EL FORNEL
AUDIO
Ce l’ho nella schiena il caldo del fornel. È impresso nella mia memoria il suo prendere vita in quelle fredde mattine d’inizio inverno. I passi lenti del nonno, la porta “de coridoio” che si apriva e poi si chiudeva da sola. Qualche secondo, scricchiolare di travi ed il suo ritorno “inte cosina”. La “forca” a tre denti col manico annerito, “el fasin” legato col filo di ferro. Eccolo chinarsi per aprire la pòrtella marrone, inserire “el fasin” e spingerlo nel ventre del fornel. Un vecchio Amico del Popolo arrotolato che diventava torcia tramite il fuoco della Centa che pompava calore da prima dell’alba. Ardeva deciso “el fasin”, formando potenti “bronze” di un rosso vivace. Passato il tempo necessario ecco il nonno rimettersi all’opera: tre “ris ‘ce de lares” da un metro spinte ancora con la forca nella pancia ormai rovente del fornel. Mi chinavo anch’io per osservare con occhi pieni di stupore: “nono nono…le ha ciapà!!”. Era bello vedere le fiamme vivide, ascoltare lo schioppettio di quella legna di larice che fino a poco prima era a stagionare “inte palanzin”. Quando la legna si era trasformata in “bronze” il nonno chiudeva la pòrtella mettendo fine a quello spettacolo di fuoco ormai morente. “…le ades che caldo el taca a fracà…”. Così diceva il nonno mentre mi faceva tastare con le mani l’esterno del fornel “inte stua”. Trascorrevano i minuti e la malta che ricopriva le pietre diventava bollente spandendo un benefico calore nella “stua” ricoperta di perline. Poi le ore correvano fra giochi nella neve intervallati da brevi soste per riscaldarmi sulla panca del fornel che paziente mi attendeva per la notte. Finiva presto il pomeriggio, con il Pelsa che si addormentava nella scura quiete di una sera di stelle e “brosa”. Era il momento “de se incuzignà su’n fornel” a riscaldarmi dopo le corse nella neve. Un pò di TV in bianco e nero e poi la cena che non erano nemmeno le sette. Dopo il Tg1 arrivava implacabile “el son de la nona”. Si spegnevano le fioche lampadine da 30 watt e mi lasciavo cullare dalla tranquillità di una notte di quasi inverno. C’erano silenzio e stelle aldilà dei vetri. Ed il fornel era l’amico vero di quelle notti lontane. Mi accompagnava col suo tepore che sfumava lentamente in quelle ore di pace perfetta. Dormivo così, “incuzignà” sotto il piumone beige, con la schiena al caldo e lo scricchiolare delle “breghe de lares” ricoperte dalla coperta imbottita verde. E la mente che nel silenzio novembrino sognava quel mondo semplice ricoperto dalla prima neve…Magiche Dolomiti!!