*******
ALBA DI FINE GENNAIO (DIALOGHI TRA ME E ME)
AUDIO
Ma senti questa pioggia d’inverno come picchia forte sulla lamiera del tetto. E guarda questa luce stanca da alba affaticata come entra soffusa dall’abbaino. Mi alzo, no dai, non mi alzo. È domenica, sono appena le sei e un quarto del mattino e fuori piove a dirotto anche se dovrebbe nevicare. Se mi alzo, cosa faccio? Dove vado con questo tempo da lupi…vabbè dai, sto a letto almeno un’oretta, anzi no, mi alzo ma solamente per pochi minuti, giusto il tempo di vedere nascere un nuovo anche se uggioso giorno. In fondo sono un bel po’ di anni che non vedo nascere un’alba di pieno inverno di fronte al Pelsa. Guardalo il Pelsa, anzi, mezzo Pelsa, che la metà superiore è immersa in pesanti nuvole biancastre. Forse sotto quelle nuvole starà nevicando, chissà, staremo a vedere nel corso della giornata. E quelle luci giù a Ghisel, sono un paio di anni che c’è quella sorta di illuminazione pubblica. Sono potenti quei lampioni la cui luce riesce a far intravedere le case. Chissà cosa direbbero quei vecchi che prima dell’alba e di sera giravano con il feral in mano altrimenti non vedevano nulla. Però, erano davvero un bel po’ di anni che non ammiravo un’alba d’inverno da qui. Chissà loro, che questa casa l’avevano tirata sù a mano a costo di fatiche immani, quante albe hanno vissuto. Beh, non è nemmeno difficile fare il conto, circa quarantacinque anni di albe, anche alla domenica, che la vacca era da mungere anche nei giorni festivi, Natale e Pasqua compresi. Che poi si alzavano prima del nascere del giorno anche quando la vacca non c’era più perché quel vivere gli era entrato davvero nell’anima. Sono le sei e mezza, è presto, la valle è ancora semi-buia e loro, tanti anni fa, a quest’ora avevano già munto la vacca, acceso il fuoco nella cucina economica, mangiato un boccone ed erano pronti per portare el lat a caselo. Poi, una volta rientrati a casa, avrebbero preparato i fasin per l’accensione quotidiana del fornel. Ma senti che silenzio c’è durante questa alba che sembra infinita. Non siamo più abituati al silenzio che si vive in luoghi come questo. Normalmente c’è sempre un suono che accompagna il vivere quotidiano. Il rumore di un’auto che passa, ad esempio, magari una porta che sbatte oppure il rombo della centrifuga della lavatrice del vicino. Altre volte, invece, sono suoni graditi che fanno compagnia. Può essere il canto d’acqua di un torrente più o meno impetuoso oppure i dolci rintocchi di una campana che scandisce le ore e le mezze ore e che annuncia la Messa della domenica. Siamo sempre accompagnati da dei suoni, ma qui no, qui, soprattutto d’inverno, si vive un perpetuo e solenne silenzio che stupisce. Perché ci sia un suono devi accendere la TV oppure chessò, il forno a microonde o la radio. Altrimenti c’è un silenzio perfino irreale. Che poi adesso non si sente nemmeno il dolce e soffuso canto del Rù da Ghisel perché la poca acqua che scende dal Pelsa, giace congelata nel verticale e ombroso canalone che termina nel Cordevole. Certo che questo giorno fa proprio una gran fatica a nascere, la luce aumenta lentamente e poi più tardi, molto più tardi, grazie a queste nuvole spesse e immobili, non vedrò nemmeno il sole che si alza sopra la cima della Palazza. Vabbè, almeno da metà Pelsa in sù sembra che stia nevicando mentre qui questa pioggia d’inverno è fredda e ancora più insistente. Comunque bella quest’alba infinita e stanca di metà inverno, era dai tempi in cui Cossiga era Presidente della Repubblica che non ne vedevo una. Però adesso che lo spettacolo è finito torno a letto e dormo fino alle 9, anzi no dai, mi alzo e inizio presto questa umida grigia e un pò malinconica domenica di fine gennaio.
*********