CESIOMAGGIORE Nell’agosto del 1972 il sacerdote Bruno Bersaglio, nato nelle bellunese Salce il 28 marzo 1914 e morto il 18 agosto 2010 a “Casa Kolbe” di Pedavena dove era ospite da tempo, dava alle stampe (Tipografia Piave di Belluno, clichés zincografia Tridentum di Trento) il libro “I castelli e le ville di Cesio”, una novantina di pagine con preziosi cenni storici, topografici ed artistici del paese della pedemontana bellunese. Nella prefazione l’autore ricordava di essere stato cooperatore a Cesio Maggiore, accanto all’arciprete don Vittorio Poli e “là – mentre mi invaghiva questa bellissima plaga volta verso la vallata del Piave e l’opposta catena dei monti, e così ricca di Ville e di antichi reperti – mi animava l’affetto che la sua gente semplice e buona mi dimostrava e mi serba ancora”; precisava quindi che: “A questa terra, che amo, potei poi ritornare, e lo fu lo scorso anno, con la mia destinazione a Pullir, in qualità di cappellano in quest’Ospedale”. Fu sotto la spinta di un “fervido affetto e di care memorie” – sottolineava – che qui ebbi il tempo e la voglia di impugnare la penna per descrivere Cesio, e propriamente le vicende storiche dei suoi antichi Castelli e delle sue Ville; e – dopo molte ricerche e consultazioni, e tante ore spese a tavolino – sono finalmente in grado di presentare al pubblico questo mio piccolo libro, che spero riesca gradito ai suoi lettori. Questa la sua conclusione con la quale – era il l. luglio 1972 – don Bersaglio rendeva omaggio al suo mentore don Antonio Vecellio: “Parrà forse esagerata a certuni la frequente inserzione in questo volume di brani poetici del feltrino don Antonio Vecellio. Preciso subito che i brani inseriti del suo poema ‘L’Asone’. Il cui manoscritto mi fu gentilmente prestato dal Civico Museo di Feltre, oltre che ingentilire il mio modesto ed arduo lavoro e mentre sublimano sul piano topografico, storico e artistico il Comune di Cesio, acquistano pure un singolare valore pel motivo che il suddetto poema – fatta eccezione di pochi tratti pubblicati dal poeta il secolo scorso nel suo periodico ‘Il Tomitano’ – fu e rimane tuttora inedito, con la conseguenza che le parti da me riportate in questo libro sarebbero facilmente rimaste a lungo tempo ignote”. Richiamate le antiche origini di Cesio, l’autore riandava alla Via Claudia parlando della quale, così come di tutte le vie militari di Roma imperiale, “è ovvio pensare ai Castelli, o fortezze, posti di tappa in tappa sui punti più elevati e strategici, a guardia della via sottostante e a protezione e difesa delle milizie romane”. Uno di quei Castelli – insisteva – era quello di Cesio e non è esagerato asserire che sorgesse ai tempi dell’imperatore Tiberio Claudio quando consolidò la gran via militare che Druso, suo padre, aveva tracciato da Altino al Danubio”. Una puntualizzazione di Bersaglio: “Questa torre esisteva ancora nel 1623, poiché in quel tempo Daniello Tomitano così descriveva: ‘Nella villa di Cesio Maggiore si trova una torre molto grande ed alta con le vestigia delle muraglie attorno di quella, che formavano un forte et bon Castello, la quale era della famiglia Muffona’”. Ancora don Bruno: “Quel Castelli, di cui anche oggi si vedono i ruderi presso l’attuale palazzo Buzzatti, fu davvero per secoli baluardo di sicura difesa e ne uscirono eroi che resero grande il nome di Cesio”. Nel capitolo “A dominio di valle” si può leggere che “Sulla valle Canzoi, solcata dal torrente Caorame, dominava ai tempi di Roma pagana un Castello e più in alto ancora una torre di guardia. Il Castello che, deformato, esiste ancora in Cullogne, a poca distanza dalla sottostante chiesetta di San Salvatore e dalla ex Villa Zanettini”, oggi alquanto mutata, presenta una scala rustica a pietre e un’apertura d’ingresso ai vani superiori, che fino a tempo recente conservava la sua forma ad arco romanico, mentre al pianterreno si denota l’arco di un’antica porta, ora murata – che immetteva ai locali inferiori, e si apriva a sud una finestra ad arco, sostituita recentemente da altra apertura. Secondo la tradizione locale, si trattava di un posto di ‘muta’ o cambio di guardia, per soldati del presidio romano, stanziati nei pressi della Via Clauidia che – provenendo da Cesio – filava dritta presso Cullogne verso il fondo valle”. Non manca un accenno al Castello di “Toco” che in una bolla di Papa Lucio III del 1184 “conferma le possessioni che il Vescovo di Feltre godeva oltre il fiume Cautano, probabilmente il Caorame, e tra queste specifica il ‘Castello di Toco’ senza darci altra precisazione”. Concludiamo (riservandoci di tornare sul libro per soffermarci, dopo i Castelli, sulle Ville di Cesio – ndr.) col capitolo: “Flàmina e il Castello de’Rambaldoni” da cui si apprende che “La ‘villa’ di ‘Flàmina’ o Fianema come ora si chiama, poggiava attorno ad un Castello di cui non rimane alcuna traccia che ne precisi la sua ubicazione. Quel Castello e quel gruppo di case feudali dovevano fornire di certo un piacevole ed impressionante aspetto e tra l’altro si vàluta lo stupendo scenario dei poggi vicini, degradanti verso il ‘Cavrame’. In proposito Bersaglio citava il poeta Vecellio che “ha certamente, e più volte, mirato quei verdi declivi, sia da vicino quando si recava a Menin, alla Villa dei de’ Mezzzan, come da lontano, quando sostava alla Villa delle Centenere; e proprio di là, guardando a settentrione, la sua fervida mente sognava la vecchia ‘Flàmina’ e il suo vetusto Castello che poi descrisse nel suo poema…”.
NELLE FOTO (tutte riproduzioni delle immagini di G. Biesuz di Soranzen, dal libro di don Bruno Bersaglio “I Castelli e le Ville di Cesio”): copertina della pubblicazione; l’autore don Bruno Bersaglio (foto Luigina Tavi sul sito quatrociacoe); “Vecellio: …dolce è l’occhio posar sovra la molle falda ove Cesio si dispiega”; il cippo militare della Via Claudia rinvenuto nel 1785 nella chiesa parrocchiale di Cesio e che si conserva nella Villa delle Centenere; Soranzen e l’imponente visione dei monti allo sbocco della Val Canzoi; il palazzo Buzzatti sorto dove dominava il Castello “Muffoni”; il Castello di Cullogne già posto di “muta” pei militi romani nei pressi della Via Claudia; secondo tradizione, sul luogo ove sorgono le mura di una vecchia chiesa, detta “della Madonnetta” e ora dissacrata, si ergeva nel Medio Evo il Castello dei Grino; Fianema: qui sorgeva l’antico Castello dei de’ Rambaldoni; Salgarda: la passerella a corde metalliche, che sta di fronte alla chiesetta di S. Andrea, rievoca il vecchio ponte di pietra col Castello della Salgarda”; il Colle di “Tussujo”: appaiono l’oratorio di San Bartolomeo e la dimora Tarabini che domina ove sorgeva nel Medio Evo il Castello “dei Cano”; Marsiai: ciò che rimane del medievale Castello “dei Corte”.