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NOTTE IN MONTAGNA
AUDIO
Quell’umida notte di fine agosto aveva il profumo di un caffè forte sorseggiato guardando fuori dalla finestra della cucina. Pochi minuti più tardi, era la brace della sigaretta fumata da un metronotte appoggiato ad una colonna, a ravvivare via Feltre rischiarata solamente dalla metà dei lampioni presenti. Soltanto due fanali in giro in quell’ora così intima e buia, ovvero quelli dell’auto dei Carabinieri che lentamente avanzava lungo la via delimitata dai tigli. Loro pattugliavano le vie della piccola città immersa nel sonno, io invece imboccavo per l’ennesima volta la Strada Madre che avrei seguito fino al paese con la piazza con i cubetti di porfido e la chiesa bianca con i due campanili. Nell’ora dell’oscurità più profonda erano i cervi gli assoluti padroni di quel nastro d’asfalto che corre seguendo il sinuoso snodarsi del Cordevole lungo la valle. Si muovevano in branchi e occorreva pazienza, in quei frangenti non c’era altro da fare se non attendere che essi permettessero il passaggio di quell’auto che procedeva guardinga a passo d’uomo. Lassù, all’esatto confine fra l’Agordino e la Val di Zoldo, c’era il perfetto silenzio e la solenne oscurità delle notti senza luna. Solamente stelle che brillavano nel cielo nero e niente profili delle montagne che affiancano il passo Duran. Partii lentamente lungo il sentiero illuminato dalla luce della frontale, destreggiandomi fra scivolose radici e sassi bagnati dalla rugiada della notte. Oscurità assoluta e ragnatele, sudore e poi la strada sterrata che permetteva un camminare più agevole. Lungo il percorso, il risuonare di qualche campanaccio delle vacche al pascolo rompeva per un attimo quella quiete notturna in cui il suono del respiro cadenzato era l’unico compagno di viaggio. Tutto taceva al rifugio Carestiato, solo una finestra illuminata faceva presagire qualche attività imminente. Nell’attesa del primo lieve sfumare della notte si udivano voci assonnate che parlavano sottovoce, poi rumore di passi leggeri e qualche tintinnio di moschettoni. Li vidi partire in direzione della ferrata Costantini nei minuti in cui il cielo iniziava impercettibilmente a schiarire. Pochi minuti più tardi, quelle voci si erano fatte più decise e quelle luci delle frontali salivano velocemente in diagonale lungo la parete come stelle in un cielo di roccia. Dì lì a poco uomini e natura iniziarono l’ennesimo precoce risveglio. Incominciavano le attività all’interno del rifugio mentre fuori si iniziavano ad intravedere le forme delle montagne intorno. Nebbie leggere si alzavano dai prati bagnati mentre l’alba si insinuava fra le montagne ora colorate di un rosa pallido. Poi ad est finalmente il sole che spuntava dalle creste di monti situati due valli più in là; buongiorno Cime di San Sebastiano, buon sabato Agner e Moiazza. In poco più di mezz’ora tutto era compiuto, natura e uomini si erano svegliati ed erano pronti ad affrontare un altro giorno dell’estate che lentamente iniziava a sfumare. Il tempo di un caffè e poi il ritorno seguendo la stessa strada dell’andata, incrociando camminatori felici e desiderosi di vivere una giornata in montagna. Un nuovo giorno era appena nato, ed io l’avevo già molto vissuto.
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