LA CASA DEI MISTERI
AUDIO
Non c’era lo smartphone per giocare durante i viaggi in macchina; non c’era nemmeno l’autoradio a dire il vero, che c’era il bollo da pagare e poi costava una cifra a quei tempi, l’autoradio che poi ti rubavano. Così, durante i canonici trentacinque minuti di viaggio lungo la Strada Madre, non rimaneva altro da fare che guardare dal finestrino, a volte canticchiare e, spesso, chiedere qualche ragguaglio inerente alla località che stavamo attraversando. E andava a finire che a forza di andare su e giù, ogni tratto di strada si arricchiva di un racconto o di un aneddoto nuovo. Mi piaceva passare per Agordo, il paese con la sua bella piazza con i portici come a Belluno e la chiesa bianca con ben due campanili, dove ho avuto la fortuna di nascere il primo giorno d’agosto del ’77, che cadeva di lunedì. Mi dava un senso di gioia arrivare in piazza, dove l’auto ballava sui cubetti di porfido e dove si iniziava sul serio a respirare aria di casa. Poi, superata la piazza, la musica cambiava; prima del bivio per la stazione mi preparavo. Incollato al finestrino di destra attendevo con trepidazione l’appuntamento con la casa dei misteri, ovvero Villa Fiore, che mica lo sapevo si chiamasse così, e che a quei tempi non si presentava perfetta e splendente come ai giorni nostri. Era inquietante allora; incuteva ansia e timore, come una sorta di Poveglia in versione dolomitica. Con i cupi abeti vicino alla rete e l’erba incolta del giardino. Con le mura inscurite dal tempo, la muta ed enigmatica torretta e le statue liberty situate nel prato antistante. Una visione onirica e paurosa nel centro di Agordo. “…mama, elo chi che sta là?”…”ah mi no sai, no hai mai vist nesuni la de inte…” Qualche volta chiedevo un po’ timoroso qualche ragguaglio in più. “…ah, mi no sai nia de chele robe là…” Papà invece taceva e guidava. Frasi dette a metà, la visione inquietante della casa; e per qualche centinaio di metri un freddo brivido correva lungo la schiena. L’avrei ritrovata al ritorno, che poi col buio della sera era ancora peggio e qualche volta evitavo pure di guardare. Poi il tempo ha fatto il suo corso, per me e pure per la casa dei misteri. Ad un certo punto della vita ho preso possesso del sedile di sinistra dell’auto, guidando per un paio d’anni ancora senza autoradio, e la casa dei misteri, in quello stesso periodo, ha iniziato la sua rinascita. Restaurata in ogni dettaglio, oggi stupisce ed affascina il viaggiatore che ha la fortuna di passarci di fronte. A volte, quando non ho particolare fretta, cioè abbastanza spesso, non imbocco la tangenziale, ma opto per la “strada vecia” che conduce in centro ad Agordo, proprio come si faceva un tempo; perché a me piace viaggiare “vintage”, ritrovando le emozioni e l’atmosfera unica della vera Strada Madre e, quando arrivo nei pressi della casa dei misteri, rallento e la osservo, anche se è più difficile di allora perché magari è meglio tenere d’occhio anche la strada. Oggi non è più ansia, è stupore; e ricordi di quel viaggiare domenicale lungo la 203, la strada del cuore, carica di storie e visioni che ancora mi affascinano, oggi più di allora.
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