Aveva poco più della mia età. Era nato nei primi anni ’70 ad una ventina di metri dallo strapiombo a picco sul Biois. Siamo diventati grandi insieme, lui un po’ più vecchio di me. Chissà quante volte da lassù mi avrà visto passare sulla 203 a Cencenighe. Era cresciuto bello e forte sul terreno magro delle cime insieme a tanti suoi fratelli, con il privilegio di poter ammirare ogni giorno un panorama stupendo. Una vita tranquilla e serena la sua. Fino a “quella” sera. Vaia ha soffiato forte su quelle cime. Ha tentato di resistere a quel terribile vento cercando di rimanere aggrappato al terreno. Pieno di vita com’era è riuscito a non spezzarsi. Ha lottato duramente, poi, sfinito dalla fatica, ha ceduto. Non è caduto di schianto. Si è accasciato lentamente sopra dei massi coprendo con le sue fronde il Tavolo Magico. L’ho trovato così la sera del 31 ottobre alla luce della frontale. Qualche giorno dopo è stato sezionato per liberare il tavolo. E quelle colate di resina assomigliano a lacrime. Scese in quei giorni grigi e tristi. Le ho sfiorate quelle lacrime. Sono ormai indurite, secche. Testimoni del dolore di quella sera d’autunno. A pochi metri, sull’orlo del grande salto tanti piccoli larici stanno crescendo. Domenica li ho guardati a lungo ondeggiare nel vento di primavera. C’era energia gioia e vita in quei giovani rami. Torneranno a splendere queste montagne, ne sono sicuro…magiche Dolomiti!!!