E’ ARRIVATO L’AUTUNNO
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L’autunno si era presentato un venerdì pomeriggio di metà settembre, in quelle ore in cui, il tempo che separa il mio partire in direzione Cencenighe, scorre sempre troppo lento. Una serie potente di tuoni, simili ai fuochi d’artificio che chiudono le sagre estive, erano risuonati nella valle del Piave, e poi pesanti nuvole grigie erano calate su Longarone precedendo la successiva pioggia battente in puro stile november rain. Ero entrato a lavoro che era estate, ne ero uscito che era autunno inoltrato freddo e piovoso, ed era stata questione di poche ore. Ora mi attendevano i poco più di cinquanta chilometri che mi separavano dal paese situato all’ombra del Pelsa, e la strada da percorrere sarebbe stata la 251 della Valzoldana, che percorro a volte quando ho voglia di curve e montagne. Pochi minuti più tardi lasciavo Longarone, dove il grigiore delle nuvole si confondeva con quello severo del cemento armato con cui sono costruiti i suoi edifici, e mi inoltravo lungo il tortuoso percorso che si presenta meno sinuoso di un tempo grazie ai lavori eseguiti negli ultimi vent’anni. Guidavo con prudenza, cercando di evitare i rivoli d’acqua che attraversavano la carreggiata, e nel frattempo osservavo le nuvole che nascondevano i monti e che andavano ad incontrarsi con la nebbia che saliva dal Maè. La radio mandava musica primi anni ’90, e mi riportava a quel tempo in cui ho percorso per la prima volta questa strada; che un tempo era ancora più tortuosa e severa, senza gallerie, con il ponte bailey di “breghe” traballanti a Pontesei e nessuna galleria. C’era ghiaccio sull’asfalto in quel sabato pomeriggio di gennaio, e le gomme chiodate della Panda tentavano di farci disperatamente rimanere in strada lungo le diecimila curve che portavano a Dont, dove avremmo imboccato il passo Duran. Poi, fra uno sguardo in cerca di uno squarcio fra le nubi e vecchi ricordi, eccomi arrivato al bivio di Dont, dove l’autunno era ormai certezza. C’erano vento e nuvole di metà settembre, aria di tramonto e luce stanca salendo verso passo Duran. Le prime foglie cadute riposavano sull’asfalto e oramai dell’estate rimaneva solo un ricordo sempre più sbiadito. È lo stupore sempre uguale offerto dalla stagione dei colori e dei silenzi, che discreta si posa sui paesi dove i camini iniziano a fumare poco prima del tramonto. Poi valichi un passo, o giri un crinale e arriva il vento a dirti che l’estate è ormai un ricordo lontano. Non un vento gelido, solo freddo, che ti fa chiudere il piumino e alzare il cappuccio. Un vento che muove l’erba e le nuvole e poi il cielo che si apre e si chiude, con il tempo che sembra fluttuare fra una stagione e l’altra. Lassù in alto le cime sembrano chiamare neve, ‘che l’inverno in quota può presentarsi ad ogni istante. E i prati sono stanchi, l’erba sembra voler riposare mentre laggiù lontano, certe cime fanno da sfondo alle valli che vanno tingendosi dei colori autunnali. Le ombre si allungano inscurendo le verticali pareti di roccia che sovrastano paesi e pensieri. Poi la sera che arriva, annunciata dal bramito dei cervi e dal fumare lento dei camini; sono così certi giorni d’autunno in montagna, al tempo in cui i larici iniziano a svelare il grande prodigio…Magiche Dolomiti!!
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