di RENATO BONA
BELLUNO Nel dicembre del 2000 la Artigrafiche Cadrobbi stampava per la casa editrice Publilux la quarta edizione del libro “La città di ghiaccio. Guida agli itinerari e al Museo della guerra 1915-18 in Marmolada”, opera di Mario Bartoli, Mario Fornaro e Gianrodolfo Rotasso. Ce ne siamo occupati in precedenti servizi, sottolineando la validità dell’iniziativa dei tre autori, ma ci piace in questa occasione dare spazio a quelle che nella quarta parte, richiamando gli eventi bellici dell’epoca, va sotto il titolo: “Le operazioni per la Forcella Vu”. Bartoli-Fornaro-Rotasso spiegano in apertura che “La Forcella Vu (“Vesura” per gli austriaci) è un caratteristico intaglio all’estremo angolo orientale della cresta, alla sommità della parete sud della Marmolada e quindi ricordano che: “Quando gli italiani, dopo vari sanguinosi tentativi, occuparono il 30 aprile1916 la forcella Serauta ed il successivo 2 maggio la quota 3065, gli austriaci dovettero riparare sulla vicina Forcella Vu” e: “non disponendo ancora di rifugi in roccia, si organizzarono per la resistenza, rifugiandosi nel crepaccio terminale sotto la forcella stessa”. Si legge quindi con il giusto interesse il ricordo del ten. ing. Leo Handl, comandante della compagnia “Guide Alpine” e addetto all’organizzazione logistica sul ghiacciaio, il quale così si esprimeva: “Soltanto chi è vissuto lassù può comprendere i disagi della vita nel ghiaccio e nella neve e la lotta per sopravvivere contro le gigantesche forze della natura. Le nostre perdite giornaliere erano pesanti ed insopportabili: 48 pezzi italiani sparavano su questa postazione ed il ghiacciaio era per un largo raggio colorato in nero ed in giallo”. Qui gli avversari si contendevano la Forcella che, con le vicine postazioni austriache della “Ustellung”, sul Sass delle Undici formava una posizione chiave, sia per la difesa che per la conquista delle altre postazioni sul ghiacciaio”. Ancora ricordi: “Nell’autunno 1916 gli austriaci occupavano, nella spalla orientale della Forcella Vu, due grotte che poi presidiarono con 24 uomini. Queste comunicavano esternamente per mezzo di una scala scavata nella roccia della voragine della Forcella che, per circa 800 metri, precipita sul Pian di Ombretta. Dopo ripetuti e sanguinosi insuccessi per conquistarla, il 4 luglio 1917 gli italiani iniziavano lo scavo di una galleria che dalla quota 2945 sul Vallon Antermoia doveva sbucare alle spalle delle due grotte austriache; il 2 settembre, minato l’ultimo spessore di roccia, gli Arditi italiani penetrarono nella grotta superiore e dopo un’accanita lotta all’arma bianca, si impossessarono della caverna. Gli austriaci, valutando la loro posizione sulla Forcella seriamente compromessa, per neutralizzare il vantaggio del nemico progettarono di minare la grotta inferiore che peraltro dopo un attacco frontale con perdite da ambo le parti, gli italiani conquistarono definitivamente, costringendo il nemico a ritirarsi sulla spalla occidentale, con possibilità di difesa ed attacco molto ridotte: in una galleria scavata nello spessore del ghiaccio e collegata con la ‘Città del ghiaccio’ erano predisposte poche opere di difesa di primo intervento e la galleria d’attacco, che dal nord della spalla occidentale doveva sbucare sul suo lato orientale, nonostante l’impegno del ten. Julius Plaichinger (comandante della 4. Compagnia del decimo Battaglione pionieri – ndr.) e dei suoi uomini, non era ancora pronta. Gli italiani, intuita la strategia austriaca ed accertata foneticamente la posizione della galleria nemica, iniziarono lo scavo di un fornello di mina sotto la galleria di attacco austriaca, per farla saltare. Segue il richiamo alle relazioni ufficiali d’epoca con l’evolversi della situazione e siamo al 25 settembre quando il Comando del Reggimento granatieri ordinò di far saltare la galleria. Imprevista, purtroppo, la contromisura austriaca: l’esplosione di un fornello di mina sorprese i fanti italiani del 51, Reggimento, brigata Alpi col loro tenente Flavio Rosso, e come ebbe modo di scrivere il capitano Andreoletti: “… nella enorme massa di macerie trascinata da grande altezza furono sepolti una quindicina di uomini con il loro comandante Flavio Rosso da Novi Ligure, alla cui memoria venne poi decretata una medaglia d’argento”. Ecco l’elenco dei caduti nell’adempimento del dovere: caporale Garzone Clemente 52° Reg. Fanteria Plot. Arditi; soldato Delletto Antonio 52° Reg. Fanteria Plot. Arditi; soldato Donati Giacomo 52° Reg. Fanteria Plot. Arditi; soldato Pecchia Salvatore 52° Reg. Fanteria Plot. Arditi; soldato Trigiani Generoso 52° Reg. Fanteria Plot. Arditi; soldato Artese Virgilio 52° Reg. Fanteria Plot. Ardit;i soldato Giorgioni Giuseppe 52° Reg. Fanteria Plot. Arditi; soldato Verecchia Silvestro 5° Sez. Pistole Mitr. 52° Fant.; soldato Majone Francesco 5° Sez. Pistole Mitr. 52° Fant.; soldato Graziani Ferdinando 5° Sez. Pistole Mitr. 52° Fant.; tenente Rosso Flavio Plot. Alta Montagna 51° Fant.; soldato Sibilla Francesco Plot. Alta Montagna 51° Fant.; soldato Elia Pietro Sez. Lanciafiamma; soldato Merlini Andrea Sez. Lanciafiamma: soldato Negri Evaristo Sez. Lanciafiamma. Su questa vicenda – si legge nel libro di Bartoli-Fornaro-Rotasso – si inserì il ten. arch. Gianni Serra che con Rosso “Aveva diviso tutte le tiepidezze di una vita d’armi”; il 2 ottobre 1917 inviò una lettera alla famiglia Rosso “con una pietosa e deliberata bugia” in cui scriveva “ferito gravemente spirava”, e: “la sepoltura è degna del suo ricordo”. In seguito spedì ai Rosso una fotografia della ForcellaVu con una crocetta che intendeva indicare “la posizione posta là dove era la grotta dentro la quale il tenente Rosso si trovava al momento dell’esplosione della contromina, con questa dedica: “Alla memoria del ten. Flavio Rosso del 51. Fanteria morto nel giorni di sangue 27 settembre dell’anno di guerra 1917 a Forcella Vu nel massiccio del Marmolada dopo aver dato grande esempio di virtù e coraggio. L’amico suo, Gianni Serra, compagno e fratello, offre perché resti sempre il ricordo. Settembre dell’A.D. 1920”. Va precisato in proposito che il fratello di Rosso, Carlo, ha dichiarato che alla famiglia non fu mai precisato come Flavio morì , né dove fu sepolto. Anche per questo gli autori del libro concludono il capitolo scrivendo che: “E’ da sperare che riprendendo quanto prima i lavori per il recupero delle salme dei fanti, siano rese accessibili la galleria di attacco e la grotta del cannone. Insieme alle altre postazioni di guerra, già rese agibili, ciò completerebbe esaurientemente la visione di quella guerra combattuta sulla Marmolada”.
NELLE FOTO (sito italianinguerra.wordpress e riproduzioni dal libro “La città di ghiaccio”): il tenente Flavio Rosso; una pattuglia italiana fotografata dagli austriaci dal fondo della Forcella Vu; l’immagine che il tenente Serra inviò ai familiari di Rosso indicando con una crocetta il luogo dove Flavio fu sepolto; visione invernale del crestone di Serauta, della Forcella Vu e delle creste della parete sud; “finestre”della galleria Rosso scavate nella parete sud della Marmolada; grotte austriache collegate all’esterno da una scalinata sulla spalla orientale della Forcella Vu; la carta degli apprestamenti militari; la grotta del compressore nella “galleria Rosso”; veduta della quota 3065 dal Vallon Antermoia: si notano le grotte occupate dagli italiani, la freccia indica l’ingresso alla “Rosso”; il Vallon Antermoia nell’inverno 1916-17; fronte austriaco della Marmolada in una foto di Leo Handl (Stadtarchiv Innsbruck); grande caverna nella “galleria Rosso” poco prima della grotta austriaca inferiore; superamento di un crepaccio in una foto di Leo Handl (Stadtarchiv Innsbruck).