FACEBOOK ANNI 90
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Il seminterrato di un condominio colorato di giallo che contiene una decina di garage. Con l’ingresso situato lungo una discesa che, ai tempi dell’infanzia, rappresentava il primo vero atto di coraggio ciclistico: occorreva una buona dose di ardimento per lanciarsi a bomba lungo la strada in declivio in sella alla Graziella rossa. E ancora più audacia era necessaria per percorrere in piena velocità la curva a destra in fondo alla via dove allora c’era lo stop; ovviamente mancando clamorosamente la precedenza. E non era solamente la notevole pendenza a richiedere quel coraggio anni ’80: il motivo principale, in realtà, era il fuggire di corsa da quell’ingresso tenebroso che pareva una sorta di buco nero pronto ad inghiottirci: “garage della paura” lo chiamavamo, e mai nome fu così perfetto. Poi, un po’ alla volta, familiarizzammo con il severo garage: ma solamente perché, al suo interno, era presente il rubinetto dell’acqua con annesso lavandino, fondamentale per dissetarsi durante le pause di quelle infinite partite di “calcio da cortile”. Poi arrivarono gli anni ’90 e quei cacciatori di rubinetti condominiali divennero adolescenti e le corse in bici e gli incontri calcistici vennero sostituiti dal chiacchierare in stile “ragazzi del muretto”. Vi furono varie location utili, tutte dotate di classico muretto con ringhiera; dapprima “la curva” e poi il “metano”; che più tardi divennero obsolete perché sostituite dal garage. Un ritrovo perfetto, appartato il giusto, al riparo dalle intemperie e, d’inverno, dispensatore di un calore del tutto “psicologico”, ma utile per riscaldarci almeno un poco in quelle gelide sere di quei lontani inverni di fine millennio. Fu la nostra tana per circa un decennio; e grazie a chissà quale miracolo, nessun condomino dimorante nel condominio colorato di giallo ebbe da ridire; e onestamente, se vi fosse stato qualche lamento, esso sarebbe stato pienamente giustificato.
Qualche volta passo ancora di qui. In questo luogo che potrebbe essere ovunque. E che invece è vicino a casa. Molto vicino. Questo posto era la chat prima dell’arrivo di internet. Account facebook anni ’90. Per dirlo in chiave moderna “# citroviamoquistasera”. Non c’erano suonerie ad avvisarti che qualcuno ti cercava, bastava un fischio dalla strada. Ma quasi sempre non ce n’era bisogno. Andavi lì direttamente per trovare gli amici della chat. Ed immancabilmente qualcuno trovavi. Sempre. Magari non erano 4789 seguaci come in certi profili odierni, forse erano una decina, ma erano reali. In carne ed ossa. E ci si parlava. Dalle 18 alle 19.30, poi dalle 20.45 ad oltranza. E i sabati e le domeniche dalle 14 in poi. A volte si rimaneva là tutta la sera, incapaci di decidere cosa fare, dove andare. O forse il non decidere era, col senno di poi, la cosa bella. Bastava stare insieme. Quante serate iniziate in quel luogo. Ed anche finite, che quando si spegnevano i lampioni all’una di notte qualcuno era ancora là. A dirsi l’ultimo “a domani” che non era mai l’ultimo, perché c’era ancora qualcosa da raccontare, o qualche confidenza da sentire. Oppure un bacio da dare. Passando, mi sembra di rivedere i volti degli amici e delle amiche di allora. Alcuni li frequento ancora, altri so che esistono, certi sono spariti, inghiottiti dalla vita. Com’è giusto che sia. Ed allora provo un poco di nostalgia per quell’età ormai lontana. Quando si viveva in un mondo più semplice e ci si faceva bastare quello che si aveva. Ora quella chat è chiusa da molti anni e nella via regna il silenzio. Non si sentono più quelle giovani voci scherzare e discutere per scegliere il locale dove andare a passare la serata. La vita ha fatto il suo corso per tutti, ed è giusto così. I ragazzi d’oggi che transitano di lì, non possono immaginare che all’entrata di un banale garage condominiale esistesse un piccolo mondo scomparso da oltre quindici anni. Un mondo semplice, in cui nulla era virtuale, che qualche volta riaffiora dal mare dei ricordi inerenti all’allegra vita vissuta in quell’appartato angolo della piccola città.
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