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IL PIAVE
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Il Fiume Sacro nasce lassù alle pendici del Peralba, il monte d’argento che domina la Val Visdende; un cerchio di sassi e un cippo di pietra, sono loro ad indicare il punto esatto dove sgorga quell’acqua limpida e pura che poi diventerà il fiume Piave. È discesa ripida quella percorsa da quell’acqua ancora bambina che scorre saltellando lungo il greto sassoso e stretto della Val Sesis; laggiù, al termine della stretta valle, la verdeggiante Sappada accoglie il fiume che ancora ha il carattere di torrente di montagna. Ora l’acqua è ospitata in un alveo più ampio e scorre lungo il fondovalle fino a raggiungere il paese di Santo Stefano, anch’esso, come Cencenighe, posto all’incrocio di valli e di venti e di strade e di acque. Pochi chilometri ancora ed ecco che il fiume va ad offrire i primi servigi all’uomo; una diga, situata nella valle più severa dell’intera provincia, va ad interrompere improvvisamente il suo scorrere in direzione sud formando uno scuro ed inquietante lago che si può ammirare dalla vecchia strada che lo sovrasta di appena qualche metro. Qui la valle è angusta, un mondo di rocce incombenti e acqua di lago, di gallerie oscure e valanghe d’inverno. Molti anni fa l’ho percorsa a piedi la vecchia strada che costeggia il lago, e serbo un vivo ricordo di quella natura potente e primordiale. Poi l’acqua abbandona la terra comeliana e continua la sua corsa in Cadore dove un’altra diga, stavolta più imponente, va nuovamente a sbarrare il suo perenne scorrere formando il lago Centro Cadore nelle cui acque si rimirano le cime che sovrastano il paese del Tiziano. Poco più a valle il Piave accoglie il Boite e in breve raggiunge Longarone; qui il ricordo si fa doloroso, il fiume scorre in quel greto che sessant’anni fa si tramutò in cimitero e la memoria ritorna a quei giorni tristi in cui il Piave, suo malgrado, si ritrovò coinvolto in quel dramma epocale che ha segnato per sempre la storia di Longarone e non solo. Superato lo sbarramento di Soverzene, il fiume vira decisamente in direzione di Belluno dove scorre sfiorando la Città Splendente. È qui, che in certi pomeriggi soprattutto invernali, nei momenti che precedono l’arrivo della sera, il fiume sembra voler raccontare le sue storie di guerra e zattieri; racconti di eroici fanti della Grande Guerra e di tronchi centenari che arrivavano fino a Venezia. Poi, per qualche istante, il fiume si trasforma in un lucente nastro d’oro che scorre lungo la Valbelluna per poi abbandonarsi al suo caratteristico mormorare notturno. Una quindicina di chilometri più a sud ecco il ricevere le acque del Cordevole; in questo punto, nei giorni delle piene autunnali, è strepitare di acque marroni e furiose, è rombo profondo che intimorisce ed inquieta. Dopo Busche il fiume si allarga e volge verso il confine sud della provincia di Belluno. È lì, dopo la stretta di Quero, che il Piave entra in terra trevigiana e nella Grande Storia. Fu in questi luoghi che, oltre un secolo fa, il fiume divenne Sacro alla Patria. Qui il Piave scorre in un alveo che è sacrario, lambendo ossari di guerra e paesi al cui nome è stato aggiunto quel Della Battaglia che rinnova ogni giorno la memoria. Poi il fiume si inoltra fra vigneti e capannoni proseguendo il suo scorrere attraverso la Marca Trevigiana. Ormai la sua corsa si sta avvicinando al capolinea e nell’aria, chilometro dopo chilometro, il sentore di mare si fa sempre più intenso. Una serie di larghe anse e poi il disperdersi nelle acque dell’Adriatico. È qui, alla foce di Cortellazzo, che dopo 220 chilometri ha termine l’infinito scorrere di questo fiume che attraversa il Veneto e la Grande Storia.
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