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TEMPO DI NATALE
AUDIO
Ora, dopo che San Nicolò mi aveva portato un piccolo regalo, poteva finalmente aprirsi quel tempo natalizio che sognavo da alcune settimane. L’atmosfera del Natale la si iniziava a respirare nei giorni della Festa dell’Immacolata, quando si era accesa la prima candela dell’Avvento e in televisione aveva fatto la sua comparsa la pubblicità della Coca Cola. Era bello ascoltare quel Vorrei cantare insieme a voi intonato da quel bel numero di ragazze e ragazzi primi anni ‘80 che cantavano a più voci e addirittura in canone, proprio come accadeva nei canti dei cori di montagna che erano incisi sui nastri delle cassette al chromo registrate da papà. Durante una di quelle fredde mattine d’inizio dicembre, la maestra ci accompagnava fino in Piazza dei Martiri ad assistere all’allestimento del grande albero di Natale. C’erano i Vigili del Fuoco che sorridevano a noi bambini mentre si accingevano a salire la lunga scala montata sul camion rosso, e alla sera, centinaia di luminose palline colorate avrebbero creato un’atmosfera magica in quella piazza già ricoperta da qualche centimetro di neve ghiacciata. Qualche giorno più tardi, un albero decisamente più piccolo sarebbe arrivato anche a casa nostra. Arrivava a bordo di un furgone, e mamma scendeva in cortile e scegliere quello che più le piaceva. Ora era il tempo di scendere in cantina a prendere il grande secchio grigio riempito di sabbia e sassi, e poi la grande scatola marrone colma di palline colorate e nastri argentati. Durante l’allestimento dell’albero di Natale, il mio compito era quello di collocare palline e ghiaccioli di plastica, quello della mamma invece, era di posare con grazia le strinzole argentate che scendevano dalla cima come capelli lucenti che arrivavano quasi fino a terra. Papà era l’addetto alla punta, il cui montaggio era operazione piuttosto delicata, e poi al mettere a piombo l’abete. Terminato l’albero di Natale, era tempo di costruire il presepe con il muschio vero, raccolto nei boschi di San Tomaso nei giorni precedenti allo scendere della prima neve. C’erano i vecchi giornali da stendere con cura sul pavimento e poi quel muschio che spandeva in casa il profumo della nostra montagna. C’era la capanna di legno costruita da papà tanti anni prima, c’erano i pastori con le loro pecore, le palme pelose e poi piccole staccionate di legno e uomini e donne intenti a compiere qualche antico lavoro, ed infine la paglia argentata sopra alla quale riposava Gesù. Finalmente, al calare della sera, la solenne accensione delle luci che abbellivano albero e presepio e mille bagliori intermittenti rossi bianchi e blu si riflettevano sui vetri del grande mobile dentro al quale erano riposti i bicchieri di cristallo che avremmo utilizzato la sera della Vigilia. All’accendersi della terza candela dell’Avvento si era oramai nel pieno dell’atmosfera natalizia. In televisione imperversavano le pubblicità di panettoni e pandori e zamponi e nei negozi del centro iniziava la corsa ai regali. Uomini e donne che entravano e uscivano dai negozi carichi di borse, commesse indaffarate nel realizzare a ripetizione pacchi regalo colorati. Erano lame di forbici che correvano sui nastri dorati, erano etichette incollate sopra i prezzi di libri e giocattoli, era un’atmosfera di festa allegra e caotica. Luci colorate sui balconi, vociare potente sotto i portici di Piazza dei Martiri e migliaia di Buone Feste a te e famiglia pronunciati a raffica; solamente i Re Magi, collocati ai margini del presepe, sembravano immuni a questo clima carico di festa. Loro sarebbero entrati in scena alla fine di tutto, e il loro arrivo alla capanna avrebbe sancito la fine delle vacanze di Natale. Insieme all’oro, all’incenso e alla mirra, avrebbero portato in dono la mestizia per le feste terminate e i silenzi di un altro freddo e lungo inverno.
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