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DOMENICA POMERIGGIO (di pioggia)
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Piove, ancora. È la terza domenica consecutiva che piove. Ho voglia di fare il giro del lago di Alleghe, ma adesso piove decisamente troppo. Senti queste gocce come battono forte sul tetto della macchina, guarda come vanno a formare dei perfetti cerchi concentrici sull’acqua del lago. Vabbè, mi sa che tiro dritto, magari più tardi smette e allora ritento la passeggiata a piedi. A Caprile si deve scegliere che direzione prendere, dove vado stavolta? Ma sì, entriamo in Val Fiorentina, che mi piace sempre percorrere questa strada affascinante e complicata. Ora che all’interno delle gallerie ci sono le luci posso davvero capire quanto lavoro è stato fatto per costruirle, queste gallerie. Ecco le famose chiodature piazzate lungo le volte dei due tunnel, quelle che raccontava papà quando rientrava dal cantiere con la pelle abbronzata. Le ricordo in costruzione queste due gallerie, rammento il buio e il frastuono dei compressori, la luce dei fari delle betoniere e delle pale gommate. Poi arrivò un giorno d’inizio estate e la strada era finalmente finita e noi la percorrevamo a bordo della Panda anch’essa nuova. Sembrava di correre sul velluto, e nel frattempo sono trascorsi quasi quarant’anni e sembra ieri. Oggi non mi fermo a Col, piove troppo, mi fermerò un attimo al Belvedere, tappa sempre obbligata quando passo da queste parti. Oggi però il Belvedere tradisce il suo nome evocativo. Non si vede nulla, c’è nebbia e piove. Posso soltanto ammirare il larice di metallo sospeso sul vuoto, che meraviglia questa scultura che racconta la rinascita dopo la grande tempesta. Nuovamente la Strada Madre, l’avevo lasciata venti minuti fa, e adesso la ritrovo qui, a Rucavà
O bela val o bel Fodom,
de ti mei se desmentiaron.
E come fai a dimenticare questa terra fodoma, con le sue frazioni aggrappate ai ripidi versanti del Col di Lana, con le sue case metà abitazione e metà tabià. Larzonei, o meglio, Larcionei, km 2.7, recita la tabella stradale situata all’incrocio. L’ho percorsa a piedi quella strada, durante una limpida domenica pomeriggio in cui l’inverno iniziava ad addolcirsi. Dopo aver raggiunto la frazione nella quale il vivere è sacrificio e anche un po’ poesia, Beatrice ci ha raccontato la vita di lassù. La cucina era calda, le parole erano sagge e il vino rosso era buono e intanto fuori, il sole sfiorava la cima del Migogn e lentamente aveva inizio il nascere della sera. In un tempo nemmeno troppo lontano, a Larcionei c’erano il parroco e la scuola. Oggi sono appena una decina le persone che al mattino vedono spuntare il sole dalle parti del Civetta. Chissà in futuro cosa accadrà, chi sarà ad abitare questi luoghi affascinanti e impervi. La 203 finisce qui, su di un incrocio con un dosso strano. Adesso il nastro d’asfalto diventa Strada Statale 48 delle Dolomiti, e poco sopra la Statale 48 c’è Cernadoi, un pugno di case situate su un bel pianoro dal quale si può ammirare la Val Cordevole. Qui vivono Quelli di lassù, come il titolo del libro che mi ha prestato Sofia. Pagine che raccontano i luoghi abitati più alti delle Alpi. Paesi situati nelle valli remote della Valle d’Aosta e della Lombardia, villaggi con le case con i tetti di pietra e i ghiacciai a pochi passi; e ci siamo anche noi della provincia di Belluno su quelle pagine, con la frazione Castello che sta un po’ più sù di Cernadoi, alla quota degli ultimi larici. Ora è tempo di ritornare, che il cielo sembra aprirsi e chissà, forse riuscirò a compiere questo benedetto giro del lago. Queste curve sono belle da guidare, e anche Andraz è bello. Tempo fa mi ero fermato a visitarlo, e ovviamente pioveva. Avevo osservato a lungo una grande e austera casa grigia con gli stipiti delle piccole finestre colorati di bianco. Sono particolari quelle finestre con i vetri sottili. Vetro tirato, così si chiama quel vetro utilizzato tanti anni fa, plasmato a mano dalle sapienti mani di capaci artigiani. Me l’aveva spiegato Luca durante una mattina d’inizio marzo, mentre il sole iniziava ad illuminare il Castello di Andraz. C’era ancora un po’ di neve sui prati, e anche lassù c’erano tante finestre con il vetro tirato. Dai, giù veloce lungo i tornanti e poi via a costeggiare il lago fantasma di Digonera. Ma poi, cosa corro a fare, guarda com’è nero l’orizzonte. Ad Alleghe, sicuramente, piove…
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