****
DOMENICA DI PIOGGIA
AUDIO
All’alba, di quella domenica mattina d’inizio febbraio di metà anni ’80, sentivo la pioggia che batteva sui tetti delle auto parcheggiate in cortile. La grondaia gorgogliava e c’era un gran silenzio in casa. La radiosveglia bianca con i numeri rossi non doveva ordinare alcun risveglio precoce, nonostante ciò ero già in piedi prima delle otto. Nessun rumore proveniva dai piani superiori del condominio, solo il ronzio monotono del bruciatore rompeva quella quella quiete d’inizio domenica. Anche il cane, ben sdraiato sul divano verde della cucina, non sembrava intenzionato ad iniziare la giornata. Era sveglio, ma non accennava nemmeno un leggero movimento della coda. Era la televisione a tenermi compagnia in quei primi frangenti di mattina piovosa. Ora, con il televisore nuovo, guardare i telefilm lo sport e i cartoni animati, era tutta un’altra cosa. Con la Mivar c’erano molti più canali a disposizione, c’era l’audio stereo e poi non ci si doveva nemmeno alzare per cambiare canale; c’era il telecomando ricco di pulsanti e c’era pure il Televideo, con le notizie di cronaca a pagina 103 e lo sport a pagina 230, tutto in tempo reale. Aldilà dei vetri la pioggia scendeva sottile ed insistente, la sera precedente il Colonnello Baroni aveva avuto ragione; del resto, il Meteosat che ci mostrava quotidianamente le nuvole che correvano nei cieli d’Europa, non poteva fallire. Quella domenica non saremmo andati a trovare i nonni a San Tomaso, l’avevo sentito dire dai miei durante la cena. Forse, ma proprio forse, tempo permettendo, saremmo andati in Nevegal per un giro lungo la pista da fondo; così aveva detto papà, ma non sembrava molto convinto. Un po’ di zapping fra i canali alla ricerca di un cartone animato interessante, un muovere di porte e un’ombra grande e scura aldilà dei vetri zigrinati. Ora l’appartamento si stava animando, era il tempo della prima occhiata di papà alle notizie e della colazione che la mamma stava preparando in cucina. Ora anche il cane aveva deciso che la domenica poteva iniziare e, dopo aver salutato tutti, cominciava a farci capire che stava arrivando il tempo della sua passeggiata del mattino. Il latte con il muesli dell’Eurospar, il guinzaglio l’ombrello e le settecento Lire in tasca per l’acquisto del Gazzettino. Il giro del quartiere, le nuvole che stazionavano sopra i tetti dei condomini, la pioggia fredda e chissà quanta neve c’era ormai a San Tomaso. Al rientro in casa, in cucina c’era la Grundig in bianco e nero accesa, la voce di Alfredo Pigna che commentava uno slalom speciale e sul tavolo i preparativi per il pranzo domenicale. Il roast beef ancora crudo sul tagliere, le patate da infornare e fuori il tempo lento dell’inverno. Poco dopo mezzogiorno il pranzo consumato con calma, i vetri leggermente appannati e il telegiornale che narrava di un qualche incontro fra Reagan e Gorbaciov. A tavolo sparecchiato, l’inizio di un pomeriggio infinito trascorso fra la speranza di riuscire a dare due calci al pallone in cortile e l’illusione di almeno un dodici al Totocalcio. La filo-diffusione accesa, Bortoluzzi da studio, un minuto da ogni campo e poi Ameri in collegamento all’Olimpico di Roma e la voce roca di Sandro Ciotti. E chissà quanta neve c’era adesso a San Tomaso. Poco dopo le diciassette lo scendere della sera ed il morire definitivo della speranza per quel tredici che avrebbe potuto cambiare la vita oppure, in caso di “quote popolari, permettere un piccolo sfizio e il resto in banca “par en doman”. Novantesimo Minuto, la cordialità e la simpatia di Paolo Valenti, il profumo del minestrone che di lì a poco sarebbe stato versato nei piatti già schierati sulla tovaglia. Dopo cena il preparare la cartella, un po’ di televisione in soggiorno e poi quel “va a dormì che lè le nove”. Il lento prendere sonno, il bruciatore che improvvisamente si spegneva e sogni di neve; e chissà quanto aveva nevicato a San Tomaso.
*******