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PIZ CROCE
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Sopra San Tomaso c’è una cima chiamata Piz Croce. È la sommità di una montagna appartata, discreta, per nulla appariscente e non molto conosciuta. Essa non vanta vertiginose pareti di roccia, non la si può arrampicare. Per questo motivo non possiede una storia alpinistica e non viene mai citata in nessun libro che racconta storie di epiche imprese di uomini aggrappati alle rocce. Il percorso per raggiungerla è semplice e offre emozioni intime che sanno di profumo di muschio e di legna lasciata a stagionare ai bordi della strada forestale. Il tutto sommato breve percorso ha inizio nella piazza del paese che guarda la maestosa parete nord del Civetta. Subito ci si inoltra nel caratteristico portico del Vaticano, uno dei più antichi edifici del comune di San Tomaso, e poi sale fra splendidi fienili che d’estate sono sempre piacevolmente ornati da fiori colorati. Pochi passi ancora e si è già nella tranquilla atmosfera del bosco che nelle giornate calde offre una piacevole ombra che aiuta non poco il camminare in salita. Qui, le prime Dolomiti in Miniatura fanno bella mostra di sè, ed è bello ammirare lo scorcio che ci offre addirittura due monti Civetta. Poi il cammino prosegue sempre in salita mai troppo ripida, fino a raggiungere la località di Zervenesch dove si incontrano alcune graziose baite che ricordano la vita di un tempo, di quando qui si falciavano i prati ed erano giorni di duro lavoro di fronte al Pelsa. Qui ha termine la strada forestale ed il percorso diventa sentiero che sale deciso fra gli abeti fino a raggiungere un’ampia forcella che offre un’ampia vista sulla Valle del Biois. Ora è il tempo di risalire l’erto pendio erboso che conduce alla Croce di legno. Uno strappo breve e ripido, il giusto tributo di fatica prima di godere delle inaspettate sorprese che questa cima appartata regala ai salitori. 1627 metri sul livello del mare, poco in confronto alle quote decisamente maggiori che raggiungono le più blasonate montagne circostanti, eppure anche da qui il panorama è grandioso. La cuspide erbosa si eleva giusto al centro delle valli agordine e ciò permette di assistere ad un prodigio raro; non è solamente l’occhio ad essere appagato, ma pure l’orecchio, se si ha l’accortezza o la fortuna di essere in cima al mezzogiorno della domenica. È allo scoccare delle dodici che ha inizio il concerto di campane; quattro campanili che suonano in contemporanea a fondovalle, dodici campane che spargono i loro rintocchi lungo le valli agordine. Tre campanili fratelli, così simili fra loro con la cupola a cipolla, e uno invece puntuto che si eleva dai boschi del Celentone. Allegro e disordinato il suono delle campane di San Tomaso, potente e preciso quello dei bronzi di Cencenighe, e poi la voce solenne, che sa di cattedrale, delle campane del paese di Papa Luciani; e infine la dolce serenità che regalano le campane della chiesa di San Simon di Vallada. Mentre lo sguardo si perde lungo la Val Cordevole oppure spazia fra le cime che fanno da contorno a questa vetta appartata, l’orecchio ascolta per qualche minuto questo gioioso e raro concerto di bronzi che suonano all’unisono. Sono dolci rintocchi quelli che salgono dal fondovalle fino a raggiungere la semplice panchina di legno posta accanto alla Croce che si innalza all’incrocio delle valli; sono dolci carezze all’anima che la montagna discreta dona agli uomini che cercano il fascino delle vette meno conosciute.
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