STAGIONI
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La sapevano aspettare la primavera. C’era calma e saggezza in quell’attendere. Ogni giorno un sole più deciso riscaldava i prati e la terra dei campi. Poi era tempo di pioggia leggera e successivamente del ritornare di un caldo che sapeva di quasi estate. Il fuoco “dela cosina” soltanto alla sera e il primo “combinà valk intorn cèsa”. Non c’era più la frenesia delle primavere della gioventù. Quando era il Pelsa con la sua “levina dela fava” a dare il via alla stagione dei campi. E così iniziavano giorni frenetici e importanti, faticosi e fondamentali per la vita di allora. “Portà tera, menà grasa ‘nte ciamp”. Fatica e sudore, pensieri e “giambe e braz” che dovevano essere al massimo della forza. Ora, invece, erano giorni ugualmente importanti, ma un pò meno. C’era sempre il rispetto per la terra, e pure il forte desiderio di fare bene il proprio lavoro. Con meno forze a disposizione ma più sapienza, meno fiato e più esperienza. E più leggerezza nel fare e nel cuore. I campi erano meno estesi e, rispetto ad allora, c’era la “pension”. Quel reddito mensile “poc pì de la minima”, frutto di anni di duro lavoro, fra contributi persi e i “schei de la Svizera”. Che di mezzo c’era stata pure, per tanti, l’emigrazione in Svizzera. Oppure in Francia o Belgio. Altri, invece, si erano spinti oltre ed erano rimasti a vivere in quelle terre lontane, senza aver fatto più ritorno al paese. Forse un giorno sarebbero ritornati, ma soltanto per riposare per sempre di fronte al Civetta.
C’era tranquillità in quel preparare quei lavori agresti che ora, con la “pension e doi schei da ‘na banda”, non erano più fondamentali per sopravvivere. C’era la serenità che regalavano quei pochi soldi ritirati ogni mese “ala posta”. Un poco che era molto per uomini e donne che vivevano centellinando l’accensione della luce e pure quella della TV in bianco e nero. “Destusa che la frua” era la frase che determinava la fine delle trasmissioni. La “pension” che serviva a comprare il pane, la farina l’olio ed il sale. A pagare l’abbonamento all’Amico del Popolo e l’ordine annuale a Postalmarket. Solo una situazione particolare permetteva l’aprire senza rimpianti i cordoni della borsa: ed era l’acquisto di leccornie per i nipoti. In quel caso non si badava a spese e talvolta pure esagerando in quantità. Perché loro, la fame l’avevano vissuta e provata. E guai se qualcun altro l’avesse dovuta patire.
Ora quel tempo volubile e bizzarro della primavera aveva lasciato spazio alla stagione delle lunghe e calde giornate. Ed era alla sera che guardavano quei campi che solamente pochi mesi prima erano distese di neve. L’inverno, come sempre, era stato lungo e freddo, ed ora era tempo di godersi meritatamente il tepore di quelle sere di luglio; mentre ammiravano i grandi boschi del Pelsa pensavano che ogni stagione era figlia della precedente e madre della successiva. Avevano lavorato bene appena andata via la neve: ed ora erano orgogliosi delle piante “de fasoi” che ogni giorno salivano sempre più in alto “sui bachet”. Mentre le ombre si allungavano sulla Val Cordevole osservavano i prati di luglio, quelli che avevano appena falciato: era bella e ordinata la montagna con i prati rasati di fresco, ed era merito loro. Costava fatica ora che l’età era più avanzata, ma nel contempo provavano soddisfazione e orgoglio: “sion ‘ncora boni de fa valk de polito” pensavano mentre attendevano che la sera si tramutasse in notte. Di lì a poco sarebbe sceso il buio su quel paese che con tenacia avevano deciso di continuare ad abitare. Un ultimo sguardo al campo dove “i fasoi” crescevano rigogliosi ed al tabià che si stava ancora una volta riempiendo. Era estate adesso, ma la mente era già alla stagione dei colori, ai giorni “dei Sant” quando avrebbero acceso per la prima volta “el fornel”. Erano così le stagioni lassù: un ruotare perpetuo di colori lavori e pensieri. Con le piogge di primavera e l’estate che era davvero estate solamente a luglio. Con gli struggenti autunni con il fumo dai camini a settembre ed il rientro degli ultimi emigranti “dai Mort”. Poi, dopo la metà di novembre, sarebbe scesa la prima neve…Magiche Dolomiti!!
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