di RENATO BONA
Accostando ad esposizioni in cui i termini ed i dati tecnici son inevitabile, alcune immagini decisamente spettacolari, ci occupiamo oggi, sempre “guidati” dal libro “Impianti del Piave. Sistema nord-orientale” (stampato nel marzo del 1991 dalla Grafiche De Bastiani di Vittorio Veneto a cura della Direzione produzione e trasmissione, sede distaccata di Venezia dell’Enel) della Centrale di Gardona, di quella di Desedan, della Diga e serbatoio di Pieve di Cadore sul Piave, della Diga e bacino di Valle di Cadore sul Boite, del Sorpasso del Vajont, della Diga e bacino di Val Gallina, della Centrale di Soverzene “Achille Gaggia”. dello Sbarramento di Soverzene sul Piave, tutti in territorio bellunese. Entrata in servizio nel 1955, la centrale di Gardona è in una caverna a mezza costa sopra Castellavazzo, con sala macchine a quota 616,50. La condotta forzata in calcestruzzo è lunga 140 metri ed ha un diametro di due ed alimenta una “turbina Francis orizzontale, funzionante in contropressione, accoppiata ad un alternatore”. Nella pubblicazione viene precisato che “La tensione di generazione viene elevata a quella di linea da un trasformatore trifase installato in finestra all’imbocco della galleria di accesso alla centrale”. E che: “una valvola riduttrice di pressione, derivata sulla turbina assicura la connessione idraulica fra il serbatoio di Pontesei e la galleria principale dell’impianto, nel caso in cui la centrale di Gardona debba esser messa fuori servizio. La valvola è in grado di smaltire, sotto la caduta massima di 150 metri, una portata di 14 metri cubi al secondo”. Quanto alle opere di adduzione dalla centrale di Gardona all’impianto principale di Soverzene si specifica che il condotto di scarico misura 1.915 metri di cui 810 in calcestruzzo armato precompresso e in acciaio, del diametro di 2 metri, e 1.105 metri in galleria in parte armata con diametro di 2,75 metri. Il condotto è munito di pozzo piezometrico a valle della centrale e per l’attraversamento del Piave ha “un profilo a sifone, costituito da un pozzo inclinato in sponda destra, da un tratto orizzontale comprendente una tubazione metallica appoggiata su un punto della luce netta di 104 metri e da un secondo pozzo inclinato in sponda sinistra, alla cui estremità superiore è situato un altro pozzo piezometrico. Da questo punto prosegue orizzontalmente per altri 2.997 metri fino alla galleria Pieve-Val Gallina”. E siamo alla centrale di Desedan: l’utilizzo delle acque del torrente omonimo, nei pressi di Longarone, affluente di sinistra del Piave, è quello che “più risale nel tempo: la istanza di concessione è del 1916”. Due i gruppi di turbina Pelton-alternatore che sono entrati in funzione nel 1920. Questa centrale occupa con San Floriano Vecchia il 15. posto tra gli impianti idroelettrici più vecchi del Triveneto ancora in servizio. Tocca ora alla diga e serbatoio di Pieve di Cadore: situata sul Pian delle Ere, nelle vicinanze di Pieve, è del tipo ad arco-gravità (alta 55 metri, lunga al coronamento 410, corda in sommità 308) e “si sviluppa su un grande tavoliere roccioso in sinistra e su un tampone in calcestruzzo che chiude la parte più profonda della valle, in destra orografica; in corrispondenza al tampone l’altezza massima è di 112 metri, il volume totale di 337 mila metri cubi. A proposito della galleria derivatrice in pressione si può leggere che “si sviluppa in sinistra della valle del Piave dal serbatoio di Pieve al bacino di Val Gallina e costituisce la principale galleria dell’impianto con una lunghezza di 15 mila 772 metri ed un diametro di 4 metri e mezzo fino all’innesto della derivazione del Maè e di 4 metri e 70 a valle di questo per altri 345 metri, fino al serbatoio di Val Gallina. Diga e bacino di Valle di Cadore sul Boite: del tipo ad arco, con leggera curvatura anche nei piani radiali, è situata nella stretta di Pocroce presso Valle, è alta 61,25 metri ed ha uno sviluppo al coronamento di 37 metri e mezzo, con volume totale di 4.600 metri cubi. Il serbatoio di Valle di Cadore è unito alla galleria principale dell’impianto mediante una galleria derivatrice in pressione: misura 4.646 metri e presenta un diametro di 2,80; un ponte-tubo con luce di 48 metri porta una tubazione metallica del diametro di 2 metri e consente l’attraversamento del Piave a Perarolo. Tocca al capitolo intitolato “Il sorpasso del Vajont” dove si ricorda che “Lo schema di utilizzazione delle acque del Piave-Boite-Maè ha origine da un’idea sorta nel 1939-40, affinata e completata negli anni successivi”. Dall’ipotersi di schema iniziale sono derivate in serie altre soluzioni sempre rivolte al miglioramento dell’utilizzazione del sistema, fino alla soluzione “quale si presentava immediatamente prima del disastro del 1963, che prevedeva anche l’utilizzazione delle acque del torrente Vajont, la cui valle, poco a monte della confluenza nel fiume Piave, è stata sbarrata da una grande diga che formava un serbatoio a regolazione pluristagionale”. Il 9 ottobre 1963, come è tristemente noto, la catastrofe del Vajont con “una enorme frana, staccatasi dalle pendici del monte Toc, cadeva nel serbatoio del Vajont provocando la tracimazione della diga, con i conseguenti e ben noti disastrosi effetti”. Fra i quali, aggiungiamo noi, quasi duemila vittime! A seguito del tragico evento, “lo schema di derivazione è stato radicalmente trasformato: nell’identica posizione del precedente è stato infatti ricostruito il nuovo ponte tubo Vajont, che ha ridato continuità alla derivazione, in sostituzione del precedente asportato dall’onda causata dalla frana”. In prossimità del ponte tubo, nel timore di distacchi di materiale roccioso, si è poi realizzata una galleria nel materiale franato nel 1963, entro il serbatoio a monte diga, con funzioni sostitutive del ponte tubo esistente. Ci avviamo a conclusione soffermandoci brevemente sulla diga ed il bacino di Val Gallina: la struttura è a circa 3 chilometri dallo sbocco del Rio di Val Gallina nel Piave, è del tipo a volta a doppi curvatura, lunghezza massima di 92,40 metri, sviluppo al coronamento di 228, volume totale di 99 mila 100 metri cubi. Questo bacino ha “funzione soprattutto di regolazione giornaliera e settimanale per l’alimentazione della centrale di Soverzene, della quale costituisce in realtà una grande vasca di carico: in tal senso la sua presenza in vicinanza della centrale h consentito di ridurre la sezione della galleria a monte, dimensionata per la portata media anziché per quella di punta, e dei pozzi piezometrici, sottratti ad eccesive oscillazioni di livello per brusche variazioni di carico”. Due gallerie addutrici in pressione collegano il Val Gallina alla centrale di Soverzene; sono lunghe 2.550 metri ciascuna, diametro di 5 metri; un sistema di tubazioni by-pass consente il funzionamento dell’impianto a serbatoio escluso. E siamo così alla “Achille Gaggia”: la centrale di Soverzene, in esercizio dal 1950. E’ situata in caverna, poco a monte della vecchia presa degli impianti Piave-Santa Croce, con sala macchine a quota 398. E’ attrezzata con 4 gruppi turbina Francis-alternatore ad asse verticale da 60 MVA. In una sala in caverna, adiacente alla sala macchine – è scritto nel libro – sono sistemati 4 gruppi trasformatori; ciascuno dI questi è costituito da tre trasformatori monofasi di 21 MVA connessi a triangolo sul lato primario, mentre sul secondo possono essere connessi tanto a triangolo, per l’esercizio in parallelo sulla rete a 132 KV, quanto a stella (con neutro a terra) per l’esercizio in parallelo sulla rete a 220 KV”. I quattro pozzi piezometrici del diametro di 4 metri e mezzo sboccano superiormente in una camera d’espansione comune. Le condotte forzate, pure 4, sono in cemento armato precompresso, diametro di 2,55 metri, collocate a due a due in due pozzi sub-verticali e annegate nel calcestruzzo. La lunghezza di ciascuna condotta è di 225 metri, di cui 160,50 spettano alla parte in calcestruzzo ed il resto a raccordi metallici alle due estremità. I canali di scarico delle 4 turbine, inizialmente fra loro separati, confluiscono a pettine in unica galleria di scarico, a pelo libero, lunga 715 metri e del diametro di 6,40. La galleria stessa può essere collegata per mezzo di apposite paratoie, sia al canale derivatore che collega il Piave al lago di Santa Croce, sia al Piave stesso a valle dell’imbocco del canale accennato. La stazione di smistamento all’aperto è collegata alle uscite dei trasformatori per mezzo di cavi unipolari a 220 KV, in olio fluido, della lunghezza di circa 480 metri ciascuno.
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro “Impianti del Piave. Sistema nord-orientale): Il fabbricato della centrale di Gardona; l’interno dell’impianto; il condotto di scarico di Gardona; l’edificio che ospita la centrale di Desedan; l’interno; la diga di Pieve di Cadore; diga di Valle di Cadore; il ponte-tubo per l’attraversamento del Piave; spettacolare immagine della diga del Vajont; la diga di Val Gallina; panoramica della centrale di Soverzene; due interni dell’impianto.