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L’ULTIMO FUOCO
AUDIO
Le piogge d’aprile sono quasi sempre gentili, scendono dolcemente a dissetare la terra appena sveglia dal lungo sonno invernale. È gocciolare dai rami verdi brillanti dei larici, sono nuvole inquiete che velano e svelano le cime imbiancate dall’ultima neve pesante di primavera. Sono piogge che interrompono lo scorrere di quel tempo che corre incontro all’estate, che propongono attimi rallentati e momenti intimi carichi di silenzi. Atmosfera umida, vento che muove i rami dei ciliegi fioriti e quel fresco in casa che chiama ancora una volta il fuoco nella stufa. Ti affacci alla finestra, le nuvole sono basse, quasi sfiorano i tetti delle case. Le ruote delle rare auto che passano alzano piccole nubi d’acqua e mentre osservi la strada bagnata pensi che la primavera si è bruscamente interrotta. Tornerà nei prossimi giorni, ma ora si è nascosta e l’umidità che sta entrando nelle ossa suggerisce di mettere mano alla cesta di legna. È lì, nell’angolo del corridoio, ancora piena perché sai che aprile è un mese talvolta perfido. Mentre la prendi in mano pensi che questo sarà l’ultimo fuoco di stagione, sicuramente al tuo ritorno al paese troverai nuovamente il tepore della primavera inoltrata. Prendi la legna sottile, l’ultima che avevi spaccato in una fredda mattina di brina d’inizio marzo, poi la incastelli precisa nella stufa, proprio come facevi in fretta alle sei meno un quarto di quei freddi venerdì pomeriggio d’inverno. Pochi istanti più tardi la fiamma inizia a crescere, e tu rimani lì a guardarla, attendendo il momento giusto per aggiungere la legna più grossa. È fuoco giovane, allegro e vivace, che talvolta scoppietta, e tu lo osservi mentre la campana batte un’ora indefinita di quel pomeriggio di nuvole e pioggia sottile ed insistente. Ora che la fiamma sta calando e la legna sottile si sta trasformando in brace è tempo di caricare tre/quattro pezzi di legna di larice e abete. Adesso il calore inizia a farsi sentire in modo più deciso, in casa non c’è più il gelo di dicembre e gennaio, fra un paio d’ore si supereranno tranquillamente i venti gradi, quelli che fanno stare bene e asciugare l’umidità nei muri. Ti avvicini alla stufa e quasi la abbracci, assaporando il calore di quello che sai già essere l’ultimo fuoco di stagione. Ripensi a quelle dolci sere di fine autunno trascorse in sua compagnia, ricordi i suoi bagliori che rompevano l’oscurità della cucina mentre riposavi sul divano. Rammenti le braci di legna di faggio, quella che utilizzavi durante i corti e freddi giorni delle vacanze di Natale. Erano ciocchi pesanti che duravano ore, che regalavano quel calore forte che avresti ritrovato quasi intatto al mattino presto. Ricordavi quella prima accensione di metà settembre durante quel pomeriggio in cui avevi notato la prima spruzzata di neve sulla cima del Pelsa. In quella giornata si era presentato l’autunno ed eri felice di dargli il benvenuto in valle, ora invece stavi salutando quell’ultimo scampolo di quasi inverno e congedando l’amico fuoco che aveva riscaldato tante fredde giornate vissute accanto al Biois. A tarda sera, dopo aver spento la televisione, l’avresti guardato spegnersi lentamente mentre la campana batteva i rintocchi che chiudevano quella giornata umida e stanca. Poi l’ultimo saluto a quella flebile e morente fiammella ed un arrivederci; ciao amico fuoco, compagno fedele di tante lunghe sere d’autunno e d’inverno, ci rivedremo quando la prima effimera neve si sarà posata sulle cime.
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