LA PARTITA
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Marzo, nell’hockey su ghiaccio, è il mese dei play-off. Il mese delle partite decisive, quelle da dentro o fuori. Vedere la squadra sul ghiaccio dopo la metà di marzo significa essere in corsa per un sogno chiamato scudetto. E’ il tempo dei giocatori con le barba lunga, delle cariche alla balaustra che si fanno sempre più dure. Dello stadio sempre più pieno, con le coreografie ed il gran tifo. Arrivare agli ultimi giorni di marzo significa esserci dentro a quel sogno. Sono momenti in cui il pubblico diventa un tutt’uno con la squadra. Come accadde diciotto anni fa di questi giorni ad Alleghe. Il 26 Marzo 2002 era un martedì. La partita è Alleghe- Bolzano, gara 5 di semifinale. Nella serie al meglio delle cinque gare la formazione agordina si portò sul 2 a 0, ma venne rimontata e fu necessario lo spareggio. Ricordo bene quel giorno. Fu una giornata di lavoro particolare, con la testa già all’ Alvise De Toni. Ansia, paura di una delusione, speranza di vittoria. Un tumulto di emozioni. Ore 17.20 arrivo a casa, doccia e panino al volo. Poco dopo le 18 si parte in direzione Alleghe. Al Mas c’è già la colonna di auto che sale da Sedico. All’arrivo lo stadio è ancora chiuso e centinaia di persone aspettano di entrare. Poi i cancelli si aprono e a razzo prendo il solito posto in tribuna. Dopo pochi minuti siamo tutti schiacciati gli uni sugli altri. Gran coreografia all’ingresso sul ghiaccio delle formazioni e finalmente si parte. Pochi minuti e si sente un colpo terribile provenire dal campo. Stavo seguendo un attacco dell’ Alleghe quando con la coda dell’occhio mi accorgo che Cadorin è a terra. Brian Loney lo ha colpito violentemente con la stecca alle costole. Per fortuna l’arbitro ha visto, così “baby face” se ne va negli spogliatoli per il resto della partita. E sono 5 i minuti di superiorità numerica da sfruttare. Ci pensa Miroslav Mosnar a sbloccare il parziale con un tiro preciso dalla blu. Boato del pubblico, ma è ancora lunga. Tanto lunga. Primo tempo 1 a 0 per gli agordini. Il secondo tempo rimane a reti inviolate, anche se emozionante e combattuto. La posta in palio è altissima ed il punteggio è esiguo, nell’hockey bastano pochi secondi per ribaltare le sorti di un incontro. Poi, nel terzo tempo, un ingaggio alla sinistra dell’estremo bolzanino. Stephane Roy vince il face-off, disco indietro a Lino De Toni che mira l’incrocio dei pali. Tiro di polso e goal. Tremano i lamellari del De Toni. Oltre 2000 persone urlano di gioia. Un caos incredibile. Dopo ogni azione guardo il tabellone per vedere quanto manca. Ed è sempre troppo tempo. Stavolta ce la facciamo mi dico. Dobbiamo farcela. Lo stadio è una bolgia, si alzano i cori, i tifosi spingono la squadra verso il sognato traguardo. A meno di due minuti dal termine Veggiato entra alla blu proprio davanti alla panca degli altoatesini, carica il tiro e brucia il portiere sul secondo palo. Lo stadio esplode, credo che il frastuono lo abbiano sentito fino a Cencenighe. E, forse, si sarà alzata un’ onda anomala sul lago. A dieci secondi parte il conto alla rovescia. Al suono della sirena mi ritrovo ad urlare “è finale…è finale…è finale…”. Sono fuori di me in quegli attimi, come tutti in quello stadio. Guardo gli occhi lucidi di molta gente. Questa è una gran sera. Usciamo dal palaghiaccio senza voce. In macchina due afoni commentano l’incontro, pensando che un paio di giorni dopo saremo ancora qui per gara 1 di finale. Altra adrenalina. La notte non dormo ed al mattino gli articoli di Mirko Mezzacasa sul Gazzettino mi riportano nel sogno della serata appena trascorsa. Emozioni incredibili. Che si spera, un giorno, possano ritornare.