LONGARONE Ha percorso gli ultimi 100 metri di corsa, come d’ordinanza. Con la commozione negli occhi per essere tornato là dove sessant’anni fa aveva visto solo distruzione e dolore. Benito Pochesci, oggi 88enne generale, era un giovane capitano dei bersaglieri il 9 ottobre 1963. Fu il primo a giungere sui luoghi del disastro dopo la sciagura del Vajont. E al suo superiore che qualche ora – nel cuore della notte – dopo gli chiese dove fosse Longarone, rispose: “Sotto i suoi piedi”. Lo ha ricordato oggi, con il cuore gonfio di cordoglio, nel raduno interregionale dei bersaglieri, a Longarone. Lo ha ricordato dopo aver seguito tutta la cerimonia e aver percorso in corteo il centro città, insieme a un migliaio di commilitoni. Il raduno si è aperto nei giorni scorsi, e ha portato a Longarone il primo campo addestramento dei gruppi di Protezione Civile dei bersaglieri, una novità assoluta nelle file delle tute fluo, dato che i nuclei sono di fresca costituzione. Oggi ha vissuto un momento di ricordo delle vittime del Vajont al Cimitero Monumentale di Fortogna, prima di spostarsi in zona fiera, dove scanditi dalle note delle fanfare sono stati ricordati i 200 bersaglieri attivi nei soccorsi dell’ottobre 1936, e dove è giunta la Staffetta Cremisi della Solidarietà, che era partita da Vajont e ha toccato tutte le località colpite dalla tragedia del 9 ottobre. «Come ho detto al presidente Mattarella, il Vajont ha mostrato la parte peggiore e insieme la parte migliore dell’uomo. Voi bersaglieri, nel novero dei soccorritori, siete la parte migliore» ha detto il sindaco di Longarone Roberto Padrin. «Persone straordinarie, giovani che nel 1963 sono state catapultate nel disastro, in una scena che mai avreste voluto vedere. Longarone ha dedicato ai soccorritori un viale e a me piace pensare che quella solidarietà e quei gesti di eroismo messi in campo qui sessant’anni fa oggi proseguono nel percorso di Protezione Civile che proprio i bersaglieri hanno voluto iniziare a Longarone». Il campo di addestramento ha occupato una trentina di giovani volontari per tutto il fine settimana, in simulazioni di attività di ricerca e recupero persone, di gestione di emergenze e molto altro, coordinati dai nuclei di recente costituzione dei bersaglieri. «Il Vajont è stato uno dei momenti storici in cui affonda le sue radici la nascita della Protezione Civile» ha detto l’assessore regionale Gianpaolo Bottacin, intervenuto alla cerimonia. «Gli altri sono il terremoto del Friuli, il sisma in Irpinia e la morte di Alfredo Rampi. Oggi la Protezione Civile è un sistema che ci viene invidiato in tutto il mondo, non solo perché sa gestire le emergenze, ma perché trasmette valori e regole di convivenza civile». «Abbiamo scelto Longarone nel sessantesimo del Vajont per l’avvio della nostra Protezione Civile, perché qui oggi c’è un modello da imitare nella gestione delle emergenze» ha aggiunto Nunzio Paolucci, vice presidente nazionale dei bersaglieri nel visitare il campo di addestramento. «Vogliamo fare sistema e nel giro di dieci anni costituire una colonna mobile che ci consenta di coordinare la nostra presenza sui territori». Nel corso della cerimonia, la Fondazione Vajont ha donato due defibrillatori all’Associazione nazionale bersaglieri. Ed è stato consegnato un attestato di benemerenza alla memoria del bersagliere di Longarone Sergio Coletti, internato in Germania e volontario di libertà, scomparso il 9 ottobre 1963 e mai più ritrovato. La pergamena è stata ritirata dalla figlia Micaela, sopravvissuta del Vajont.
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