NOTTI MAGICHE
AUDIO
“…notti magiche, inseguendo un goal sotto il cielo di un’estate italiana…” Così cantavano Edoardo Bennato e Gianna Nannini in quei giorni di inizio estate del 1990. Iniziavano i Mondiali di calcio di Italia ’90, quelli con la mascotte dall’originalissimo nome “Ciao”; e poi c’era la Lira, faceva un gran caldo ed io ero in partenza per il mare, non prima di essermi mezzo sfasciato causa caduta in bicicletta; niente ossa rotte per fortuna, solamente una mega escoriazione sul torace, perfetta per favorire l’abbronzatura. La destinazione era la mitologica Rimini, il mare degli italiani per antonomasia; quindici giorni di villeggiatura riservata ai pensionati e parenti al seguito, ottimi per uscire un po’ dalla solita routine e per vedere un po’ com’era fatto il mondo al di fuori delle mie valli. Partimmo all’alba dalla stazione di Belluno, e fu un viaggio divertente; sette ore e mezza rinchiusi in una corriera rovente, perché l’aria condizionata era meglio di no, che poi provoca torcicolli bronchiti ed altri variegati malanni; e ovviamente niente autostrada, che la Statale Romea invasa di camion era uno spettacolo tutto da vivere. A pochi chilometri dall’agognato traguardo la beffa; un sottopassaggio, sotto al quale il pullman non poteva passare, ci fece trascorrere un’ora in più nella fornace con le ruote. Giungemmo stremati in riva all’Adriatico, ma sapere di essere a Rimini era una vera emozione. Dopo la prima rapida ricognizione pensai che in fondo questo Rimini era una specie di Bibione, con la spiaggia più stretta e con i bagnini che parlavano con l’accento romagnolo. Ebbero così inizio delle divertenti giornate arricchite dalle “Notti Magiche”, raccontate dalla bella canzone che veniva sparata ossessivamente al massimo volume possibile dai megafoni installati sulla spiaggia. Al mattino presto abbondante colazione, consumata assaggiando con curiosità i cinquantasette gusti diversi dei succhi di frutta, poi trasferimento sotto l’ombrellone, dove prendeva corpo la vita da spiaggia d’italiano medio. Nonne che chiacchieravano fra loro e che poi si facevano seppellire sotto la sabbia dai nipoti perché “faceva bene”; e nonni concentrati nel risolvere i cruciverba proposti dalla Settimana Enigmistica. Poi, ad una certa ora il settimanale veniva appoggiato sulla seduta della sdraio e i nonni sparivano fino all’ora di pranzo; si narrava di lunghissime e salutari passeggiate sulla battigia, con qualche sosta ristoratrice presso i chioschi incontrati lungo il tragitto, che aiutava il loro buon umore. Noi giovani, invece, eravamo impegnati nel giocare ai classici giochi da spiaggia, ovvero scavare buche fino a trovare l’acqua, e poi il calcio, che c’erano i Mondiali in corso ed era bello imitare le azioni dei campioni. Poi il pranzo che, come la cena, noi ragazzini dovevamo consumare fino all’ultima pietanza comprese le prugne, perché i nipoti, per principio, erano sempre troppo magri e patiti. Il momento clou della giornata era il dopocena, soprattutto quando giocavano gli Azzurri; hall dell’albergo sold out e pensionati scatenati che tifavano la Nazionale. Poi un breve giro per assistere ai caroselli di auto munite di Tricolore e quindi a nanna. Solamente una notte non dormimmo, perché arrivarono i famosi Hooligans inglesi. Fu interessante assistere a quelle scene di violenza feroce e immotivata; gli pseudo tifosi British spaccavano vetri delle auto, vetrine e fioriere. E noi eravamo barricati in albergo con un po’ di timore. Poi arrivò la Polizia e fu guerriglia urbana, come quella che ogni tanto si vedeva in TV. Lacrimogeni, idranti e manganelli all’opera, e ne uscì una notte un po’ movimentata. Ed intanto Schillaci segnava e io prendevo sempre più confidenza con la vita riminese; c’era il filobus che mi incuriosiva, e poi le gite che erano delle piccole avventure. Accarezzai il delfino a Riccione, visitai San Marino e rischiai la sublimazione del corpo in una Urbino che pareva un altoforno. Poi improvvisamente tutto terminò, e dopo un viaggio di ritorno, stavolta in macchina e in puro stile anni ’80, ovvero a manetta, mi ritrovai a San Tomaso, dove vidi in bianco e nero la triste semifinale persa contro l’Argentina. Fu una notte di dolore vissuta nel solenne silenzio delle notti vissute di fronte al Pelsa. Dolore che svanì pochi giorni dopo quando scesi a Cencenighe, a continuare un’altra estate da ricordare vissuta fra le Magiche Dolomiti.
*****