LA PRIMA BROSA
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Ad ottobre inoltrato era un andare incontro ai giorni della prima “brosa”. La incontravo al mattino presto la fredda magia bianca che sembrava neve ed invece era brina. Si faceva viva intorno alla metà del mese, quando ormai i tigli di via Feltre erano quasi spogli ed i marciapiedi erano ricoperti di foglie gialle umide e scivolose. Anche la Panda si accorgeva dell’arrivo del primo vero freddo di stagione. E pure lei, come me, non aveva granché voglia di svegliarsi in quelle mattine di ancora buio alle sette. Io mi svegliavo con una potente moka di caffè; la Panda, invece, aveva bisogno “dell’aria”. Che i più giovani non sanno minimamente cosa significhi “tirare l’aria”. C’è poco da dire: la mia è stata l’ultima generazione che aveva un rapporto quasi carnale con la propria auto. Non era, come al giorno d’oggi, un girare semplicemente la chiave pensando a tutt’altro. No, occorreva essere lì con la testa. Un gesto inconsulto manovrando il temibile pomello dell’aria poteva costare molto caro. L’ingolfarsi del motore era un pericolo sempre in agguato che poteva provocare bestemmie in italiano e dialetto e soprattutto incolmabili ritardi. Così con trepidazione mi accingevo a tirare l’aria, poi acceleratore appena puntato e giro di chiave. Era in questo modo che la mitica Panda 750 CL, bianca con la riga rossa sul portellone, prendeva vita in quelle fredde mattinate di buio e “brosa”. Poi c’era il rito di lasciarla scaldare un pò. Un tempo che andava ottimizzato, quindi avanti a sbrinare i vetri arabescati dalla prima gelata.
Ed era in quel preciso momento che entrava in scena Crystall, l’immortale grattino per sbrinare i vetri che quest’anno compie esattamente cinquant’anni. Portati decisamente molto bene. Marchiato Shell con l’esotico nome molto anni’ 70 che fa un po’ telenovela. E Crystall è tuttora perfettamente funzionante; colorato di un azzurro vivace come la 127 che lo ospitava in gioventù. Costruito in plastica morbida e di qualità, che allora gli oggetti erano fatti per durare. Crystall, fino ad oggi, ha vissuto la sua vita in quattro vetture, ed era l’oggetto indispensabile in quelle gelide mattine anni ’80. Giaceva silente nella tasca della portiera per circa sette mesi per poi ripresentarsi in perfetta forma nei giorni in cui i larici si colorano d’oro. Non esistevano, allora, climatizzatori e spray antighiaccio, volanti e sedili riscaldati e lunotti termici e altre diavolerie moderne. C’era freddo e basta. E la 127 da sbrinare. Così quelle mattine si scendeva in cortile, papà apriva la macchina e diceva: “…ades mete in moto che la se scalde e intant desgiaze i vieri…” Ed io, intabarrato nella giacca a vento nera, osservavo ammirato il rito arcaico della messa in moto. Ed era in quei momenti che questo fondamentale “saper fare” mattutino passava di padre in figlio. Anche allora tiraggio dell’aria, acceleratore quanto bastava per evitare un solenne ingolfamento e giro della chiave. La 127 prendeva vita sempre al primo colpo e papà, mentre teneva il motore leggermente accelerato, estraeva dal portaoggetti il celeste Crystall, poi usciva dal gelido abitacolo ed iniziava una minuziosa sbrinatura dei vetri che durava qualche minuto. La successiva partenza dal cortile era manovra alquanto complicata; era tutto un equilibrio fra il pomello dell’aria e l’acceleratore per non far spegnere la mitica 127 azzurra come Crystall. Ed io, attento come non mai, osservavo interessato la danza dei piedi sui pedali, sicuro che prima o poi sarebbe toccato pure a me. Dopo qualche chilometro ci si fermava per aprire le pórtelle della mascherina del radiatore e da quel momento, il motore ormai caldo avrebbe rombato con la sua consueta grinta lungo la 203. Poi arrivò la primavera del 1988, e fu in quel assolato pomeriggio di maggio che la 127 ci lasciò per sempre; rimase Crystall a ricordarla. Così il mitologico grattino, accompagnato dalla medaglietta magnetica proveniente da Lourdes, cambiò dimora e finì nella Panda 750. Che pure lei aveva l’aria da tirare, e mi ritrovai a fare la stessa trafila che ammiravo da bambino, a compiere gli stessi gesti di papà in quei freddi giorni d’inverno di metà anni ’90.
Avviata la Panda e terminato il paziente grattare, arrivava finalmente il momento di imboccare la strada verso il lavoro oppure verso Cencenighe. Uscita dal cortile con l’aria tirata e, cambiando fra prima e seconda, immediata azione sul magico pomello che andava posizionato a metà corsa. Occorrevano tre mani e sbagliare la manovra significava saltare come un canguro lungo la via, suscitando l’ilarita di infreddoliti passanti. Poi, lungo il primo rettilineo utile, via tutta l’aria ed un pò alla volta si entrava nella normalità di una guida simil-odierna. Simil perché l’autoradio non c’era, anche se in fondo a poco sarebbe servito avere a bordo tale strumento tecnologico che, al tempo, costava pure un occhio; ogni suono emesso dalle costose casse, infatti, sarebbe stato inevitabilmente sovrastato dall’ululare delle gomme chiodate che pressoché ogni fine settimana solcavano l’asfalto ghiacciato della Strada Madre. Poi, un giorno di febbraio di fine anni ’90, arrivò l’iniezione elettronica accompagnata della desiderata autoradio e così terminarono quei complicati ed affascinanti avviamenti autunno/invernali. Rimasero Crystall e la “brosa” che ancora oggi imbianca le strade, a ricordare i tempi analogici e felici di quei lontani autunni.
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