SAGRE D’ESTATE
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Bastia, Roe Alte, Bribano, Farra di Mel, Garna e Cornei; e poi la fino ad un certo punto misteriosa Melere e, a chiudere, Limana e Polpet. Nomi di località dell’Alpago e della Valbelluna che, al tempo degli allegri vent’anni, erano sinonimo di sagre estive da frequentare obbligatoriamente. Di solito ci si recava a tali sagre il venerdì sera, perché la serata del sabato era quasi sempre dedicata al ballo liscio; il venerdì, invece, la potente musica delle cover band era l’attrazione principale di queste indimenticabili feste che allietavano le calde estati di fine anni ’90. All’inizio di quelle serate di inizio weekend si partiva in direzione sagra sempre carichi di un entusiasmo che non scemava nemmeno mentre tentavamo di trovare un parcheggio che mai era situato ad una distanza consona dal tendone. Qualche minuto di passeggiata, solitamente effettuata nella cunetta di qualche strada spesso non illuminata, e poi finalmente l’entrata in quel mondo di chioschi della birra e teli in plastica del tendone umidi di pioggia scaricata dal classico temporale estivo del pomeriggio. In fondo alla pista in cemento il palco dei musicisti, in qualche caso fornito di luci colorate e roteanti e addirittura di “macchina del fumo”, elemento fondamentale che regalava le giuste suggestioni ad un’altra serata che si preannunciava memorabile. Si attendeva con ansia crescente l’inizio del concerto che puntualmente avveniva con oltre un’ora di ritardo; un tempo, quello dell’attesa, consumato pazientemente in fila attendendo il proprio turno davanti al chiosco. Qualcuno già barcollava mentre tentava di contare quel denaro che mani bianche di schiuma si affrettavano a ritirare, altri, invece, riuscivano non so come ad agguantare con una mano due bicchieri di plastica colmi di birra che ormai si stava già tristemente scaldando. Poi finalmente il consueto e febbrile movimento di musicisti sul palco; pubblico in fermento e chitarristi impegnati nel recupero di cavi aggrovigliati delle chitarre e poi via, con i primi colpi di batteria a segnare l’inizio del concerto. Che spettacolo gli Statale 13, che suonavano Vasco e tanta altra bella musica, e una sera il batterista, in piena trance agonistica, riuscì a percuotere perfino l’estintore situato dietro di lui scatenando l’applauso di tutti i presenti; e nel frattempo i faretti rossi e blu roteavano a tempo illuminando ragazze in tiro che ballavano sotto il palco mentre qualcuno faceva la spola fra il chiosco e il proprio gruppo di amici. E intanto l’estate avanzava e arrivava il momento fatidico della Sagra dei Per a Bribano, la più grande e importante, con addirittura due palchi e un mega tendone sotto al quale venivano servite tonnellate di succulente pietanze. Un prestigio, quello della Sagra dei Per, forse secondo solo a quello della mitologica sagra di Melere, quella che si teneva ad agosto in questa località prealpina remota e macchinosa da raggiungere. Forse era proprio questo il suo fascino, e il primo tentativo di raggiungere questo luogo carico di leggenda si arenò miseramente, causa guasto meccanico patito dall’autoveicolo, a méta non così lontana, e tutto ciò bruciò parecchio. Poi finalmente, in altra occasione riuscimmo a raggiungere l’amena località, e imparammo subito che di sera a mille metri faceva freddo e occorreva vestirsi e, possibilmente, che era meglio evitare la birra gelida che avrebbe provocato fastidiosi mal di pancia e magari qualche sosta urgente e non programmata durante il lungo rientro. A metà agosto era la volta della Sagra di Limana, la mia preferita, allegra e malinconica al tempo stesso, con i fuochi pirotecnici che la domenica sera sancivano la fine delle ferie estive. A Polpet si era già in settembre e sulla frazione pontalpina spiravano refoli d’autunno; ciao serate di folla, qualche birra e musica e allegria, ciao estate.
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