*****
ARRIVA LA NEVE
AUDIO
Quell’inverno di tanti anni fa si era presentato agli uomini delle valli con una nevicata leggera. Quella prima neve era scesa di notte, imbiancando i prati e appoggiandosi delicatamente sui rami ormai spogli dei larici che, in quei giorni, si stavano abbandonando al lungo sonno della stagione dei freddi silenzi. Al termine di quella breve nevicata, il cielo si era aperto e durante la notte successiva il termometro aveva mostrato un pungente sottozero a due cifre che aveva ghiacciato quella neve di Sant’Andrea. L’autunno aveva lasciato la valle e gli uomini e le montagne avevano vissuto ancora una volta il più classico inizio d’inverno. Nei giorni successivi, però, qualcosa in quella nuova stagione fredda si era inceppato. Non si sentiva più quell’aria da neve così familiare nei sempre più corti giorni che precedevano il Natale e il cielo si mostrava di un azzurro che sembrava essere diventato immutabile. I giorni trascorrevano sempre uguali e alla sera in televisione, il Colonnello Baroni raccontava di un vasto campo di alta pressione presente sulle Alpi. E poi c’era pure il Meteosat a confermare le sue parole; le immagini del satellite non mostravano alcun tipo di nuvola nel raggio di centinaia di km/q, e nel frattempo quella neve di Sant’Andrea era quasi del tutto sparita e ne era rimasta traccia solamente alla curva della val, dove lo stanco sole di dicembre non riusciva proprio ad arrivare. Il tempo delle feste di Natale era scivolato via con quel clima di prati aridi e montagne asciutte che reclamavano quella neve che iniziava a mancarmi. Ogni domenica, quando salivamo al paese, ritrovavo ancora quel cielo celeste sgombro di nubi, polvere sull’asfalto della strada provinciale e nessun cenno di un qualche cambiamento imminente. L’inverno si era arenato in una calma apparentemente immutabile e quel clima strano aveva iniziato a preoccupare quei vecchi che di inverni ne avevano vissuti parecchi. La siccità e quel clima bloccato assenti erano diventati gli argomenti principali dei dialoghi che si tenevano mentre aspettavano la corriera oppure mentre acquistavano il pane in negozio. Sto an ‘no se spala, dicevano scherzando, ma era uno scherzare amaro perché sapevano che la neve era preziosa per la terra dei loro campi e per il vigore futuro dei torrenti. Osservavano il cielo e scavavano nei loro innumerevoli ricordi cercando un qualche inverno simile che, dicevano, c’era già stato al tempo della loro gioventù. Ci furono un altro paio di settimane di cielo perfettamente azzurro e poi, a fine gennaio, finalmente qualcosa iniziò a cambiare. Durante un sabato pomeriggio aveva iniziato a soffiare un vento nuovo e il cielo sopra la valle era diventato grigio chiaro. Al tramonto erano nuvole che sfioravano le cime e all’alba del mattino successivo l’orizzonte non c’era più. Non si vedevano le montagne, tutto il paesaggio era coperto da una fitta coltre di nuvole bianche e pesanti. C’era l’aria giusta, dicevano i vecchi, aria da nef. Furono lunghi attimi di tempo sospeso e poi finalmente iniziarono a scendere i primi fiocchi. C’erano anche loro alla finestra a guardare l’inizio di quella sospirata nevicata. I loro occhi erano ritornati bambini e c’era un entusiasmo nuovo nei loro volti. Ades el ‘ne la peta, dicevano con aria sicura mentre il primo centimetro di neve aveva cambiato radicalmente il paesaggio intorno a casa. All’ora di pranzo erano quasi venti centimetri, la nevicata si era fatta potente e sulla valle era sceso il solenne silenzio del vero inverno. Al tempo dello scendere della sera non si vedevano più gli scalini che tagliavano in due la scarpata che saliva fino alla provinciale. Anche il tetto del tabià era ormai coperto da una spessa coltre bianca ed io, prima di andare a letto, avevo dato un’ultima occhiata dalla finestra della stua;
asto vist che la e lugada?…avevano detto …ocorea domai avè pasienza, come par tute le robe…
********