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PENSIERI D’AGOSTO
AUDIO
Io, di quel tempo di metà agosto che iniziava il lento declinare verso l’autunno, rammento la malinconia dell’estate fuggente e le sere sempre più precoci. Di quei giorni di villeggianti che preparavano il mesto ritorno a casa, rammento il bollire della marmellata di ribes e di more sul fuoco potente della cucina economica marchiata Centa. Rivedo i vasetti di vetro messi a sterilizzare nel forno, riascolto il loro tintinnare e il crepitare di quel fuoco d’estate. Di quel tempo di campane che suonavano l’Ave Maria nella penombra serale rammento i pomeriggi ancora caldi, il sole che arroventava il porfido del sagrato e quelle partite di calcio che pensavamo eterne. Di quel tempo di metà agosto ormai lontano ricordo il trambusto del mezzogiorno, il rumore del traffico che saliva dalla strada che conduce al passo San Pellegrino che si sommava al potente suonare della campana grande che per quattro minuti si prendeva la scena. Erano momenti di corse a perdifiato per arrivare a casa in orario, era vapore di acqua bollente che saliva dallo scolapasta. E poi frusciare d’insalata nella terrina blu e sigle di telegiornali RAI che provenivano dal televisore MIVAR. Erano “dai magna prima che se sfrede la pasta” e “da drio le ‘na braciola” che si mescolavano a voci seriose che raccontavano di caselli autostradali intasati, di famiglie che rientravano dalle vacanze e di discussioni infinite riguardanti la prossima finanziaria seguita dal probabile “autunno caldo”. Di quei mezzogiorni assolati rammento lo sfrigolare dell’olio bollente, il mestolo forato che depositava le patate fritte sulla carta assorbente posizionata nella terrina color avorio, e poi quell’impellente desiderio di uscire a consumare per intero ciò che rimaneva di quell’estate vissuta ai piedi del Pelsa. Di quei giorni di un’estate ormai affaticata ricordo i temporali, con le nuvole nere che si addensavano nel cielo nascondendo le Pale. C’erano tuoni che scuotevano la valle e pomeriggi che diventavano infiniti. Di quei momenti rammento il rumoreggiare cupo del Biois e il gorgogliare della pioggia che scorreva nelle grondaie. E poi i Topolini conosciuti a memoria e riletti per l’ennesima volta, il camion dei Lego che transitava lungo una pista improvvisata, tracciata sul pavimento di larice della camera mentre fuori appariva fugace la stagione dei colori. Ricordo la quiete crescente di quei giorni d’estate ormai sfiorente, i saluti commossi di chi lasciava il paese, le ultime sere trascorse a chiacchierare su quella panca di pietra che di lì a poco non avrebbe più udito le voci degli anziani e gli schiamazzi dei bambini. Io, In quel tempo d’agosto affaticato, immaginavo il giorno già vissuto della nostra partenza; un paio di settimane e sarebbero state borse e valigie da trasportare di sotto, scuri da chiudere e montagne da salutare mentre in paese si udivano i primi timidi vagiti d’autunno.
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