CIAO FALCO
AUDIO
Il 22 agosto 2009 era un sabato. Mi trovavo a Cencenighe e dopo pranzo partii alla volta di Belluno. Le ferie estive stavano per terminare e ci si mise pure il cielo, che sopra Agordo era nero tempesta, a rendere il tutto ancor più malinconico. Iniziò a piovere e alle quindici in punto, all’uscita della galleria dei Castei trovai un potente nubifragio. Qualcuno accostò a bordo strada, altri, come me, proseguirono con prudenza. La pioggia insistette torrenziale accompagnandomi fino al capoluogo. Lungo la via scendeva un fiume d’acqua e dovetti attendere oltre un quarto d’ora prima di poter scendere dall’auto. Poi, come sempre accade, il cielo si aprì e ritornò l’estate. A quel tempo si viveva nell’era semi-analogica: il telefonino non era ancora smartphone e serviva per telefonare e spedire SMS. I più evoluti riuscivano a scattare qualche foto sgranata e le notizie le dovevi ascoltare alla radio, al telegiornale oppure leggere il giorno successivo sul giornale cartaceo. Alle diciannove in punto si compì il rito in voga a quei tempi: accensione della TV, canale 13. Breve sigla del TG di Antenna 3 e poi una foto: rimasi impietrito di fronte a quella immagine successivamente passata alla storia. Un elicottero bianco e rosso sdraiato su di un fianco, poggiato sul fango ancora fradicio di Rio Gere. Falco era caduto. Queste furono le parole che apparvero in sovraimpressione. Incredulo mi sedetti sul divano. Non poteva essere accaduto, eppure c’erano quell’immagine terribile e la voce commossa della conduttrice a raccontare quell’incubo che ora era tragica realtà. Furono minuti interminabili, un telegiornale impossibile portato a termine con coraggiosa professionalità. Quattro vittime ed un simbolo caduto. Mi venne in mente quella prima volta che vidi in azione l’elicottero del SUEM: un recupero sul chilometrico spigolo nord dell’Agner. E poi l’ultima volta che lo vidi in volo, ovvero il giorno prima. Ero sdraiato a prendere il sole sotto il ponte di corde di Peron quando passò a bomba in direzione Belluno. Da casa potevo ascoltare ogni suo atterraggio e decollo, ed era una presenza amica. Pensai a quegli uomini che ora erano divenuti angeli. Gli “Angeli della Montagna”: così titolarono i giornali il giorno dopo. Ed è un titolo che ancora commuove. Tre giorni dopo ci furono i solenni funerali nel Duomo di Belluno. Arrivai in piazza poco dopo le 17, ad esequie appena iniziate. Lutto cittadino: e Belluno stava vivendo un pomeriggio irreale. Niente traffico, serrande dei negozi abbassate e un pesante silenzio. Il Duomo stipato come forse non lo si era mai visto, la piazza pure. Note d’organo diffuse dagli altoparlanti collocati all’esterno della chiesa, le parole commosse del celebrante, i sospiri della tanta gente. Al termine della celebrazione un rombo sempre più marcato proveniente dal cielo: fu nel momento in cui i quattro feretri portati a spalla uscirono dalla Cattedrale che comparve l’elicottero giallo del SUEM di Treviso. Il fratello di Falco si fermò sulla verticale di palazzo Piloni: immobile a mezz’aria rendeva omaggio ai caduti. Furono minuti toccanti; in quei momenti vidi scendere lacrime sincere dagli occhi di tante persone. Poi l’elicottero giallo ripartì verso Treviso ed i quattro carri funebri lasciarono lentamente la piazza passando fra due ali di folla silenziosa. Mentre il sole iniziava ad avviarsi verso il tramonto la gente lasciò piazza Duomo: poche parole sottovoce, sguardi tristi e l’aria di fine agosto che spirava fra le case del centro. Pian piano iniziò il calare di una tiepida sera di quasi fine estate e terminarono così quei giorni amari che divennero memoria collettiva che il tempo non potrà mai cancellare. Non vi abbiamo dimenticato, non vi dimenticheremo mai. Ciao ragazzi, ciao Falco.
*****