di RENATO BONA
La padovana Simonetta Bonomi, ora Soprintendente archeologia, belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia (da poco riconfermata per tre anni nel suo incarico nel Ministero della Cultura, dove rimarrà fino al 2023 anno del collocamento a riposo) ha curato con la competenza e la passione che le sono riconosciuti, il capitolo “Nuovi dati archeologici su Belluno” del libro “Immagini dal tempo” realizzato dal Comune di Belluno, sindaco Giaclaudio Bressa, nel luglio 1992 con la trevigiana Grafiche Antiga di Cornuda, dopo la mostra di Palazzo Crepadona dal 28 agosto al 26 ottobre di trent’anni fa. Bonomi esordiva richiamando il fatto che “Fino a pochi anni fa le conoscenze sull’antico ‘municipium’ di Belluno si limitavano a sporadici rinvenimenti di cui sono principalmente da citare il sarcofago di Flavio Ostilio Sertoriano, il mosaico di via san Lucano, il lungo muro sotto il Palazzo della Crepadona, i monumenti reimpiegati nelle mura medievali a Porta Dante, i resti di acquedotto in piazza Duomo, le poche tombe rinvenute nella zona a ridosso di piazza dei Martiri. La città romana rimaneva quindi un quadro dai contorni evanescenti, la cui descrizione doveva limitarsi a poche righe piene di interrogativi”. Tuttavia, tra il 1990 ed il 1992, importanti lavori per il rifacimento ed ampliamento della rete del gas e quella dell’energia elettrica hanno propiziato “un controllo capillare del sottosuolo della città e grazie anche al prezioso contributo del Bim metano e dell’Enel la Soprintendenza archeologica del Veneto ha potuto eseguire indagini archeologiche sistematiche in tutte le trincee aperte nel centro storico, svolte dalla Cooperativa archeologica di Firenze. Si sono quindi avuti altri utilissimi interventi (“il nucleo storico di Belluno si configurava infatti come una zona ad alto rischio archeologico”) col sostegno di Comune e Provincia di Belluno e della Sip. Ancora la Bonomni: “Dopo quasi tre anni di ricerche, il quadro di Belluno romana sta assumendo contorni sempre più definiti. Anche se non ha certo raggiunto quella completezza che caratterizza ad esempio le ricostruzioni di ‘municipia’ come Verona, Vicenza, Padova e Oderzo”. Seguiva un’approfondita analisi della situazione generale riferita alle varie epoche, dopo di che la soprintendente Bonomi specificava che “La rinascita di Belluno come centro urbano è da collocarsi nei secoli immediatamente successivi al Mille in analogia con quanto già verificato per molti insediamenti della Pianura Padana, in particolare nel Trecento quando ci fu un’eccezionale espansione edilizia e monumentale” e precisava che “I resti riferibili all’epoca medievale, rinvenuti nelle recenti indagini, riguardano per lo più chiese scomparse quali ad esempio santa Croce, san Lucano e sant’Andrea. Dell’ancora esistente chiesa di san Pietro è stata inoltre individuata l’originale facciata trecentesca. Non mancano le testimonianze di importanti edifici civili quali il Castello, una delle torri del Palazzo Vescovile ed una grande dimora affacciata un tempo su via Mezzaterra”. In chiusura del suo prezioso contributo al libro, Simonetta Bonomi passava sinteticamente in rassegna: Piazza Mazzini (l’intera estensione della piazza interessata da resti archeologici di età romana riferibili ad una o più ‘domus’); via del Cansiglio (dove sono stati portati alla luce i resti di una casa romana); piazza san Pietro (scoperta di un’importante fondazione interpretabile come quella dell’originaria facciata trecentesca della chiesa omonima); piazza e via Santa Maria dei Battuti (dove venne parzialmente indagato un piano di lastre frammentari e ciottoli che si vorrebbe interpretare come un residuo di massicciata stradale romana); piazza Santa Croce (lo scavo nel mezzo della piazza mise in luce una parte di una ‘domus’ romana caratterizzata da un corridoio largo 1,5 metri con orientamento est-ovest, pavimentato con cubetti di cotto sul lato meridionale del quale si affacciavano due grandi ambienti a pianta verosimilmente quadrangolare); via Piave (la trincea per i servizi consentì di scavare nel 1991 una sezione di una ‘domus’ romana; doveva trattarsi in particolare di un unico grande vano largo circa 6 metri, pavimentato di cocciopesto, del cui perimetro restavano visibili parti di due muri paralleli di orientamento nord-sud e di un muro di orientamento est-ovest); via san Lucano (i lavori del 1991 misero in luce un nuovo lacerto recuperato e successivamente restaurato a spese del Comune); via Mezzaterra (in occasione di lavori per un nuovo edificio presso l’ex caserma dei carabinieri ha portato alla scoperta di parte di un complesso residenziale di età medievale e rinascimentale, deliberatamente raso al suolo in un momento posteriore al XVII secolo “per motivi che ancora oggi sfuggono”); piazza del Mercato (uno scavo pure dl 1991 nella parte nord rivelò l’esistenza di strutture romane di carattere privato, smentendo così l’ipotesi della collocazione in quel luogo del foro della città romana; si rinvenne invece un bel lastricato, composto da piccoli conci di pietra grigia ordinatamente disposti a stuoia, pertinente con ogni probabilità all’impianto originario della piazza da collocarsi in epoca basso medievale).
NELLE FOTO (sito studionord.news e riproduzioni dal libro “Immagini dal tempo”): la soprintendente Simonetta Bonomi autrice del servizio “Nuovi dati archeologici su Belluno”; piazza Mazzini; stessa piazza: corridoio pavimentato con cocciopesto; via del Cansiglio: particolare del pavimento di cubetti di cotto; pavimento di malta cementizia nella stessa via; sagrato della chiesa di San Pietro; piazza Santa Maria dei Battuti; piazza Santa Croce: corridoio pavimentato con cubetti di cotto; via del Piave: frammento musivo con Leda ed il Cigno al momento dello scavo; il frammento da via del Piave; via san Lucano: il mosaico rinvenuto nel 1888 da un disegno contemporaneo della Biblioteca comunale; frammenti in corso di restauro; via Mezzaterra: ex caserma dei carabinieri; piazza del Mercato: l’ambiente con la fornace ed i due focolari.