di Renato Bona
Seconda tappa, stavolta a Casera-Castei, dopo quella riservata ad Angoletta e Canop, del nostro “viaggio” attraverso le frazioni e località (trentotto in tutto) del comune di Rivamonte Agordino, in provincia di Belluno, propiziato dallo splendido libro “Una finestra su Riva” edito nel 2013 ad iniziativa del locale Club Unesco guidato da Giuliano Laveder, per i tipi della tipografia Castaldi di Agordo. Uno dei due personaggi che hanno curato la presentazione del lavoro (Emilia Sommariva si è occupata del coordinamento didascalico) è stato il giornalista Rai Sergio Tazzer, originario proprio di Rivamonte Agordino (l’altra, è la presidentessa emerita della Federazione italiana Club Unesco e componente del consiglio esecutivo della Federazione mondiale dei Club e Centri Unesco, Marialuisa Stringa). Tazzer (laureato in scienze della comunicazione, all’inizio degli anni settanta è stato borsista all’istituto di giornalismo dell’università di Varsavia; giornalista, è stato direttore della sede regionale Rai del Veneto, capo della redazione giornalistica per il Trentino, responsabile dell’agenzia nazionale della Tgr a Roma, sempre in Rai; ha fondato nel 1995, curato e condotto fino al luglio 2011 il settimanale radiofonico mitteleuropeo “Est Ovest”. È medaglia “Jan Masaryk” del ministero degli Esteri della Repubblica Ceca; membro onorario della Spoločnosť Milana Rastislava Štefánika, di Brezová pod Bradlom (SK); accademico ordinario dell’Accademia italiana della Vite e del Vino; socio ordinario e membro del direttivo dell’Ateneo di Treviso, come si apprende dalla libera enciclopedia Wikipedia – ndr.) ha scritto fra l’altro che “La fotografia sin dagli inizi ha voluto documentare la realtà con i suoi valori umani, il paesaggio, le figure, in posa o in azione, quello che si dice ‘il sociale’” ed ha opportunamente citato a poco tempo dalla sua scomparsa il bellunese Mario De Biasi, uno dei maestri della fotografia, “emigrato anch’egli in cerca di fortuna come molti ‘rivanèi’ del passato” che “fu un professionista dalle tante sfaccettature, polivalente come la fotografia stessa: reporter di guerra, di cronaca quotidiana, ritrattista di celebrità e di gente comune, documentarista di grandi e piccole cose. Proprio come la quotidianità mostrata in queste pagine, la conoscenza e la non conoscenza, l’essenza cioè della fotografia, stando alla definizione di ZdenkoFeydar”. Il mio caro amico e collega Tazzer evidenzia quindi che “Il fotografo, sia esso professionista o dilettante, alla fine non sa mai cosa sortirà dallo scatto. Lo può immaginare, ma non possiede la certezza matematica dell’esito finale. L’imponderabile c’è sempre: luce, ombra, movimento.. Che poi la fotografia, se vogliamo, in definitiva è la scrittura di chi non sa (o non vuole) scrivere. E’ dunque arte popolare, documentazione democratica, nel senso che basta poco (una macchina fotografica e qualche soldo per stampare e far stampare le foto) a dare il senso di un momento, di tanti momenti della vita. Che poi la vita sia quella che sia, poco importa. Importa che resti il ricordo, la testimonianza di ciò che si è voluto far vedere”. E veniamo a Riva “che di storia ne ha molta, in gran parte ancora da scrivere, i momenti sono quelli di un corteo fra la neve, di famiglie sorridenti, di case, di montagna, di boschi. E’ ciò che tramanda una comunità, è quanto questo libro propone non solo ai ‘rivanèi’ d’oggi, ma a tutti coloro che credono opportuno ed utile avvicinarsi in punta di piedi (l’atteggiamento migliore) a secoli di storia, ricca di esperienze che hanno valicato il profilo dei monti che circondano Rivamonte Agordino, che vanno lontano, in terre distanti in quanto a lingua e costumi, che poi sono l’Europa, che qui è di casa dal XV secolo e ancora da prima”. Questa la conclusione del giornalista: “Nei volti delle persone che appaiono c’è appunto il lampo della storia, ci sono fatiche, leggende, successi, delusioni, desideri, voglia di vivere. In questi volti tanti non più ‘rivanèi’ ma discendenti, scorgeranno un po’ di se stessi,. E’ questo l’invito che giunge da questo libro. Rivamonte, Riva, ancora una volta precede”.
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro “Una finestra su Riva): il giornalista Sergio Tazzer, originario di Rivamonte; Anni ’50: gruppo di abitanti di Casera, da sinistra in prima fila: Gianprimo Casera, Piero Gnech (Gal), Giovanni Casera, Abele Gnech (Gal), Gio Batta Mattarel (Fodàto), Emilio Schena, Pieretto Casera, in seconda fila: Erminia Casera, Amalia Casera, Rita Casera, Bortolo Casera, Bortolina Casera, Silvano Casera, in terza fila: Amabile Casera, moglie Gianni Gianetti, Giuseppe Casera, Lucia Casera, in ultima fila: Giovanni Casera, Giovanni Casera (Gèla), Domenica Casera, Giovanni Conedera (Gianni Anna); primi anni ’60: Erminia Casera; alla fontana-lavatoio da sinistra: Silvano Casera della Bia, Pieretto Casera e Ida Gnech, come da usanza si stendevano i panni appena lavati per sgocciolare vicino al lavatoio che risale al 1912 e negli anni ’40 era in ottimo stato; sullo sfondo la casa dei Gela a fine anni ’50, da sinistra, seduti: Maria Rosson, Emilia Rosson, Margherita Rosson, Giovanni Casera (Gela), Battista Bettega di Genova, in piedi:signora di Carmagnola, Amabile Colombo in Casera, Ida Gnech e Piero Conedera; ancora Casera: 1939, le “Bastille” Maria e Vincenza Casera con la figlia adottiva Maria Rosa; anni ’70, da sinistra: Maria Lucia Fadigà, Caterina Benvenuta Fadigà (Pòpa Tito), Rina Gnech, Maria Teresa Schena e Ida Gnech; nel 1959 iniziano i lavori della nuova strada che collega la frazione al paese: saranno necessari sei cantieri e 12 milioni di vecchie lire per collegare la frazione alta con il resto del paese; costruzione della casa di Pietro e Ida Gioia, i lavori iniziati nel 1952 terminarono nel 1957, sulla destra l’auto di Mario “meccanico”; da sinistra: Giovanni Casera (Gela),Casimiro Casera e Domenico Casera per quattro chiacchiere in compagnia; 1901:Orsola Angoletta (Ninéta) con la figlia Serafina Casera (madre di Nella Gnech); Casera anni ’50: famiglia di Primo Casera e Amalia Laveder; siamo a Castei, fine ‘800: da Agordo a Belluno lungo la riva dei Castei in messaggeria dato che la ferrovia non era ancora stata costruita, solo nel 1922 iniziarono i lavori che terminarono il 15 gennaio 1925 con la cerimonia di inaugurazione della linea Sedico-Bribano-Agordo; Giovanna Brancaleone e Giovanni Andriollo (classe 1880) che abitarono per un periodo al forte prima di spostarsi nella casa cantoniera che fu costruita negli anni ’30; sempre Castei, anni ’40: tagliata Sasso di San Martino dove nel 1944 abitavano due famiglie di dieci persone (foto Burloni).