STORIE DI VITA
IL MATRIMONIO ANNI ’80
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Ineluttabile arrivava l’invito per un qualche matrimonio. Ed ecco allora automobili valicare il Fadalto e puntare decise verso Mareno di Piave. Destinazione Zanchetta. Il mitologico grande magazzino di abbigliamento, mèta obbligata in caso di cerimonie. Nei giorni successivi agli acquisti le macchine da cucire giravano all’impazzata nel tentativo di adattare quegli abiti nuovi di zecca. Aghi roventi cucivano orli di pantaloni con la riga e maniche di giacche con le spalline imbottite. Poi, dopo settimane d’ansia, ecco il fatidico sabato. L’alba vedeva risplendere fiammanti permanenti e baffi e riporti erano tirati a lucido per il grande giorno di festa. Prima tappa il rinfresco a casa di sposa o sposo. Ed i tavoli strabordavano di qualunque tipo di delizia dal dolce al salato. “Vuoi una tartina??…hai ventidue vassoi a di15sposizione…scegli quella che ti piace…” E le mani si tuffavano in quel delirio di bontà, con le dita che grondavano di crema di gamberetti e olio del tonno mentre i grandi iniziavano il giro degli aperitivi. Poi la cerimonia in chiesa. Il momento serio e composto della giornata. E la Marcia Nuziale suonata dall’organo era un qualcosa di trionfale che metteva i brividi. Forse valeva la pena di sposarsi solo per sentire la Marcia Nuziale. Erano momenti di commozione, con madri piangenti e padri orgogliosi. E sussurri malefici sul vestito della sposa. In chiesa mancavano sempre gli amici degli sposi. Impegnati com’erano a “decorare” l’auto nuziale. All’uscita, tonnellate di riso seppellivano i novelli coniugi che nel frattempo guardavano preoccupati la macchina addobbata meglio di un carretto siciliano. Quintali di carta igienica e centinaia di palloncini gonfiati a forza di polmoni da rimuovere per poter usufruire del mezzo. Poi tutti in auto con i clacson infuocati fino al ristorante. Ed era in quel preciso istante che ci si rendeva conto di quanti erano gli invitati. Il numero doveva coincidere con la capienza massima della sala…”vuoi che abbiamo meno invitati del matrimonio di Toni…eh no!!!…” Si prendeva posto a tavola, assenti solo i protagonisti. Impegnati com’erano nel servizio fotografico in qualche località sperduta e segreta. Sequestrati da un fotografo pignolo ed iper-convinto del suo fondamentale ruolo. Ovvero immortalare ogni secondo di quel giorno che sarebbe stato consegnato ai posteri in un album con la copertina in pelle costo un milione di Lire. Che nessuno avrebbe mai sfogliato. L’arrivo dei giovani consorti era festeggiato con un colossale “Hip hip…urràààààà… W i sposìììììì”. A metà antipasto si materializzava l’incubo che avrebbe accompagnato il resto di quella memorabile giornata. Dapprima sommesso, poi, in un crescendo rossiniano raggiungeva un picco di decibel pressoché insopportabile per l’orecchio umano. “…tin tin tin tin tin tin tin tin tin tin tin…bacio bacio bacio bacio bacio bacio bacio bacio…W i sposìììììììì!!!!!” La prima volta era pure divertente. Dopo tre minuti il tutto si ripeteva, con la variante “bacio dei suoceri”. E l’udito ringraziava. L’arrivo dei primi piatti era il trionfo della panna. Pasticcio con la panna, tortellini con la panna, tutto con la panna. Tonnellate di panna. Forse all’esterno del ristorante c’era un silos di panna. E cinture e cravatte cominciavano ad allentarsi già all’inizio della maratona calorica. Al termine dei primi si scatenava l’orchestra. Ed i coni delle casse sembravano voler scoppiare mentre il rullante della batteria perforava i timpani. “…butta in aria le mani…po po po po po po …se fai come Simone…” Ma poi, chi cavolo era questo Simone?? Alla vista dei secondi piatti lo stomaco iniziava una sorta di ribellione. Ma bisognava farcela. A tutti i costi. E arrosti e capponi lentamente scendevano lungo l’esofago accompagnati da litri d’acqua, per noi bambini, e da litri di rosso per gli adulti. Ed era in quei momenti che la dignità faticosamente costruita in anni di vita retta iniziava a sgretolarsi. Alla fine dei secondi circolavano le prime barzellette sporche e canti improbabili. “…gradisce un’altra coscia di pollo??…no grazie…” Ritornava la musica a palla dell’orchestra e cominciavano i balli sfrenati. Sudore misto a profumo di appretto e fumo di sigarette impregnavano l’aria. Però c’era una gran allegria mentre si andava verso la notte. Bambini stanchi crollavano appisolati sotto i tavoli o su qualche sedia all’ingresso mentre gli adulti erano sempre più carichi di festa. Ed ecco, improvvisa e scintillante, la torta nuziale. A nove piani. Ricoperta ovviamente di panna. Quella delle bombolette, dal vago sapore di gas. Si riempivano i bicchieri di Moscato e si affrontava quell’ultimo sforzo masticatorio. “…desidera una fetta da portare a casa per i bambini che stanno dormendo all’ingresso??…sì grazie..gentilissima!!!” Verso le due di notte anche gli adulti perdevano colpi, sfiniti dallo sforzo digestivo e dai balli. Le note dell’orchestra sfumavano lentamente e si perdevano fra i saluti degli invitati. Genitori ancor brilli tentavano di raccattare figli perduti ed immersi nella fase REM e poi, a recupero ultimato, pian piano si dirigevano verso casa. La festa era finita. Ed era già domenica.