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IL PROFUMO DEL GHIACCIO
AUDIO
C’è sempre bel tempo durante l’ultimo sabato sera di settembre, ed è in questa serata di cielo limpido e bramiti di cervi che si inizia a respirare il vero autunno. Sera di aria fresca e dell’auto che compie il suo primo viaggio di stagione in direzione di Alleghe. Cencenighe, Avoscan, Masarè e poi, dietro una curva a destra, ecco apparire le luci dello stadio del ghiaccio che si riflettono sulle acque tranquille del lago; è arrivato finalmente quel momento che attendevi da mesi e che ormai è tradizione pluridecennale. Il parcheggio è ancora vuoto e quando scendi dalla macchina cerchi i profili scuri delle montagne e pensi che sei ancora una volta qui, ai piedi del Civetta, ad iniziare una nuova emozionante stagione da spettatore di hockey su ghiaccio. Fai due passi in riva al lago, con calma, che tanto, come tuo solito, ti sei preso molto in anticipo. Un quarto d’ora più tardi sei all’entrata dell’Alvise De Toni ancora praticamente deserto. Il biglietto, l’ennesimo che andrà a finire sul mucchio dei biglietti che conservi con cura e poi il varcare la porta dietro alla quale si presentano il campo e gli spalti. Ecco quel brivido di freddo, eccolo il profumo del ghiaccio, quello che mancava da troppi mesi e che chiama autunno e inverno e grande hockey. Poi sali la tribuna ancora completamente deserta e ti posizioni lì, al tuo posto di sempre, sul penultimo gradone accanto al palchetto in cemento. Il ghiaccio pulito, il ronzio dei riflettori, l’eco di qualche parola proveniente da lontano e ricordi che scorrono come un fiume in piena. Quanta vita spesa bene in tribuna, quante emozioni provate in un quarto di secolo di partite vissute su questi spalti. Nel pressoché silenzio dello stadio ancora vuoto ritornano i cori degli ultrà e il battere potente del tamburo, e giocatori rimasti nel cuore e altri arrivati e ripartiti nel giro di un paio di settimane. E poi arbitri, urla e gole sfinite già a metà partita, il freddo glaciale di certe sere vissute quando lo stadio aveva solamente il tetto. Ritornano i guanti le sciarpe e i berretti e le calzemaglie, i viaggi in macchina sotto a splendidi cieli stellati d’inverno. E poi torti arbitrali, pali clamorosi, qualche rissa memorabile e qualche lacrima prontamente nascosta. E mentre scorrono momenti che rimarranno sempre con te si aprono le porte degli spogliatoi e inizia il riscaldamento dei giocatori. Sbattere dei dischi sulle balaustra, graffiare dei pattini sul ghiaccio e la musica che incomincia a pompare. Gli occhi che cercano nuovi numeri da memorizzare e nel frattempo le tribune che iniziano a riempirsi. I saluti agli amici tifosi, quelli di sempre, quelli che non mancano mai, nella buona e cattiva sorte. Qualche capello bianco in più e quella voglia ancora intatta di esserci il più possibile, a gioire e soffrire per quei colori che sono storia di questo sport. E in quei frangenti sembra che quei primi giorni del marzo passato fossero appena ieri, pare quasi che non ci sia nemmeno stata una lunga estate ad interrompere l’emozione dell’hockey. Chiacchiere e commenti sulla stagione che sarà mentre la macchina gira lentamente lungo il campo ridando nuova vita al ghiaccio. Poi lo speaker che annuncia le formazioni, i giocatori schierati e l’arbitro che fa un cenno ai due portieri. Batte forte il cuore al momento del primo ingaggio, e poi la partita prende la sua strada; è iniziato il campionato, è arrivato un nuovo autunno.
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