SERE DI LUGLIO
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Chissà quante stagioni avranno visto passare i larici che si innalzano orgogliosi dal piano sotto la strada dei Mos’ce; infinite forse. Quante volte si sono spogliati e rivestiti, mostrando fra ottobre e novembre le lucenti tinte d’oro, per poi addormentarsi nel freddo della stagione dei silenzi e risvegliarsi alla metà di aprile. Quanta storia, quante vite hanno visto nascere vivere e morire. È cambiato il mondo, e loro, insieme alle montagne, sono ancora lì a vegliare la Val Cordevole. Quella domenica sera d’estate, poco prima di fare rotta verso la piccola città, sono passato a salutarli. C’era silenzio e il Pelsa attendeva la notte che tardava ad arrivare. E i larici ondeggiavano lentamente e nel frattempo raccontavano di quel bambino senza pretese e forse un po’ troppo serio per la sua età, che in quei giorni di pieno luglio trascorreva il suo tempo di fronte alla grande montagna. Ascoltavo il loro narrare mentre pigre scendevano le prime ombre della sera; e ricordavo quei giorni, quelle albe e quelle notti tranquille. Parlavano dolcemente i larici, ricordando quel bambino che avrebbe voluto crescere in fretta, che sognava di guidare a manetta lungo la Strada Madre e che amava osservare l’autunno diventare inverno. C’era caldo quella sera, ma non era il troppo caldo di metà estate in città. Era lo stesso tepore di allora, proprio come in quelle serate che profumavano di susini quasi maturi. Prima di partire mi sono seduto in cima alla scalinata, sulla cordonata della provinciale dove alla sera ci si incontrava. Mentre il giorno iniziava a sfumare le donne bagnavano gli orti e poi, a lavoro terminato, si ritrovavano per le chiacchiere serali. E così potevo ascoltare storie vecchie, riguardanti persone e luoghi che non conoscevo, e qualche pettegolezzo nuovo. Quelle raccontate sottovoce forse erano anche importanti. Si stava lì per oltre un’ora a volte, mentre la luce del giorno calava e l’oscurità si prendeva i boschi del Pelsa. Vedevo i grembiuli a fiori delle anziane con la pelle abbronzata dal sole di montagna. Sentivo le loro voci stanche da una giornata di mestieri in casa e lavori sui prati e nei campi, mentre nel cielo, lentamente andavano accendendosi le stelle. Quella sera di luglio di tanti anni dopo ero da solo ad attendere la notte, ma in fondo non ero solo; nella quiete di quel pugno di case aggrappate alla montagna c’erano i ricordi a farmi compagnia. Visi e voci, il tiepido vento d’estate che muoveva i larici e un alone di luce chiara sopra il Pelsa. Ho atteso la luna, ho ammirato le luci di Alleghe all’orizzonte e poi, poco prima di partire, sono state le montagne a prendere la parola; “…Paolo, c’è tanto di noi dentro di te; i tuoi silenzi sono i nostri silenzi, le tue memorie sono le nostre memorie. La tua anima è la nostra anima…”
…Magiche Dolomiti!!
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