di RENATO BONA
Concludiamo con questo servizio la rassegna degli “Impianti del Piave. Sistema nord-orientale” (che è il titolo del libro che Grafiche De Bastiani di Vittorio Veneto ha stampato nel marzo di 30 anni fa per la Direzione produzione e trasmissione dell’Enel, sede distaccata di Venezia). Partiamo con lo Sbarramento di Soverzene dove la derivazione del Piave “è costituita principalmente delle acque di scarico della centrale, con ulteriore apporto delle portate residue del Piave (una parte è lasciata defluire nell’alveo naturale per diritti di concessione)l agli impianti Piave-Santa Croce. La captazione è assicurata grazie ad una grande traversa di tipo fluviale, in parte mobile, in parte tracimabile e in parte insommergibile, in esercizio dal 1929; fino all’attivazione di Soverzene, la traversa doveva derivare la maggior parte dei deflussi naturali del fiume. Va detto che “Un canale derivatore inizialmente costituito da due gallerie parallele, quindi da un’unica condotta all’aperto, in calcestruzzo, e infine da un canale della lunghezza complessiva di 11 chilometri e portata massima di 88 metri cubi al secondo, adduce le acque al lago di Santa Croce”. Diga in terra e lago di Santa Croce: col proposito di ampliare il lago naturale di Santa Croce, nel 1926-29 è stata realizzata una diga in terra che sbarra sul lato nord la valle dell’emissario Rai; ha un’altezza massima di 10 metri e mezzo, sviluppo al coronamento di 1.975 metri e volume di 350 mila metri cubi; è costituita da due grandi tronchi rettilinei e due minori raccordati con curve a grande raggio. Impianti di Fadalto e Nove: nel libro si legge fra l’altro: “il primitivo schema di impianti, in esercizio dal 1914, prevedeva unicamente l’utilizzazione delle acque provenienti dal bacino imbrifero del lago di Santa Croce, che è di soli 136 chilometri quadrati. Nel 1929 l’intero bacino imbrifero superiore del Piave, per una estensione di 1.690 chilometri veniva allacciato al lago di Santa Croce a mezzo di uno sbarramento sul fiume presso Soverzene e di un canale di collegamento con il lago, il quale veniva opportunamente sistemato a serbatoio”. Dando il via all’attuale utilizzazione azionando le centrali di Fadalto, Nove, San Floriano, Castelletto, Caneva e Livenza “disposte a cascata lungo un percorso più breve di quello naturale del fiume”. Comprende anche i bacini naturali di lago Morto, del Restello e del lago Negrisiola, “adatti a bacini di regolazione con opere di modesta entità. La portata prelevata allo sbarramento di Soverzene viene in parte restituita al Piave a quota 75,20 tramite il canale irriguo Castelletto-Nervesa ed in parte scaricata nel fiume Livenza, a sud di Sacile, a quota 13 metri”. Viene precisato che “I nuovi impianti (rinnovamento iniziato nel 1967 – ndr.) di Fadalto e Nove sfruttano la possibilità di concentrazione delle portate offerta dal serbatoio di Santa Croce e del lago Morto, anche grazie alla installazione di pompe nella centrale di Fadalto… che assicura, durante il periodo invernale, il normale esercizio di punta”. Ancora: “Il raddoppio delle gallerie di derivazione ed il rifacimento di tutte le altre opere e del macchinario, ha consentito di incrementare il valore massimo della portata utilizzabile da 80 250 metri cubi secondo a Fadalto e da 65 a 80 a Nove… e la producibilità complessiva è aumentata da 624 a 726 GWh per il migliore rendimento del nuovo macchinario idraulico ed elettrico”. Per quanto riguarda l’impianto di Fadalto ed altri, nell’impossibilità, per ragioni di spazio, di proporre integralmente quanto si può leggere nel libro, ci limitiamo a ricordare che le opere di presa, situate sulla sponda occidentale del serbatoio, sono costituite da un imbocco suddiviso in quattro luci larghe 5 metri e 70, munite di griglia fissa, con soglia a quota 335,35, luci che “alimentano due gallerie che si raccordano con quella di derivazione. La paratoia a strisciamento di monte ha funzione di tenuta mentre quella a valle, a ruote, di intercettazione di sicurezza sia automatica che su comando a distanza”. Importante precisare che “la centrale in caverna è l’opera di maggior impegno dell’impianto sia per le dimensioni, che hanno comportato uno scavo di 80 mila metri cubi di roccia, sia per la complessità delle strutture realizzate. Nella centrale sono installati due gruppi ternari ad asse verticale pompa, turbina Francis, alternatore-motore in grado di sviluppare una potenza massima di 120 MW ciascuno”. Va aggiunto che gli scarichi delle turbine e le alimentazioni delle pompe sono stati realizzati per ciascun gruppo con opere distinte fino allo sbocco di un unico canale all’aperto, di sezione trapezia. Il fabbricato comandi della centrale è sullo stesso piazzale della stazione elettrica. Centrale di Nove Vecchia: in esercizio dal 1915, con una portata massima utilizzabile di 16 metri cubi secondo, è stata demolita nel 1970. Nove Nuova è invece in esercizio dal 1925 e dal 1971funziona di riserva al nuovo impianto costruito in quegli anni, dimensionato per una portata massima di 80 metri cubi secondo. Alla galleria in pressione del vecchio impianto ne è stata affiancata una a sezione circolare lunga 3.484,85 metri e del diametro di 4,90, che si unisce all’altra alla base del nuovo pozzo piezometrico. La centrale è in caverna (volume di scavo di 22 mila metri cubi). Ed è equipaggiata con un gruppo ad asse verticale turbina Francis alternatore in grado di sviluppare una potenza massima di 65 MW. Centrali di San Floriano: il laghetto del Restello, ottenuto mediante sbarramento della gola rocciosa del torrente Battirame a San Floriano, riceve le acque di scarico delle centrali di Nove e con queste alimenta le sottostanti centrali. San Floriano è entrata in servizio nel 1923 ed è “situata in fregio al laghetto di Negrisiola, con sala macchine a quota 166,85. E’ alimentata da una galleria in pressione della lunghezza di 375 metri. La centrale di Castelletto: è in esercizio dal 1923, situata all’esterno presso Cappella Maggiore, con sala macchine a quota 98, con due gruppi turbine. La vecchia centrale è stata ampliata utilizzando una portata di 25 metri cubi secondo derivata dal partitore del Carron, un salto di 60 metri. La Castelletto II è in servizio dal 1962. La centrale di Caneva: allo sbocco del canale di scarico le acque vengono riprese mediante sbarramento sul Meschio ed addotte alla centrale del Livenza attraverso un canale lungo 395 metri e successiva condotta forzata in calcestruzzo armato della lunghezza di 4.565 metri e con diametro di 3,80. In esercizio dal 1930 e situata all’esterno presso Covolano di Sacile con sala macchine alla quota 21,55. Importante: “Le acque sono scaricate nel Livenza a quota 13,50 mediante un canale della lunghezza di 70 metri, con obbligo di fornitura per uso irriguo al Consorzio di bonifica Brian. Ha così termine la utilizzazione del Piave ad opera degli impianti del sistema nord-orientale”. E concludiamo con il posto di teleconduzione di Polpet di Ponte nelle Alpi dal quale saranno telecondotti con apparecchiature computerizzate tutti gli impianti idroelettrici del sistema di cui ci siamo occupati. Viene sottolineato che “La soluzione del telecomando tipo ‘da punto a punto’ valida per il passato, non risulta più compatibile con lo sviluppo del sistema elettrico dell’Enel, né consente di conseguire a pieno gli obiettivi di sicurezza, che il nuovo sistema del controllo della produzione e trasmissione (Scpt) è in grado di realizzare. Il Posto di teleconduzione è stato concepito per costituire il terzo livello gerarchico dello “Scpt”, dopo il Centro nazionale di controllo e i Ripartitori di controllo del carico.
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro “Impianti del Piave. Sistema nord-orientale”): due panoramiche della derivazione Piave-Santa Croce; il lago di Santa Croce in territorio di Farra d’Alpago; la centrale di Fadalto; tre scorci interni della centrale; le centrali di Nove; interni dell’impianto; quelle di San Floriano; panoramica di San Floriano con la sua impiantistica; panoramica ed interno della centrale di Castelletto; canale Castelletto-Nervesa; due panoramiche delle centrali di Caneva; esterno ed interno di quella del Livenza; il posto di teleconduzione di Polpet di Ponte nelle Alpi.