******
LUNA D’INVERNO
AUDIO
In quel cielo notturno freddo e puro d’inizio dicembre, le stelle si sentivano orfane senza la compagnia della Luna. Anche le montagne imbiancate di fresco sentivano forte la mancanza di quel chiarore affascinante e misterioso che ne rischiara le cime. Pure a me mancava la sua presenza in quel cielo d’inverno. A Cencenighe, al calare della sera di Sant’Andrea, l’avevo cercata lassù in alto fra le vette che circondano il paese, ma lei non c’era. Alle venti, all’ora consueta del mio partire in direzione sud, non si scorgevano i profili delle montagne. Esse si confondevano con il nero di quel cielo di fine novembre punteggiato di stelle. Qualche sera più tardi, quando mi trovai nuovamente ai piedi del Pelsa, alzai ancora gli occhi e la vidi nascente lassù, poco più in alto della sommità del monte San Lucano. Un giovane e incerto spicchio luminoso, simile a quello che papà, tanti anni prima, mi aveva insegnato a disegnare utilizzando una moneta. Sarebbe cresciuta in fretta, pensavo mentre osservavo quella Luna nuova d’inverno, e infatti durante il fine settimana successivo la sua presenza nel cielo si fece decisamente più notare. Una mezzaluna perfetta che passeggiava in quel cielo sempre più freddo spostandosi da una parte all’altra della valle durante le notti più lunghe dell’anno. Poi arrivò la metà esatta di dicembre, e a quel tempo di quasi Natale, quella Luna che appena due settimane prima era apparsa timidamente, ora si sarebbe presentata come la regina della notte. Dopo lo scendere precoce della sera, lei si sarebbe fatta attendere come una diva. Furono i potenti rintocchi della campana grande che suonava l’Ave Maria ad annunciare la sua comparsa in quel cielo limpido e freddo. L’avevo attesa con pazienza, ammirando nel frattempo quel chiarore lieve che illuminava la grande insenatura compresa fra il Mont’Alt e il Campanile di Pelsa. Era questione di minuti e poi sarebbe apparsa proprio lassù dove ha termine il ripido Troi dei Sech. Tante volte l’avevo vista spuntare sopra la cima della grande montagna, e in ogni occasione ero rimasto ad ammirarla a lungo, seguendo il suo muoversi nel cielo. Ricordai quella Luna rossa di luglio che attesi fino a notte inoltrata seduto al tavolo che guarda la valle. E poi un’altra Luna d’inizio autunno che mi accompagnò durante una lunga notte trascorsa ad ascoltare i potenti bramiti dei cervi. In una tiepida sera d’aprile, la vidi spuntare sopra la sommità della Palazza per poi posizionarsi al centro della grande V formata dai fianchi delle Pale e del Pelsa mentre il bereghel cantava nel buio e il Cordevole mormorava inquieto, carico d’acqua di disgelo. Ora toccava all’ennesima Luna d’inverno, uguale a tante che avevo ammirato durante certe sere di gelo che ghiacciava gli uomini e l’acqua delle fontane. Pochi minuti più tardi quel chiarore lassù in alto si fece più vivo e improvvisamente la si vide spuntare dietro un pinnacolo di roccia. Scavalcò velocemente le rocce sommitali del Pelsa divenendo la regina di quel freddo cielo di quasi Natale. Ora si vedevano nitidamente le montagne, e pure i boschi e le sagome delle case a mezza costa. La notte era divenuta meno notte mentre lei iniziava la sua lenta passeggiata notturna in quello spazio di cielo sopra Cencenighe. Mi fermai ad ammirarla ancora una volta poco prima di fare rotta verso sud; al mio ritorno avrei trovato una mezzaluna invecchiata e stanca, pronta a salutare ancora una volta gli uomini e la valle. Sarebbe ritornata nel pieno del suo splendore un mese dopo, al tempo dei grandi silenzi di metà gennaio, al tempo del profondo inverno.
********