IL DISCO DEI RICORDI
AUDIO
“Dove c’era una volta una panchina
dove allora mi sedevo con il mio amore
ora c’è un palazzo grigio e tanta gente
che va indifferente e non conosce niente di noi…”
Sono un po’ tristi le parole incise nei primi solchi di questo 45 giri d’epoca. Testo e musica di Gianni Meccia con arrangiamento dell’immortale Maestro Ennio Morricone. E’ riemerso da un passato quasi dimenticato ed un po’ rimpianto il disco con la scritta “45 RPM new ortophonic high fidelity”. Quanto mi piaceva questa canzone quando avevo all’incirca cinque o sei anni!! L’ascoltavo sul vecchio giradischi di papà, che in realtà in termine tecnico si chiamava “fonovaligia” ed era di colore beige. E chissà, forse sarà da qualche parte in cantina. Ne possedevo un bel po’ di questi 45 giri raccattati chissà dove e da chissà chi. Accendevo la fonovaligia e mi perdevo ascoltando le parole un po’ malinconiche di questa canzone che si intitola “Dove c’era una volta”. Mentre le note struggenti si spargevano nella stanza, mi affacciavo alla finestra per ammirare quel mondo primi anni ’80 pieno di vita e rumori vari. Anche qualche tempo fa ho provato a fare così; solo che la canzone l’ho dovuta cercare su Youtube e non ho potuto udire il fruscio della puntina della fonovaligia. Dov’è la 127 color del cielo parcheggiata in cortile? Dov’è Michela che girava in tondo con la Graziella amaranto e che cantava a squarciagola l’improbabile filastrocca che faceva “Renzo torna il lunedì il martedì il mercoledì ecc…”?. Arrivava alla domenica per poi riprendere fino all’ossessione sua e di mio fratello che alla terza audizione della filastrocca diventava nevrastenico e minacciava gesti inconsulti. Non c’è più nulla di tutto ciò aldilà del vetro, soltanto il Nevegal e la casa di fronte sono rimasti come allora. Non ci sono più le torve di ragazzini che giocavano a calcio col “Tango” di gomma che risuonava con il caratteristico e cupo “sbonf” rimbalzando sull’asfalto del cortile. Quando ancora si poteva giocare nel cortile; perché poi, un bel giorno, apparve un severissimo e implacabile cartello con scritto “Vietato l’accesso e gioco del pallone”. Ora il cartello è ancora lì, ma non ci sono più i ragazzi che praticavano il terribile gioco del pallone che turbava la serenità di chi volle a tutti i costi l’installazione del suddetto cartello. Dove sono gli skatebord che correvano lungo la via? Dov’è la moquette grigia del corridoio? E le piastrelle verdoline in simil-eternit del bagno ed i pavimenti in linoleum degli scantinati? Nulla esiste più di quel mondo perduto, nemmeno la bottiglietta di Cicatrene in polvere sempre a portata di mano, utilizzato a chili per riparare le ferite quotidiane a gomiti e ginocchia. Aldilà della finestra solo un moderno silenzio di quasi autunno. Niente più bambini vocianti che discutono animatamente su “a che cosa giochiamo”; solamente un ragazzino ecosostenibile che corre sul suo nuovo e silenziosissimo monopattino elettrico acquistato col bonus. Sarà sicuramente entusiasta del suo attrezzo ecologico e politicamente corretto; ma intanto è da solo e noi, invece, eravamo in venti, anche se il monopattino era a trazione muscolare. E pure sotto alla magnolia condominiale che non è una magnolia ma chissà che albero è, non c’è nessuno; zero bambini che si arrampicano sui suoi robusti rami che a settembre sfoggiano delle bacche nere che, schiacciate sulle mattonelle del vialetto, creano delle bellissime ed incancellabili macchie viola. Solo una mamma premurosa percorre il vialetto dicendo al suo pargolo tenuto rigorosamente per mano “attento a non calpestarle”!! Noi le mangiavamo quelle bacche, ed erano pure saporite anche se magari un po’ tossiche. Poi la canzone cantata con voce melliflua e malinconica da Gianni Meccia è terminata, ed è terminato pure questo viaggio nel passato durato appena quattro minuti. Non ho staccato la puntina dal 45 giri come allora. Ho puntato la freccia su “Esci” ed ho premuto il tasto sinistro del mouse. Ho guardato dalla finestra e nel frattempo il ragazzo ecosostenibile a cavallo del monopattino elettrico è silenziosamente svanito. E’ rimasto il cortile ingombro di SUV; ed un filo di nostalgia per un tempo vissuto bene che inevitabilmente non ritornerà più.
“Addio giorni andati in un soffio, amici mai più incontrati, ciao, giovinezza”. Così cantava Guccini qualche anno dopo Gianni Meccia; e mai parole furono più vere.
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