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VOCI D’ACQUA
AUDIO
È di sera che va ascoltata l’acqua di fiumi e canali, di torrenti e fontane, all’ora in cui sfumano quei rumori che durante il giorno coprono le loro voci. Ogni fiume, ogni torrente ha una sua particolare voce, proprio come noi e quelle del Piave, del Cordevole e del Biois, le saprei riconoscere al buio solamente ascoltando il loro parlare. Infinite volte ho ascoltato il loro narrare nell’oscurità della notte, imparando il loro carattere e il loro umore. In fondo anch’essi sono un pò come gli uomini; a volte cantano allegri, in altri momenti sussurrano dolci ninne-nanne e, in qualche occasione, si arrabbiano di brutto. Ed è allora che risuonano con voce profonda nel buio delle tenebre, incutendo soggezione e talvolta paura, e poi, quando ritorna la tranquillità, riprendono a raccontare le storie raccolte durante il loro infinito scorrere. Sono lunghi attimi quelli spesi ad ascoltare la voce dell’acqua durante il mio camminare nel buio di certe sere di primavera. Quasi sempre sono voci di acque montane ad attirare la mia attenzione, a far fermare il mio incedere lungo le strade del paese situato all’incrocio delle valli e dei venti. Nelle lunghe e serene sere di maggio, i due torrenti che scendono dalle valli omonime sono quasi sempre gonfi di acqua di disgelo. Uno scorrere lento che occupa quasi per intero gli alvei sassosi, voci profonde che diventano protagoniste di quelle penombre serali di una primavera con la neve sulle cime. Acque scure, pesanti, che dopo essersi unite riempiono fino all’orlo il piccolo lago di Cencenighe. Poi, quell’acqua dell’inverno che ancora vive sulla sommità dei monti, precipita con fragore dalle paratoie sconfitte; esse, in quei momenti di maggio, non hanno la forza di affrontare quel tumulto lento di acque di neve, ed ecco che allora dalla base della diga si alza un rombo cupo creato da quell’acqua che poi prenderà la strada che la condurrà all’appuntamento con il Piave. A volte, invece, accade di sostare ai margini di canali che attraversano cittadine di pianura. Essi parlano con voce stentata, l’acqua scura pare quasi immobile e rassegnata a scorrere a velocità impercettibile fra mura antiche e argini erbosi. È acqua quieta che riflette le mille luci di città, è acqua che lenta scorre verso il mare senza sussulti e, forse, senza entusiasmo. Non possiede il vigore dell’acqua del Rù da Ghisel che scorre lungo l’ombroso e verticale canalone che taglia a metà il versante della grande montagna. Preziosi ricordi ritornano durante certe sere vissute a mezza costa di fronte al Pelsa. Lì, dove al termine del tramonto regna la pace e risuona il canto di quell’acqua che precipita dall’alta cascata. È canto perenne che riporta dolci momenti passati, è voce di quella montagna che ha visto scorrere le parche e dignitose vite vissute da quelli che c’erano prima di me. È voce d’acqua che un tempo duettava con quella della fontana che da ormai tanti anni non esiste più, è canto di vita che sempre regala attimi vissuti e mai dimenticati.