LA SCATOLA DEI RICORDI
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La scatola dei ricordi riposa da un quarto di secolo su di una mensola in mezzo a libri e vecchie riviste di auto. È di un cartoncino bianco e blu a fantasie psichedeliche, ormai tenuta insieme con lo scotch e riportante la sobria dicitura “ricordi elementari” realizzata utilizzando la mitica etichettatrice Dymo, quella con la rotella con le lettere da scegliere una per una e che necessitava di una vigorosa stretta con la mano affinché tali lettere si formassero nitide e tridimensionali sul nastro adesivo blu. Fu un’idea lungimirante e non mia, che a vent’anni pensi al futuro e non al passato, quella di salvare dal macero una serie di “temi del lunedì” scritti al tempo della scuola elementare. Un pomeriggio trascorso a strappare da un triste destino dei fogli di quaderno sui quali era riportato, in non bellissima calligrafia, il vivere quotidiano di un bambino semplice che amava la neve e il viaggiare in auto sulla 203 Agordina. Pagine vergate dall’inchiostro blu della penna stilografica e dai colori dei pennarelli Stabilo, che raccontano un mondo semplice, dove una bella nevicata arrivata prima di Natale rappresentava la felicità più autentica e vera. E poi tutte le altre piccole e grandi avventure quotidiane, come ad esempio un lunedì di Pasquetta trascorso a “fa legne” oppure una gara di fondo disputata in Nevegal dai migliori fondisti nazionali e raccontata con dovizia di particolari e mancante, qua e là, di qualche virgola e qualche “h”. In testa a quei fogli la data del giorno e la situazione meteo del mattino, e poi il titolo del tema, fra i quali spicca quel “Vacanze d’autunno”; un testo di ben due facciate che narrava i giorni “dei Santi” passati a Cencenighe, con la brina sui prati e sui vetri, i colori autunnali alla massima potenza del Bosk dal Forn, crisantemi avvolti nel cellophane e una “sportola” di lumini da collocare su di una tomba in quel cimitero battuto dal vento collocato ai piedi del Pelsa. Nella scatola di cartoncino azzurro/blu psichedelico c’è il ricordo di chi non c’è più da tanti anni e poi le descrizioni precise di come si viaggiava, alla metà degli anni ’80, lungo la Strada Madre. Sfogliando quei fogli di carta ancora perfetta, ritrovo quei rientri domenicali d’inverno, con il serpente di fari che si muoveva lentamente lungo l’Agordina e noi in mezzo a quelle auto cariche di sci. E poi quei pomeriggi consumati a giocare nella neve a San Tomaso, con il buio che scendeva improvviso sulla valle e le stelle che si accendevano sopra il Pelsa. Momenti, dettagli, sensazioni e sentimenti che sono rimasti impressi nel cuore e su quelle pagine fortunatamente conservate. Scritti semplici di un bambino semplice che il tempo ha reso preziosi, piccole storie che narrano un vivere diverso e ormai lontano nel tempo. Qualche volta accade di aprire quella scatola tenuta insieme con lo scotch per cercare un ricordo particolare oppure un giorno qualunque d’inverno; o magari uno di quei disegni con le figure sproporzionate ma ricchi di colori sgargianti che racconta un avvenimento allora per me particolarmente importante. Sfoglio, leggo e ritrovo atmosfere persone e giorni d’autunno e brina sui vetri; e poi ricordo le voci e i visi dei miei cari, rivedo le mie montagne e rivivo lo scorrere delle stagioni; e, soprattutto, ritrovo la mia vita al tempo in cui c’eravamo tutti e a Natale c’era sempre la neve.