di RENATO BONA
BELLUNO Un’annata decisamente florida, il 1989, per la stampa di volumi su persone, storie, situazioni, paesi della provincia di Belluno. Se ne ha una conferma anche dall’iniziativa dell’Editrice libreria Pilotto di Feltre che nel dicembre dell’anno accennato dava alle stampe con il contributo della Cassa di risparmio di Verona, Vicenza, Belluno ed Ancona e per i tipi della Grafiche Longaronesi, il libro (in sovracopertina il disegno di Ornella Fiabane; fotografie di: Adriano Alpago Novello, Marino Baldin, Sergio Pivetta, Anna Tazzara, Dario Tonet, Claudia Trevissoi e Mauro Vedana): “I castelli del Bellunese”. Fu opera di Bruno Fontana (architetto, docente, funzionario tecnico del Comune di Mel) e Dario Dall’Olio (artista, scrittore, collaboratore di giornali ed emittenti varie), che si sono avvalsi delle preziose collaborazioni dei dottori: Luisa Alpago Novello, ispettrice onoraria della Sovrintendenza ai beni archeologici della Lombardia; Enrico Perego, presidente dell’Ordine degli architetti di Belluno; Mauro Vedana, tecnico della Commissione Beni ambientali e collaboratore dell’Istituto italiano dei Castelli; Marino Baldin, funzionario della Sovrintendenza ai beni architettonici ed ambientali di Venezia; Mirco Minella, libero professionista e presidente del Gruppo Minella ingegneria; Eldo Candeago, consulente dell’Amministrazione provinciale bellunese. Furono utti relatori nel convegno sul tema dei Castelli bellunesi che si era svolto nel Palazzo delle Contesse di Mel a cura della Comunità montana bellunese, col patrocinio della Regione Veneto e della Provincia di Belluno e la tangibile partecipazione anche di aziende private. Ma quali sono questi Castelli? Partiamo da quello di Zumelle (sul quale aveva relazionato nel convegno Luisa Alpago Novello): “miracolosamente conservatoci nei successivi domini romani, gotici, bizantini, longobardi, di varie signorie medievali, teatro di leggendarie imprese, muto testimone di epici fatti e di umili eventi nel corso di due millenni” come affermava l’allora assessore alla cultura della Comunità montana Bellunese, Luigino Boito”. Il quale aggiungeva: “… vivi ancora nel nome malgrado l’usura degli eventi e del tempo, Castelvint e Casteldart; certamente abitato il primo, per eloquenti testimonianze archeologiche, da Bizantini e Longobardi. Distrutto il secondo nel 1193 per gli eventi bellici che ispirarono ad un anonimo Trovatore gli endecasillabi del ‘Ritmo Bellunese’, agli albori della letteratura italiana. Ecco infine, sul Colle di Sant’Anna, a Castion di Belluno, il castello che dominava la Valle ad est, i cui ruderi sono fortuitamente venuti alla luce pochi anni or sono”. Boito concludeva così: “Né dobbiamo dimenticare il medievale castello di Belluno, che ci appare imponente nelle raffigurazioni rinascimentali e di cui ci rimane esile traccia, il volto dei sotterranei che fiancheggia il palazzo delle Poste nel capoluogo…”. Poi il Castello di Feltre (relatore Enrico Perego): “… aveva quattro torri angolari, l’unica che ci resta è quella che sovrasta la piazza Maggiore ed è detta Torre dell’orologio. La rocca era l’apice di tutto il sistema difensivo intorno alla città costituito dalla cinta muraria con le tre porte principali e le piccole Torri a difesa dei punti più vulnerabili…”. Richiamava quindi gli altri castelli del Feltrino: quello del Misso, vicino al fiume dello stesso nome, della famiglia Rainona e poi della da Camino; il San Martino della famiglia Bellati, vicino al precedente; quello di Paderno e poi quello di Cergnajo; ancora: castello di Marsiajo dei Corte, di Bivajo dei Teupona, di Anzaveno sopra la riva del torrente Salmenica degli Anzavena; quello di Cesiomaggiore della famiglia Cesio poi detta Muffona, quello di Cesiominore; il Tussujo posseduto dai Bovia; ce n’è ancora: il castello di Caliolo, quello di Puliro dei Bellencino, poi il castello di Soranceno che fu della famiglia Grina; Arsomo dei Facini, di Laseno, di Lusa, di Grumo, di Casazza, di Pezzolo, di Nemeggio, di Celarda, di Cesana, di Castelcucco, di Lusena, di Pedavena dei Bovia, di Tornabulo, di Carpene, di Coste, di Altorre, di Mugnajo, di Arteno, di Encino, di Fomzasio, quello della Rocca di Arsedo, di san Donato di Lamone, di Servo dei Fallero, di San Vittore sopra il Miesna, quello della Chiusa, di Valvarosna, quello del Covolo, della Scala). Tocca a quello di Belluno (Mauro Vedana: “La prima notizia certa sulle mura è riferita alla cinta costruita attorno al 980 dal vescovo Giovanni Tassina: “fece fortificare la cittade circondandola di muraglie e fosse; operò che gli cittadini… fabbricassero torri di molta altezza… (G. Piloni). Vediamo dalla ricostruzione che sul lato nord, a destra e a sinistra, ci sono due elementi chiusi, due castelli. Il lato debole (con assenza di barriere naturali) è appunto questo e a ciò viene sopperito con la costruzione di due castelli: uno all’estremità nord-ovest (detto il Castello) ed uno a quella nord-est (detto il Doglione). Tra i due una spessa muraglia, con torri ravvicinate ad un antistante fossato garantiscono la difesa della città”…). Infine il castello di Andraz (Marino Baldin: “Il castello di Andraz sorge in uno sperone roccioso in posizione dominante la vallata, luogo strategico per il controllo delle vie provenienti da sud, da Marebbe attraverso Valparola e Pralongià, da Ampezazo attraverso la sella di Falzarego. Da tale posizione e3ra possibile traguardare la Rocca di Pietore, a sua volta collegata visivamente ad altre fortificazioni (Avoscan, Selva di Cadore) che permettevano il totale controllo della strada che salendo da Agordo attraversava l’area dolomitica per giungere in Pusteria… Certamente il castello fu in età medievale un importante baluardo strategico-militare e, soprattutto dopo il ‘500, fu utilizzato per garantire gli interessi economici del Vescovo messi in pericolo dalla politica espansionistica di Venezia alla ricerca di nuovi sbocchi nell’entroterra veneto. La zona dolomitica era infatti notevolmente appetibile data la presenza di materie prime essenziali quali i legnami da costruzione e da ardere e per l’attività estrattiva…”).
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro di Bruno Fontana e Dario Dall’Olio): la copertina della pubblicazione; disegno di Alberto Alpago Novello del Castello di Zumelle; scorcio del castello dall’antico mulino; Castel Lusa a Villabruna di Feltre; il Torrione di Belluno ora della famiglia Tison; Feltre: castello di Alboino; Porta Rugo in Cividal di Belluno 1390 in una ricostruzione di V. Doglioni pubblicata nel 1969; veduta generale di Andraz; in evidenza la cinta esterna del castello; in un’antica carta la zona di influenza del castello di Andraz.