DA SAN GIUSEPPE
AUDIO
Ora il calendario sanciva ufficialmente l’inizio di una nuova primavera. Era classico tempo di marzo inoltrato, con i prati al sole ormai liberi dalla neve e quelli in ombra, invece, ancora ostaggio di quell’inverno che ritornava alla sera. Pensava alla stagione che andava sfumando, erano stati lunghi mesi di freddo duro e tenace, e ora li ricordava ad uno ad uno quei giorni che erano trascorsi lentamente. Era ritornato al paese poco prima dei Santi, quando i boschi mostravano i più intensi colori dell’autunno, le cime erano imbiancate dalla prima neve e c’erano da andare a visitare i morti al cimitero. Da Basilea a Belluno in treno, poi la corriera fino a Cencenighe e infine a piedi, col “rusach” in spalla e la “valisa ‘nte man” destinazione San Tomaso. Ormai era arrivato, pensava; salendo lungo la strada respirava l’aria frizzante dell’autunno e ad ogni passo sentiva sempre più forte la voglia di casa. Poi a novembre era venuto il tempo del lavoro nei boschi; la fatica a “tirà taie par tirà ‘ncora ‘n franco” e la “becaria” a fine mese. E ancora il lungo e freddo dicembre, con le giornate corte, l’albero di Natale con i mandarini appesi ai rami e il portare “el lat a caselo”. Poi terminate le feste, due mesi di profondo inverno, buoni per tirare un po’ il fiato e sistemare gli attrezzi utili ai lavori nei campi e nel bosco. Parevano eterni quei giorni freddi, ma quel tempo che sembrava infinito ora stava implacabilmente terminando. Era “da San Giuseppe”, a primavera appena iniziata che sarebbe ripartito destinazione aldilà delle Alpi; dove avrebbe ritrovato il cantiere con la casa in costruzione, la piccola ma accogliente mansarda dove abitava e i soliti compagni di lavoro. Chissà, pensava, se davvero sarebbero ritornati tutti o se qualcuno sarebbe rimasto al paese; l’avrebbe appurato solamente qualche giorno più tardi. “Da San Giuseppe” era sempre tempo di vento freddo di marzo e pensieri; la valigia pronta, il biglietto del treno e addosso il vestito buono; ora, per lui e per molti altri, era veramente il tempo del lavoro nei cantieri oppure nelle fabbriche, il tempo delle mogli che avrebbero mandato avanti la casa, educato i figli e curato i campi durante la loro assenza. Sarebbero state lettere e nostalgie e forse un breve ritorno per falciare i prati ai primi di luglio. E poi altra partenza, altra assenza e fatiche delle donne a casa e degli uomini oltre confine. Andava così la sua vita “da San Giuseppe”; partire quando ancora doveva nascere il giorno e nel cielo si andavano spegnendo le stelle.
*****