IL TEMPO DELL’ESTATE
AUDIO
Li ricordo eterni quei giorni d’estate di tanti anni fa. L’ultimo suono della campanella sanciva la fine di quel tempo ormai stanco di fine scuola e annunciava quello nuovo delle agognate vacanze estive. Era così diverso, per un bambino, quel tempo d’estate rispetto a quello vissuto dagli adulti; per loro, in fondo, cambiava poco, continuavano a vivere la loro routine necessaria interrotta soltanto dal paio di settimane di ferie ad agosto. Per me, invece, si spalancava un tempo infinito che non mostrava nemmeno l’orizzonte, un periodo lungo tutto da riempire. Dalla metà di giugno mi sarei dovuto impegnare per colmare l’apparente vuoto di quei tre mesi estivi; avrei giocato a calcio sulla ghiaia del campo di Cencenighe e visto papà che tagliava la legna con l’Husqvarna. E poi avrei corso al parco giochi, chiacchierato “su ‘n banca” fuori di casa e ascoltato la campana grande che suonava l’Ave Maria mentre andava in onda la sigla del TG1. Avrei ammirato un’alba d’agosto in occasione della “gita della corriera” e molti tramonti mentre aiutavo la nonna a bagnare l’orto con la “goma dal’acqua”. Un tempo lento, lungo, scandito dal pranzo alle dodici in punto, dalla cena alle diciotto e trenta e da semplici e centellinati eventi destinati a rimanere ricordi sempre vivi e presenti. Poteva essere una gita di mezza giornata in Val Badia oppure, come accadde in una calda giornata di metà luglio, l’incredibile arrivo di un circo a San Tomaso. Fu una voce distorta, proveniente da un megafono installato sul tetto di un furgone piuttosto malandato, a turbare la quiete di Colzaresè in quella rovente mattina d’estate di metà anni ’80. Dal megafono usciva una musica allegra e triste allo stesso tempo ed il solenne annuncio sembrava quello urlato dal Gatto e la Volpe nel mitico Pinocchio di Comencini, che avvisava la popolazione dell’approssimarsi del grande spettacolo di Mangiafuoco. Poi, a suggellare l’importanza di tale evento destinato a rimanere ricordo per sempre, vi fu l’affissione del manifesto sul palo della linea elettrica situato accanto alla fontana. Andammo a piedi al circo, in una calda sera di mezza estate, camminando lungo la provinciale illuminata dalla luce delle lucciole. Il tendone era quello classico del circo, a spicchi rossi e grigi, e lo spettacolo di quella sera poté vantare il tutto esaurito. Turisti e paesani assistettero a quello spettacolo un po’ diverso da quelli che avevo potuto ammirare in televisione; non c’erano leoni e trapezisti e salti nell’anello di fuoco, c’erano un’anatra, un pony bolso alcuni clown e colui che probabilmente era il direttore dello spettacolo viaggiante, che assomigliava davvero a Mangiafuoco. Era un circo semplice come quei giorni vissuti di fronte al Pelsa vestito d’estate, nonostante ciò uscimmo divertiti e soddisfatti da quello spettacolo inusuale per il paese che guarda il Civetta. Quell’anno fu il circo a divenire il momento clou di quella stagione calda, l’anno prima invece fu la costruzione della strada comunale dei Mos’ce a catturare la mia attenzione durante quei tre mesi estivi. L’escavatore avanzava deciso trasformando in strada il vecchio sentiero e nel frattempo avanzava pure l’estate, e quando i susini erano maturi si iniziava ad intravedere settembre all’orizzonte, con i suoi cieli limpidi e le malinconie proprie della fine delle vacanze. Lo vivevo così quel tempo lungo dell’estate vissuto lassù, dove di notte le luci di Alleghe brillavano a nord e dove ogni attimo sarebbe rimasto nella memoria per sempre.
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