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IL LAGO D’INVERNO
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È all’arrivo del primo vero freddo d’inverno che le acque del lago di Alleghe iniziano a gelare. Accade a dicembre, al tempo dei giorni più brevi dell’anno e del sole stanco e basso all’orizzonte. Un tempo di lunghe e gelide notti in cui l’acqua più vicina a riva è la prima a trasformarsi in ghiaccio. Accade dapprima nella zona sud del lago nelle cui acque si specchia il Civetta, quella di Masarè dove l’acqua indugia un attimo prima di ridiventare torrente che si getta in ripida discesa dopo aver scavalcato le paratoie. È in quelle notti di gelo che quell’acqua fredda di torrente, momentanea divenuta acqua di lago, ferma il suo perpetuo muovere e si addormenta in un gelido sonno d’inverno. Appare calma, appena increspata alla luce della luna, e poi, un attimo più tardi, è sottile pelle di ghiaccio che riflette le luci dei lampioni che illuminano il lungolago. Poi, con l’andare delle ore e dei giorni, anche il resto della superficie del lago diviene freddo e lucido specchio di ghiaccio. All’inizio sono le anse all’ombra del lato ovest a gelare, e poi quella sottile lastra gelata inizia ad espandersi verso il centro del bacino. Un rito, quello dell’acqua che si tramuta in ghiaccio, che si ripete da duecentocinquantaquattro anni, ovvero da quando il Cordevole vide frenato il suo apparentemente immutabile scorrere. Accade di notte, l’11 gennaio del 1771, nel pieno dell’inverno. Le acque del Cordevole rumoreggiavano tranquille fra i sassi arabescati dalla brina mentre nelle case avvinte dal gelo, quella gente di montagna dormiva, ignara di ciò che sarebbe accaduto di lì a poco. L’immane frana del Monte Piz si animò nel profondo di quella notte d’inverno e migliaia di metri cubi di rocce alberi e neve scelsero a valle con gran fragore. Pochi minuti più tardi il territorio si presentò sconvolto e modificato per sempre. Furono frazioni spazzate via dall’impeto delle rocce precipitate a valle, furono campi a riposo e prati che poche ore più tardi erano già minacciati dall’inevitabile innalzarsi di quelle acque improvvisamente sbarrate. Quarantanove anime ascesero al cielo in quella lunga e gelida notte di profondo inverno, e il paese cambiò radicalmente il suo destino. Poi, al tempo del risveglio primaverile dei larici, la montagna non ancora soddisfatta del disastro compiuto in quella notte di gennaio, scatenò ancora una volta la sua furia distruttrice. Altra roccia, altri massi ciclopici scesero a valle, questa volta incontrando sul percorso l’acqua del lago già formato. Vi fu una terribile ondata e quell’acqua ora di lago raggiunse il paese prendendosi altre tre anime e seminando ancora terrore e distruzione. Dopo questo tempo di lutti e rovine, sulla Val Cordevole scese la quiete e pian piano il nuovo lago riuscì ad entrare nell’anima di quelle genti che abitavano le sue rive. Questo lago che è perla incastonata fra le montagne, è nato in una notte di pieno gennaio, ed proprio d’inverno, all’arrivo del primo vero freddo di stagione, che esso si trasforma in autentico prodigio lucente. Da quel lontano inverno, al nascere della stagione dei silenzi, il lago diviene lucido specchio nel quale il Civetta può rimirare ogni giorno la sua infinita ed immortale bellezza.
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