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L’INVERNO RITORNATO
AUDIO
Li aveva desiderati con impazienza quei giorni d’inverno precoce che si erano presentati al tempo del massimo oro dei larici. Durante un sabato pomeriggio, all’inizio del mese triste, l’aria fredda e pungente e il chiudersi del cielo, l’avevano chiaramente annunciata; la prima neve della stagione fredda iniziò a scendere poco prima della mezzanotte di quel 4 novembre che è data triste per il paese situato all’incrocio delle valli e dei venti. La guardò scendere a lungo nel silenzio di quella oscurità novembrina, la vide rapidamente imbiancare i tetti e la strada mentre la campana scandiva i rintocchi che annunciavano l’inizio di un nuovo giorno. Chissà che inverno sarebbe stato, pensava mentre osservava la sua auto vestirsi di bianco. La stagione sembrava promettere bene, ma poi, una volta ritornato il sereno, il cielo sopra il paese rimase azzurro per tre lunghe settimane. A colori dell’autunno ormai spenti, arrivò la neve di Sant’Andrea a ricoprire anche la Città Splendente e l’intera Valbelluna. Gli piaceva ammirare la piccola città vestita di bianco, gli ricordava il tempo dell’infanzia quando a dicembre lo scendere in cortile a giocare con la neve era cosa normale. Poi, diversamente da come accadeva allora, quel tempo d’inverno svanì portando con sé quel bianco effimero e lasciando nelle valli la mitezza del tardo autunno. Nulla più cambiò, nemmeno a Natale quando fece ritorno al paese; l’inverno quello vero, quello gelido che era sempre presente nei suoi ricordi più cari, si era nascosto da qualche parte e pareva non voler farsi scoprire. Si fece nuovamente vivo all’inizio del nuovo anno, durante un umido pomeriggio illuminato dai fuochi dei Pavarui. Nuvole basse e una pioggia mista a neve che si acquietò durante la notte dei Rei Magi e poi due lunghi mesi senza sussulti d’inverno. Un tempo lungo e apparentemente immutabile, fatto di giornate serene e sempre uguali che andavano allungandosi di settimana in settimana. Pure marzo fu gentile quell’anno; il mese volubile pareva aver preso per mano gli uomini per condurli verso l’uscita dalla stagione dei silenzi. Gli uomini iniziarono a togliersi cappotti e maglioni mentre gli alberi si vestivano di un verde nuovo; un tempo di dolce primavera che sembrava aver preso definitivamente il posto di un inverno ormai stanco, ma tutto ciò si rivelò illusione. La Pasqua di fine mese portò cieli di novembre e torrenti gonfi di acque scure e inquiete, e poi, a calma ritornata, nella valle apparve perfino l’estate. Un paio di fine settimana di pieno sole e di caldo che si placava solamente alla sera, il tutto fino a quel fatidico martedì quando ritornò prepotente l’inverno. Fu trambusto di grandine e neve scesa fino a lambire il paese, furono montagne vestite di quel bianco che durante i mesi invernali era mancato. Era bastato un pomeriggio appena per far ripiombare uomini e natura in un tempo che credevano svanito. Era neve poggiata sulle foglie nuove, erano ancora pennacchi di fumo dai camini e vento che faceva oscillare i larici che si erano appena vestiti di un verde gentile. Nella valle regnava il silenzio dell’inverno ritornato, si respirava la fredda quiete che seguiva il subbuglio creato dalle continue sburie d’auril. Era un tempo nuovo e già vissuto, un tempo di rinnovata attesa di una primavera ancora fuggente.
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