AL CENTRO COMMERCIALE
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Ai primi di luglio è tempo della buca delle lettere ricolma di volantini che annunciano l’inizio dei saldi estivi; ed allora ecco il palesarsi della pressoché inevitabile gita annuale nella “bassa”, ovvero in quella Terra di Mezzo del Veneto che è la Marca Trevigiana. Si alza puntuale la sbarra del casello dell’autostrada, il Telepass ha funzionato regolarmente ed ora l’auto corre veloce lasciandosi alle spalle il lago di Santa Croce. All’uscita della lunga galleria trovo un’estate che è ancora più estate. Poco più di mezz’ora di strada, in compagnia dell’orizzonte coperto di foschia e dell’asfalto tremolante della A27. Poi il casello e una serie di rotonde tutte uguali. Rettilinei e rotatorie, capannoni e insegne giganti che sono preludio all’imminente arrivo al centro commerciale. Centinaia, forse migliaia di auto e mega parcheggi, anche sotterranei, perché il terreno non basta e, soprattutto, perchè d’estate il caldo morde di brutto in queste zone. Asfalto nero decorato con le strisce bianche dei parcheggi e macchine che si trasformano in forni crematori mobili. Ha piovuto da poco, un acquazzone estivo e poi il sole di luglio e l’afa opprimente. L’acqua delle pozzanghere che si tramuta in vapore e che sale verso il cielo; i vestiti si appiccicano alla pelle e le mani sudano copiosamente mentre tento di trovare un posto libero in quel mare d’auto roventi. Niente, nemmeno un posto libero, e allora la vettura infuocata è costretta a trovare alloggio nel parcheggio sotterraneo, e oggi non è un male, penso; si brucia, ma chissà, potrebbe pure grandinare. Stridore di gomme sul pavimento in cemento e odore di seminterrato, poi l’ascensore che mi deposita nuovamente al bordo del parcheggio. Ultima vampata di calore, poi, la porta automatica si apre ed entro in una nuova stagione. All’interno del paradiso dell’outdoor sembra di essere ai primi di marzo. L’aria condizionata, gelida, esce sibilando dalle griglie delle tubazioni poste sotto il soffitto, e mi sembra di essere in fabbrica. Afferro il carrello mentre mi viene la pelle d’oca e sento qualche brivido di freddo; spero niente bronchite domani. Lungo le corsie uomini tirano il carrello mentre le donne infilano le mani negli scaffali e poi spariscono nei camerini. I bambini osservano i palloni buttati alla rinfusa nei grandi cesti di ferro, qualcuno più coraggioso ne prende uno e inizia a giocare mentre i commessi alzano gli occhi al cielo. La ragazza della security ha lo sguardo severo e pure la pistola, e si aggira guardinga fra gli scaffali. Mi guarda, ed io penso “tranquilla, non rubo niente, il mio obiettivo è comprare quelle tre cose che mi servono per poi ritornare subito ai monti”. Riempio in fretta il mio carrello e mi avvio velocemente verso la cassa. Le cassiere sono svelte, abituate ai ritmi frenetici di questi mega negozi; pochi attimi dopo mi ritrovo aldilà della porta automatica, dove ritrovo l’estate. Il sole picchia e rende rovente l’asfalto ormai perfettamente asciutto. Niente Prealpi all’orizzonte, niente Col Visentin. Un’atmosfera lattiginosa ingloba questo mondo di capannoni insegne e parcheggi. Vicino ad una nuova torre in costruzione, una vecchia casa colonica ben restaurata è testimone di ciò che è stata questa terra a metà fra le Dolomiti e l’Adriatico. La osservo per un po’; appare rassegnata, sembra terminato per lei quel tempo dell’incredulità, di quando osservava stupita il rapido sorgere di supermercati fabbriche e discount. E nulla potevano le fioche lampadine che un tempo illuminavano le sue stanze contro le super insegne luminose dei centri commerciali che, negli affollati pomeriggi/sera d’inverno, illuminano a giorno i piazzali del centro commerciale. Gente che entra, gente che esce carica di borse. Niente Nevegal all’orizzonte, niente Pian delle Femene. Poi l’auto risale dagli inferi in cemento armato del parcheggio interrato e, come in un tempo che fu, imbocca la S.S.51 d’Alemagna. Pompe bianche, rivendite di batterie per auto e ancora lavorazioni marmi ed autofficine mi accompagnano lungo la strada del ritorno. All’entrata di Serravalle si inizia a respirare aria di casa. La foschia non riesce più a nascondere il profilo del Nevegal. Le ruote corrono sull’asfalto bagnato ed in breve siamo aldilà delle prealpi. Dove fa un po’ più fresco e quasi non c’è afa. Sono a casa, finalmente. Arrivederci centro commerciale, ci rivedremo fra un anno, quando sarà nuovamente tempo di afa e calzini e magliette da acquistare.
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