato. Insegnò per alcuni anni, poi si stabilì a Milano per dedicarsi al giornalismo come collaboratore del Corriere della Sera. Nella presentazione del libro sopra riportato, egli ringrazia tutti i sindaci e i segretari di quei Comuni che hanno risposto al questionario che aveva loro inviato. Sicuramente lo inviò anche al Comune di Rocca Pietore per quanto lui ha scritto riguardo a diversi temi, tra cui quello storico, riferiti al nostro territorio in quell’epoca e che riporterò qui per quanto indicato nel titolo di questo articolo. Il Brentari scrive quindi molto riguardo ai comuni dell’Agordino che visitò raggiungendoli a piedi e descrivendo le loro caratteristiche ambientali, la storia, la presenza di attività produttive e anche il nome delle malghe; per l’emigrazione scrive che dal Comune di Rocca Pietore, con una popolazione di 2335 persone, nel periodo invernale emigrano in 600, dei quali oltre 300 in Austria come minatori e muratori, 200 a Venezia ed altre città come pasticceri, fornai, salsicciai, una trentina in Svizzera come minatori, il resto in Grecia ed altrove. Era una situazione economica difficile che interessava buona parte delle famiglie con enormi sacrifici anche per le donne che rimanevano a casa con i figli e che dovevano curare, in prevalenza, pure il bestiame. Il libro del Brentari è composto di 400 pagine fittamente scritte e con caratteri minuti. Entrando nei particolari che ci interessano, a pag. 233 il Brentari descrive la storia di Rocca Pietore nel 1360 dove si legge che, in quel particolare momento (sempre considerando che l’Europa politicamente era governata da Imperatori del Sacro Romano Impero) “ …..Il dominio del Carrara (conferitogli da Lodovico re d’Ungheria), signoria di Padova, si estendeva anche sulla Rocca di Pietore, detta anche, in carte del secolo, Roccabruna, quindi Rocha Pectoris, e dai tedeschi RUCPRAUN. Da questa giurisdizione trasse il nome una nobile famiglia bellunese. Rocca deve essere stata in antico una terra feudale, ma quando la si riscontra nella storia, essa non aveva castellani ereditari, ma solo temporanei, i quali esigevano le tasse ed amministravano la giustizia: e per il Carrara c’era Baggio da Cornazzano (1362-1370). Il Carrara ebbe occasione di estendere il suo dominio anche su Andrazzo. …..” Ecco quindi che compare il nome tedesco Rucpraun , meglio Rukepraun, che si legge ufficialmente in una pergamena originale del 24 agosto 1290 che si trova nell’Archivio di Stato di Bolzano, archivio Vescovile di Bressanone, n. 1635. Ora ho la conferma che si tratta del nome di Rocca Pietore in tedesco per quanto lessi durante la stesura del mio libro e per quanto sopra riportato dal Brentari. A mio avviso, Rukepraun indica anche il territorio del Comune di Rocca Pietore, (senza la frazione di Calloneghe) ed è comparabile al nome Buchenstein indicante il territorio del Livinallongo; però il dominio di Rocca Pietore era affidato ad un Duca e quello del Livinallongo, con Colle S. Lucia, al Principe Vescovo di Bressanone di rango inferiore, tramite un castellano. Il Brentari chiarisce che Rocca ottenne sempre, per via degli antichi privilegi, di essere sottomessa direttamente alla podestà del signore, cioè del Duca, che nominava il castellano della “rocca”, che aveva funzioni di ordinaria amministrazione o esecutore di ordini superiori. Ritengo, inoltre, che Rukepraun sia antico, da quando Rocca entrò a far parte del Regno orientale dei Franchi con il trattato di Verdun del 843. A questo proposito, per inciso, penso interessante raccontare un episodio vissuto in prima persona oltre 50 anni fa. Era il 22 di Luglio, giorno di S. Maria Maddalena, sagra in paese, ed ero sulla piazza di Rocca in compagnia di alcune persone tra cui il sig. Tota (soprannome) di Caprile, che ha svolto per molti anni anche la professione di taxista della zona, qualcuno lo ricorderà sicuramente. Quello di cui si parlava era una chiacchierata tranquilla su diversi temi. Ad un certo punto, inaspettatamente, sento dire queste testuali parole dal sig. Tota: “ Voi tedeschi di Rocca”, dette in modo tranquillo senza astio o altro di negativo. Io rimasi allibito, non dissi niente come gli altri e la conversazione continuò. Ora, dopo una analisi di quanto ho letto negli anni sulla storia di Rocca, posso dire indicativamente che Rocca Pietore rimase in territorio tedesco dal 843 al 1386, quando passò al Duca Giangaleazzo Visconti di Milano, con un “atto speciale di dedizione” (Brentari, pag. 234) subito dopo la podestà di Leopoldo III d’Asburgo Duca del Tirolo e di Rocca Pietore, diversamente da Belluno che passò ai Visconti tramite i Carraresi, e che quella affermazione del “Tota” , a mio giudizio, è una reminescenza o memoria collettiva della gente di Caprile che si è protratta fino ai nostri giorni e che indica l’appartenenza antica di Rocca al territorio tedesco. Oltretutto la lingua Ladina di Rocca Pietore, è più simile alla parlata delle valli di Fassa e di Fiemme , lontane da Rocca , che non a quella di Caprile vicinissima. Ne consegue che sicuramente il torrente Pettorina da Sottoguda a Saviner ed il torrente Cordevole all’altezza di Saviner, facevano da confine di “Stato” con altri domini e di conseguenza il ponte di Saviner collegava due realtà molto diverse come dominio fin dai tempi più remoti. Come avrete notato, ho scritto che Leopoldo III era Duca anche di Rocca Pietore, sempre nell’ambito del Sacro Romano Impero. E’ leggendo il Brentari (pag. 234) che ho appreso questa novità: cioè Rocca, o Rukepraun, politicamente dipendeva da un Duca, conservando così gli antichi privilegi come riportato più sopra. Anche il Principe Vescovo di Bressanone dipendeva dallo stesso Duca. Questo stato di cose avrà avuto sicuramente ripercussioni positive nelle relazioni tra Rocca Pietore e i vicini di Livinallongo, con una probabile appartenenza speciale di Rocca, come alleato, al territorio del Principato di Bressanone. Dal punto di vista religioso, il Vescovo di Bressanone nel 1300 ed anche precedentemente aveva comunque la guida religiosa della popolazione di Rocca tramite suoi sacerdoti. A questo punto mi chiedo come mai Rocca Pietore aveva questo privilegio di dipendere da un Duca di rango superiore al Principe? Tutto ebbe inizio dagli Arimanni che prendevano ordini dal Re longobardo che loro eleggevano ( Rocca, come ho scritto nel mio libro, era una Arimannia longobarda di confine). Quando Carlo Magno (che poi divenne Imperatore del Sacro Romano Impero – 800 d.C.) arrivò in Italia nel 774 d.C. per sconfiggere i Longobardi, non venne per cambiare gli usi e le consuetudini dei diversi territori, come anche nelle altre parti dell’Impero, ma sostituì solo la classe dirigente, per cui Rocca continuò a ricevere ordini da livelli alti e cioè, una volta sconfitti i Longobardi, da Duchi. Un’altra considerazione è che durante il dominio Longobardo, il territorio di Rocca, assieme alla val di Fassa e di Fiemme, sia stato sotto il controllo del Duca longobardo di Trento, viste le affinità linguistiche con quelle valli e che ci fossero dei legami stretti con Castelrotto come arimannia, riscontrato che anche quella gente a quel tempo era solita fare scorribande nei territori contigui, come era solita fare quella di Rocca . Anticamente, come scrisse lo storico fassano Frumenzio Ghetta, la Rocca di Pietore aveva autorità fino a Campitello di Fassa ed il Rio Duron faceva da confine con il resto della Val di Fassa e probabilmente anche col territorio di Castelrotto. Facendo ora ancora riferimento al libro del Brentari, ritorno di nuovo a scrivere sulla posizione dove era allocata la Rocca di Pietore. Riporto di seguito quanto scritto dal Brentari al riguardo, assieme ad altre notizie, quando arrivò a Rocca, dove ritengo si sia fermato per alcuni giorni, vista la conoscenza approfondita della nostra storia: nel Municipio di Rocca a quel tempo ci dovevano essere documenti importanti al riguardo, andati persi a causa di incendi che interessarono il Municipio stesso, come comunemente noto. A pag. 315 si legge: “…..A Rocca posta e telegrafo ( importantissima la presenza del telegrafo). Albergo Stella Alpina di Luigi Nicolao. E’ in costruzione una casa con stanze per forestieri. Due altre osterie. Assai interessante è la chiesa, colle sue svelte finestre di stile gotico. Ha finestre colorate, e pavimento in legno. Preziosa la pala dell’altar maggiore, del 1517 di scuola tedesca, con intagli in legno. Figure ad autorilievo e dorature; ed assai pregiati i dipinti delle due porte destinate a chiudere, a foggia d’armadio, la pala. Ha due cappelle laterali, con altarini di legno dorato. La chiesa aveva sacerdote curato nel sec. XIV, nel 1578 lo ebbe da sola staccandosi da Alleghe, nel 1593 venne dichiarata parrocchia (di elezione popolare) staccandosi da Agordo. La chiesa attuale, assai antica, venne ampliata nel 1442 e nel 1871. Della importanza storica di Rocca abbiamo già detto (vedi pag. 233). (poi il Brentari così prosegue:) PRESSO IL VILLAGGIO DI RONCH , SOPRA UNA RUPE ( qui intende il Sass de la Murada) DOMINANTE LE VALLATE DI CAPRILE, ALLEGHE, ROCCA E LIVINALLONGO, VEDONSI ANCORA LE VESTIGIA (nel paese di Rocca Pietore) DELL’ANTICHISSIMO CASTELLO O ROCCA, CHE DIEDE IL NOME AL PAESE; ED ALLE FALDE DEL COLLE (cioè di Rocca Pietore), PRESSO SAVINER SORGONO ANCORA LE MURA DELLA CASA ( ABBANDONATA DA CIRCA MEZZO SECOLO) DETTA PALAZZO DI GIUSTIZIA COSTRUITA CIRCA IL 1600 PER 2/3 A SPESE DELLA CITTA’ DI BELLUNO E PER 1/3 DI ROCCA. VI SI RADUNAVANO A CONSIGLIO, COL CONCORSO DEL CAPITANO DI GIUSTIZIA MANDATO DUE VOLTE L’ANNO DA BELLUNO, I CAPIFAMIGLIA DEL PAESE. …..” Riscontro che Il Sass de la Murada viene chiamato RUPE e nient’altro. Per VESTIGIA si intendono i ruderi e le rovine della Rocca di Pietore, costituiti da una marea di pietre. Le stesse vestigia le notò anche la turista e scrittrice inglese Amelia B. Edwards quando passò per Rocca per andare a Ronk e menzionate nel suo libro “CIME INVIOLATE E VALLI SCONOSCIUTE” del 1872, che ho già avuto modo di ricordare in passato sul bollettino parrocchiale. Anche la Edward chiamava il Sass de la Murada solo come SASSO, poi non si sa come mai gli si diede un nome. Quindi, per quanto testimoniato sopra dal Brentari, non ci sono più dubbi: LA “ROCCA DI PIETORE” FU COSTRUITA SUL LUOGO DELLA PIAZZA DI ROCCA PIETORE (Come già indicato in altri articoli che ho scritto sul bollettino parrocchiale). La distesa di pietre era perciò ancora visibile alla fine dell’800 e probabilmente ancora all’inizio del 900, ma con la costruzione di nuove case e fienili lentamente fu fatta pulizia ed attualmente non se ne vede traccia, vedendo ora parte di tali pietre, per esempio, anche sui confini della casa dove abito a Rocca su 3 lati e come sostegno al terreno che mio nonno paterno acquistò negli anni trenta del secolo scorso sotto casa mia. La zona dove abito a Rocca è denominata Fop (nome che indica piccolo avvallamento di terreno), ma anche Masarei: da giovane si diceva che si andava in gruppo “sun chi (giù verso i) masarei” per passare il tempo: Masarei come distesa di pietre. A questo punto confesso che, ormai da tempo, sono convinto che il nome di Rocca Pietore si possa intendere come Rocca di Pietre, cioè costruita con pietre. Anche dopo la frana del 1771 scesa dal monte Piz, che formò il lago di Alleghe, al paese che sorse sulla distesa di sassi e detriti venne dato il nome di Masarè. Ora, non posso non far riferimento a don Tamis, che stimo e che apprezzo come storico dell’Agordino, che aveva indicato il Sass de la Murada come sede della “rocca”. Suppongo che non abbia letto il libro del Brentari, probabilmente non più disponibile da anni nelle librerie, la cui ristampa è avvenuta nel 2013, cioè dopo la sua scomparsa, altrimenti si sarebbe fatto un’altra idea di dove era posizionata la “rocca”. Infine, mi auguro che dubbi, per quanto concerne l’antica posizione della “rocca”, non ce ne dovrebbero più essere e che questo capitolo sia chiuso.
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