RICORDI DI RADIO
AUDIO
A metà giugno il bagagliaio della Ritmo era a massimo carico, colmo fino all’orlo di tutto ciò che serviva al vivere dei prossimi tre mesi in quel di Cencenighe. C’era la TV Mivar, la valigia in similpelle color vinaccia, la borsa con i Lego e soprattutto c’era lui, lo stereo portatile Grundig, la cui antenna avrebbe potuto finalmente captare perfettamente le onde della radio agordina che a quel tempo giungevano a Belluno ancora un po’ stanche. Il fedele dispensatore di buona musica durante il giorno avrebbe trovato alloggio al primo piano del trespolo in ferro-vetro su cui era poggiato pure il televisore, la notte, invece, sarebbe stato trasferito a tre metri di distanza prendendo posto sul vecchio comò con il piano in marmo verde. Lo stereo mono piastra durante le ore diurne avrebbe avuto il ruolo di apparecchio radiofonico monofrequenza per tutti i mesi estivi, inchiodato su quel 97.700, ovvero la frequenza di quelle giovani onde radio che risalivano con vigore il corso del Cordevole per poi essere catturate e trasformate in notiziari e buona musica anni ’80 tutta registrare. La notte, invece, si sarebbe trasformato in riproduttore di musicassette incise da storici gruppi rock che piacevano a mio fratello più grande e che quindi, in quasi tutti i casi, erano pure di mio gradimento. Era utile avere un fratello fornitore di buona musica e dotato di buon gusto; a noi piacevano i Pink Floyd, e l’album The Wall era quasi sempre la nostra colonna sonora notturna. E a nulla importava se non capivo i testi, che allora alle elementari mica ce lo insegnavano l’inglese e Google Translate non c’era nemmeno sull’astronave Enterprise di Star Trek; a me bastava la musica suonata dai Pink Floyd, ed Hey You, il terzo brano del lato B era la mia canzone preferita. Durante il giorno, nell’apposito vano era sempre presente una cassetta pronta ad essere incisa e mi era sembrata una grande scoperta quella di coprire con un pezzo di scotch i due buchi posti alle estremità superiori; con questo astuto artifizio avrei potuto sacrificare, in nome dell’ultima hit, qualche vecchia cassetta di canzoni popolari e vuoi mettere poter finalmente ascoltare all’infinito Carrie degli Europe al posto dell’ Uva Fogarina, non c’era paragone. Dedicai una intera estate a Carrie, e fu una battaglia persa perché la splendida introduzione di tastiera la volevo intera, e invece, ad ogni tentativo di registrazione dalla radio, perdevo sempre le prime note. Il brano iniziava senza preavviso ed io mi precipitavo a schiacciare i tasti Rec/Play in contemporanea, ma niente da fare, il risultato non era mai perfetto; canzone mutilata, e allora via ad iniziare un’altra spasmodica attesa del brano, sempre all’erta con l’orecchio teso, pronto a tentare la cattura di quelle sfuggenti note musicali. La programmazione della radio agordina era spumeggiante e ben si combinava con quei rumori carichi di vita che provenivano dalla strada; canzoni, notiziari, pubblicità di feste in pineta e campestri e fuochi d’artificio si mescolavano a quella moltitudine di suoni e profumi che salivano dai primi metri dell’allora Strada Statale 346 del Passo San Pellegrino. Gli Europe, Madonna, Vasco e Gianna Nannini cantavano in cucina mentre in strada era tutto un fervore di ventole che tentavano di raffreddare i motori delle auto ferme in colonna, e poi il rombo possente delle moto e dei camion che snocciolavano una dopo l’altra le marce ridotte. Il giornale radio delle 12.30 e lo sfrigolare di braciole nella padella, profumo di Sprite che si univa ad aromi di benzina super ed alle grida allegre dei turisti che, carichi di borse della spesa, si apprestavano a ripartire per raggiungere la méta del proprio pic-nic. E così continuava quell’affascinante caos d’estate creato da motori imballati e frizioni sofferenti che tentavano di far partire in salita vetture sovraccariche di bagagli; li ricordo così, con grande affetto e una punta di nostalgia quei potenti allegri e indimenticabili giorni d’estate vissuti tanto tempo fa in compagnia del canto del Biois e della radio agordina.
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