******
L’ULTIMO DELL’ANNO
AUDIO
Ai piedi del Pelsa, quell’ultimo giorno dell’anno era nato senza una nuvola in cielo. Al termine del pranzo si era messo alla finestra ad osservare la piazza che in quei momenti stava vivendo la consueta quiete d’inizio pomeriggio. Il Biois lo si sentiva appena e lo scarso traffico tipico di quell’ora scorreva tranquillo come la poca acqua del torrente che, di lì a poco, avrebbe incontrato l’altrettanto tranquilla acqua del Cordevole. Osservava il sole durante il suo andare verso ovest incontro alle cime di Prademur e pensava a come avrebbe trascorso quell’ultima serata dell’anno. Avrebbe potuto scegliere fra la tranquillità di casa, steso sul divano a guardare in televisione i balli sfrenati nelle principali piazze d’Italia e ascoltando la musica proposta da ciò che era rimasto dei Ricchi e Poveri. Oppure avrebbe potuto cedere al richiamo insistente della sua montagna che lo voleva lassù a trascorrere quella lunga serata e a vivere il simbolico passaggio fra l’anno vecchio e quello nuovo. Guardò il sole farsi da parte e le prime ombre scendere sul paese, e mentre i camini iniziavano nuovamente a fumare pensò che alla sera, in quel cielo limpido ci sarebbero state infinite stelle da ammirare. Così, un po’ prima dell’imbrunire, si caricò lo zaino in spalla e partì in direzione della grande cometa luminosa che durante le feste di Natale vegliava il paese. Arrivò alla baita poco prima dello sfumare di quell’ultimo tramonto dell’anno, appena in tempo per ammirare le sue montagne che di lì a poco si sarebbero abbandonate all’oscurità di una notte senza luna. Accese il fuoco e una candela che avrebbe rischiarato quella sua sera solitaria, e poi si immerse nella lettura di un libro che narrava di uomini e montagne. Leggeva e curava il fuoco mentre fuori il bosco viveva il lungo sonno invernale. Fra gli alberi spogli riusciva a vedere le luci delle frazioni alte di Cencenighe, scorgeva finestre illuminate e nel frattempo ascoltava il silenzio profondo proveniente dal bosco. Preparò una cena frugale che consumò all’ora in cui cenavano i vecchi e dopo aver ravvivato il fuoco andò a sedersi sotto alla grande cometa. Stette lì oltre un’ora, a pochi passi dal grande salto ad ammirare le stelle e le luci di fondovalle. C’era il silenzio delle sere senza vento ed il mormorare quieto del Biois che arrivava fin lassù era simile ad una dolce ninna nanna d’inverno. Il cielo quella sera non ospitava la Luna e non si scorgevano i famigliari profili delle montagne. Il battere della campana scandiva le ore e le mezze ore e ad un certo punto la luce della frontale illuminò la sagoma elegante di una femmina di cervo che lo stava osservando incuriosita. Si guardarono per qualche istante e poi lei riprese il suo calmo incedere nel bosco buio e silenzioso. Mentre faceva ritorno alla baita notò pure gli occhi luminosi e vispi di una volpe che si aggirava furtiva fra i larici spogli. Nel frattempo il consumarsi della candela scandiva il tempo lento e inusuale di quella sera. Fu nuovamente ravvivare il fuoco e fu un altro capitolo del libro fin quando si approssimò l’ora fatidica della mezzanotte. Al battere dei dodici rintocchi la valle si animò per poco più di un quarto d’ora. Fuochi d’artificio si aprivano colorati nel cielo seguiti da fragorosi botti che rimbombavano fra le montagne. A mezzanotte e venti ritornò la quiete nella valle e lui rientrò per l’ultima volta alla baita. La candela ormai agli sgoccioli, il fuoco morente e un altro anno appena iniziato sotto un cielo carico di stelle. Allo spegnersi delle braci si caricò lo zaino sulle spalle e prese la via del ritorno. Scese con prudenza lungo il sentiero ricoperto di foglie secche e ghiacciate di faggio che ad ogni passo crepitavano sotto gli scarponi. Poco dopo l’una era in paese, dove avrebbe vissuto ciò che rimaneva di quella notte solitaria che avrebbe portato per sempre nel cuore.
*********